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Giorno uno: Aquarius lascia il porto di Catania. Comincia l’avventura
Continua la rubrica di Daniele Biella, giornalista di Vita a bordo della nave Aquarius dell'ong Sos Mediterranée. «Il mare si è ingrossato e le “danze” hanno avuto inizio. Per la notte, e buona parte di lunedì 11 settembre, l’impegno più grande sarà quello di resistere al mare indomito»
«Mi raccomando, assicurate ogni vostra cosa, in particolare computer e altro materiale che si può rompere con una caduta improvvisa. Se non trovate altro posto, sistemateli al suolo».
Secondo giorno sulla nave – primo giorno di navigazione, alle 13.30 abbiamo salutato Catania – seconda indicazione fondamentale (dopo quella di ieri riguardante l'importanza di non essere a bordo 'solo' come giornalisti) che arriva alla mattina presto, alla riunione delle 8.15 in cui tutti i membri dell’Aquarius presenziano. È Madeleine, la “Sarco”, Sar coordinator, a parlare. «Purtroppo da stasera ci sarà mare mosso, che potrebbe durare anche 24 ore. Sarà un viaggio in cui potreste avere malessere, ma a bordo c’è tutto il necessario per recuperare la forma. Comunque, siamo su una nave, è giusto che si muova», chiude sorridendo.
Con la battuta in mente, sono pronto a iniziare il vero viaggio sulla nave di Sos Mediterranée, con una sopresa a fine giornata tutta da raccontare: all’imbrunire, sotto un cielo che rimarrà tutto il giorno terso e di notte ci donerà una stellata magnifica, il mare si è ingrossato, certo, ma non ci ha impedito di vedere il primo delfino giocare con le onde proprio davanti a noi.
L’orario di partenza è stato quello previsto: ore 13.30, motori al massimo e un saluto, ognuno con le proprie modalità, alla terraferma, con l’Etna maestoso e fumante davanti agli occhi. Ciao Italia, ciao Europa, a presto. Ciao famiglie, figli, parenti, amici. Mezz’ora dopo, la terra sullo sfondo, segnale del telefono assente – la connessione web, quindi Internet e Whatsapp, pur con segnale intermettente ma saranno presenti a bordo – rimane solo il rumore della sala macchine e il suono delle onde.
Dal punto di vista operativo, è stata un’altra giornata di insegnamenti da non dimenticare. In particolare, oltre a un primo check dei gommoni di salvataggio disponibili, ci si è concentrati sulla prassi da seguire sulla nave nel momento in cui si hanno a bordo persone recuperate dal mare. Prima dal punto di vista logistico: a ogni membro dell’equipaggio è stato spiegato dagli incaricati di Sos Mediterranée il proprio ruolo durante il desk watch, il monitoraggio del desk della nave, dove vengono sistemate le persone – nello shelter, al chiuso, donne e bambini, mentre gli uomini all’aperto – una volta salite a bordo. Si tratta del periodo più complicato della missione, perché c’è da gestire la folla di persone con i propri bisogni mantenendo l’ordine che deve avere una nave per potere arrivare a destinazione, cosa che può accadere anche 40-50 ore dopo: a marzo si è raggiunto il numero pazzesco di 1034 persone rescued, recuperate, ogni angolo della nave era occupato da migranti di varie nazionalità, tra l’altro la maggior parte in stato vulnerabile.
Poi è stata la volta di Noor, coordinatrice medica olandese di Medici senza frontiere, che prima ha spiegato ai nuovi membri dell’equipaggio terminologie e dinamiche dell’attività di salvataggi in mare e protezione dei diritti dei migranti, poi ci ha esortato, nel caso di effettivi salvataggi in mare, a collaborare attivamente con l’equipe medica a capire quali tra le persone recuperate hanno bisogno di assistenza medico-psicologica specifica a causa di violenze subite durante il viaggio e in particolare in Libia.
«Spesso capite immediatamente dallo sguardo le persone traumatizzate, oppure dopo un primo momento di conoscenza e fiducia reciproca sono loro che vi raccontano quello che è capitato: in tal caso vi chiediamo di farcelo sapere perché a tali vittime di abusi mettiamo un braccialetto per dedicare loro attenzioni primarie», spiega Noorai. Ogni singolo operatore di Sos Mediterranée o Msf che abbia già compiuto un salvataggio conosce quello che lei sta dicendo: le storie, orribili, sono decine, il carico umano insostenibile e già in questi due giorni, mentre scambio con loro momenti guardando il mare e l’orizzonte, ne ho raccolte: storie di uomini e donne violati nel profondo da propri simili in una barbarie senza fine, senza senso. Con i colpevoli che rimarranno per sempre impuniti.
Questo pensiero, scalfito solo in parte dalla visione del delfino e del primo tramonto, mi rimarrà tutta la sera. Quando, come previsto, il mare si è ingrossato e le “danze” hanno avuto inizio. Per la notte, e buona parte di lunedì 11 settembre, l’impegno più grande sarà quello di resistere al mare indomito.
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