Osservati speciali: gli adolescenti protagonisti del futuro

Il mondo della scuola in un contesto di povertà educativa è stato al centro del convegno promosso a partire dalle ricerche sulla dispersione scolastica e il fenomeno dei Neet. Tante voci anche quelle dei ragazzi per dire che i giovani hanno bisogno di maestri che siano come gli artigiani con gli apprendisti e che in un mondo che è cambiato anche la scuola superiore non può fermarsi

di Antonietta Nembri

«Il costo dell’abbandono scolastico stimato dalla collettività si aggira tra l’ 1,4% e il 6,8% del Pil, quindi da 21 a 106 miliardi di euro, a seconda della crescita quella dell’abbandono scolastico precoce è quindi una vera emergenza non solo sociale, ma anche economica per l’intero Paese» commenta Marco Chiesara, presidente WeWorld Onlus, aprendo il convegno “Povertà educativa: protagonismo delle scuole e delle adolescenti” che si è tenuto questa mattina a Milano. «La comunità educante è una risorsa preziosa nel combattere la dispersione scolastica, attivare e facilitare processi di inclusione per i giovani, e per reagire al rischio di povertà educativa», ha aggiunto.

I dati restano allarmanti, nonostante i progressi registrati nell’ultimo anno. L’Italia, infatti, rimane tra i Paesi europei con il più alto tasso di dispersione: 13,8%, contro una media europea del 10,7%. Se guardiamo la situazione nelle regioni italiane, la Lombardia presenta un tasso di abbandono scolastico pari al 15,3%, posizionandosi all’11° posto nella graduatoria regionale italiana; medaglia d’oro al Veneto con un abbandono del 10%; fanalino di coda la regione Sicilia con il 25,4% dei giovani che abbandonano gli studi prima del conseguimento del titolo.

Purtroppo l’Italia è indietro anche su altri fronti: le competenze degli alunni italiani si posizionano ben al di sotto della media europea, il numero dei Neets (29,1% di giovani che non studiano, non lavorano o non si formano) continua ad essere elevato, gli investimenti pubblici in educazione sono insufficienti (4% del PIL).

Dalle ricerche “Lost Dispersione Scolastica: il costo per la collettività e il ruolo di scuole e terzo settore” e “Ghost. Indagine sui giovani che non studiano, non lavorano o non si formano” realizzate da WeWorld Onlus e dall’esperienza del Programma Frequenza200, emerge che per combattere la dispersione scolastica e favorire un’educazione inclusiva e di qualità per tutti la scuola deve essere parte attiva e stimolante di una comunità educante e sono partiti da qui gli interventi dei diversi relatori che si sono succeduti al tavolo a partire dal professor Andrea Canevaro (qui l’intervista realizzata alla vigilia del convegno) che ha anche messo l’accento sulla necessità di interessare gli alunni a un progetto «occorre capire il progetto dell’adolescente che viaggia verso il futuro» e allo stesso tempo ha espresso alcuni dubbi sull’alternanza scuola-lavoro fatta nel volontariato «il lavoro non è volontariato è un’ambiguità che ci portiamo dietro dal momento in cui abbiamo iniziato a dare i crediti sul volontariato che ha il suo vero valore nella gratuità».


Alla relazione di Canevaro ha fatto seguito l’intervento del professor Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta e docente alla Bicocca di Milano. Lancini ha richiamato alla necessità di «dare importanza al futuro degli adolescenti», ma anche a quella che per lui è una vera emergenza: «l’infanzia adultizzata e l’adolescenza infantilizzata: occorre riadattare il modello educativo dell’adolescenza perché oggi il tema è la delusione non il conflitto». E qui Lancini ha posto l’accento sul fatto che tra i Neet vi sono moltissimi che in realtà si «sono dei ritirati sociali». I nuovi adolescenti «non contestano, ma la contestazione diventa disagio: nelle ragazze anoressia e nei maschi ritiro sociale. Occorre invece far sentire gli adolescenti protagonisti di un processo in cui la tecnologia non va demonizzata».

La tavola rotonda è stata introdotta anche dalle domande di alcuni ragazzi, accompagnati da Riccardo D’agostino di Frequenza 200 di Torino e Milano che da parte sua ha puntato l’obiettivo sull’idea che l’insegnante si dovrebbe comportare come «un artigiano tra gli apprendisti».

Il primo a prendere la parola è stato Domenico Chiesa del Cidi che ha ribadito come nella scuola i ragazzi tra i 14 e i 18 anni devono trovare dei maestri che sono tali «perché sanno ascoltare e che hanno cose da adulto da dire», un altro concetto espresso ha riguardato l’idea delal «comunità operosa che studenti e insegnanti costruiscono insieme». Da parte sua, invece, Girolamo Di Giovanni della Rete Frequenza200 di Palermo ha voluto porre l’accento su come cambia il percepito della scuola nel passaggio dalla primaria alle superiori: «alle elementari è il cuore del quartiere poi mano mano che si cresce diventa estranea con uno scollamento dalla realtà che la circonda. La dimensione della scuola aperta può essere una via possibile». Nel quartiere di Palermo in cui opera viene fatta attività di strada e a luglio scorso il cinema all’aperto è stata un’esperienza molto positiva. Una serie di esperienze internazionali sono state portate da Patrizia Garista di Indire come i ragazzi che formano i docenti soprattutto sulle nuove tecnologie e in particolare i social network.

Il protagonismo giovanile, ha osservato Stefano Piziali, responsabile dei programmi Italia di WeWorld non è possibile «senza responsabilità», ma servono anche «operatori di comunità. La comunità educante infatti funziona se c’è qualcuno che aiuta la scuola a essere aperta e il territorio a sapere che la scuola è cambiata».

A chiudere il convegno Anna Serafini, Coordinatrice gruppo di lavoro Adolescenza del Miur che sta per presentare il libro bianco sull’adolescenza.

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