Salute

Malaria, colpa degli immigrati? Praticamente impossibile

Parla l’infettivologo e virologo Fabrizio Pregliasco, presidente dell’associazione nazionale Pubbliche Assistenze. «Nessun migrante proviene da zone a rischio. Ma se anche arrivasse un malato in Italia non esistono le zanzare responsabili della trasmissione». L’intervista

di Lorenzo Maria Alvaro

Dopo il caso della bambina di Trento mancata all’Ospedale Santa Chiara (nella foto di copertina) dopo aver contratto la malaria crescono timori e paure. Alimentati anche dal fatto che si sia trattato di un caso autoctono e che i clinici non riescano a capire dove sia nato e come possa essere avvenuto il contagio. Per capire di cosa si stia parlando abbiamo chiesto a Fabrizio Pregliasco, infettivologo e virologo presso il dipartimento di Scienze biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, oltre che presidente dell’associazione nazionale Anpas.


Per prima cosa sarebbe il caso di chiarire cosa significhi “malaria autoctona”…
Semplicemente originata in Italia da una persona che non ha soggiornato all’estero. Significa che la persona è stata contagiata qui senza aver mai avuto contatti con zone a rischio.

Quindi la malaria è tornata in Italia?
No, assolutamente. Non è il primo caso. Già 20 anni fa ci fu una signora anziana che si ammalò. Fortunatamente guarì. Ma non si è mai capito come avesse fatto ad infettarsi. C’è poi tutta una casistica che riguarda i dipendenti delle strutture aeroportuali.

Quindi la malaria non è necessariamente mortale?
Il problema di questa malattia è che attacca i globuli rossi e rovina l’ossigenazione del sangue. Generalmente dunque il danno è renale ed epatico. Nel caso di Trento purtroppo c’è stato anche un danno cerebrale. Probabilmente dovuto ad una forma molto aggressiva.

Se la malaria in Italia non c’è come ha fatto la bambina di Trento a contrarla?
Partiamo dal principio. La via di trasmissione sostanziale è attraverso una zanzara infetta. Ma deve essere femmina della specie anofele di alcune aree del mondo. L’alternativa sarebbe un contatto ematico che però deve essere su larga scala, come una trasfusione. Cosa pressoché impossibile.

Quindi ragionevolmente cosa può essere successo?
Ci sono tre ipotesi. O delle zanzare infette sono state liberate da un bagaglio di un turista di qualche zona endemica e in qualche modo hanno raggiunto la bambina. O c’è stato un contatto ematico con qualcuno infetto. O, infine, una nostra zanzara anofele è riuscita nell’infezione. Ma è bene dire subito una cosa…

Prego…
È un caso davvero incredibile e non credo scopriremo mai cosa sia successo.

Quante probabilità ci sono che si verifichi una delle tre ipotesi?
Si hanno più probabilità di vincere l’enalotto. Naturalmente la più plausibile è quella di zanzare importate per sbaglio. Ma rimane molto complicato.

Dunque il vero rischio di contagio si ha solo andando in regioni a rischio?
Si, la malaria non c’è in Italia e l’unico vero rischio è andare all’estero senza fare la chemioprofilassi. Di questi casi ne abbiamo centinaia l’anno. Di cui una buona quota è relativa bimbi di seconda generazione che tornano nei paesi di origine ma che sono vergini rispetto a queste infezioni e quindi più esposti.

L’immigrazione può essere un veicolo di infezione malarica?
No, gli immigrati non c’entrano. In primo luogo perché non arrivano da zone a rischio. In secondo luogo perché, anche arrivasse qualcuno malato, le nostre zanzare, anche le anofele locali, non sono in grado di allargare l’infezione.

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