Famiglia

Il ReI crea poveri di serie A e di serie B: ci vuole un Piano Nazionale

Il Reddito di Inclusione è un’importante innovazione strutturale, ma ancora insufficiente: serve un Piano contro la povertà, che in tre anni porti il Rei a tutti i poveri, con importi e servizi adeguati. Servono altri 5 miliardi: una cifra «sostenibile», garantisce l'Alleanza contro la Povertà. Anche perché questa è la miglior strategia per stimolare i consumi

di Sara De Carli

Dal 1° gennaio, quando il Reddito di Inclusione sarà operativo, esso raggiungerà 1,8 milioni di individui, cioè il 38% del totale della popolazione in povertà assoluta (4,7 milioni): significa che il 62% dei poveri ne rimarrà escluso. Il Rei raggiungerà 800mila minori: ma il 41% dei minori in povertà assoluta non sarà raggiunto.

«Di fatto, il profilo attuale della misura dividerà i poveri in due gruppi: quelli di serie A che riceveranno il ReI, e quelli di serie B che non lo riceveranno. Tale discriminazione può essere compresa solo se è temporanea, solo se è un primo passo nella prospettiva di un progressivo ampliamento dell’utenza. Altrimenti risulta complicato motivare per quali ragioni alcuni indigenti meritino un sostegno pubblico e altri no». È questa, in sintesi, l’analisi che l’Alleanza contro la Povertà fa a pochi giorni dall’approvazione definitiva del Reddito di Inclusione da parte del Consiglio dei Ministri.

Quest'oggi l’Alleanza è tornata infatti a chiedere un Piano Triennale che estenda progressivamente il ReI a tutti gli indigenti e rafforzi le risposte previste. Bene il ReI quindi, ma il vero banco di prova per capire quanto il Governo faccia sul serio nel suo impegno nella lotta alla povertà sarà la prossima legge di bilancio: lì si vedrà chiaramente se l’Italia vorrà davvero avviare il Piano Triennale per il contrasto alla povertà o se si accontenterà del reddito di inclusione appena nato, una misura importante ma insufficiente perché destinato a raggiungere solo una minoranza dei poveri.

«L’introduzione del Reddito d’inclusione (ReI) è un’importante innovazione strutturale che riprende numerosi aspetti della misura proposta dall’Alleanza contro la Povertà in Italia, che sono stati recepiti durante il dibattito parlamentare e sintetizzati nel Memorandum siglato lo scorso aprile con il Governo. Va dato atto a Governo e Parlamento di avere conseguito un risultato importante», afferma l’Alleanza. E tuttavia la prossima Legge di Bilancio rappresenterà un passaggio storico della lotta alla povertà nel nostro Paese: si vedrà lì, nelle scelte che verranno fatte, se il Rei sarà «l’ennesima riforma incompiuta nella storia italiana oppure il punto di partenza di un percorso capace di costruire risposte adeguate per tutti gli indigenti».

L’Alleanza propone quindi di adottare un Piano Nazionale contro la povertà 2018-2020il Piano triennale peraltro è già previsto dal decreto istitutivo del ReI – che prosegua il percorso iniziato, portandolo a compimento. Il Piano prevede dei passi successivi ma ben definiti, fatti con gradualità, per arrivare ad estendere il ReI a tutti gli indigenti, rafforzando gli interventi forniti e sostenendo l’attuazione del Rei a livello locale. Secondo le stime dell’Alleanza contro la Povertà nel 2020, a regime, serviranno circa 5,1 miliardi in più rispetto ad oggi: «Solo con queste risorse e con servizi adeguati l’Italia sarà dotata di una misura nazionale contro la povertà assoluta che possa dirsi universale – ovvero rivolta a chiunque viva in tale condizione –continuamente monitorata, adeguata nei contributi economici e nei percorsi di inclusione.

L’auspicio è che il dibattito politico riguardante la Legge di Bilancio verta sulla vera posta in gioco: il nuovo welfare che vogliamo costruire nel Paese. Le risorse da stanziare costituiscono un elemento decisivo, ma nell’ambito di un confronto più ampio. Confrontiamoci sul progetto per il futuro del welfare italiano, per favore

L’obiettivo dell’universalismo si affianca a quello dell’appropriatezza. L’Alleanza ha stimato in 396 euro mensili l’importo medio necessario per sostenere una famiglia in povertà assoluta, contro i 289 medi previsti dal ReI. Sono quindi necessarie nuove risorse per aumentare il valore del contributo (oggi si prevede una cifra che va da 190 euro a 485 euro, per 18 mesi) per evitare il rischio che volendo massimizzare il numero di beneficiari senza investire a sufficienza si assistano molte persone ma senza dar loro la possibilità di raggiungere uno standard di vita dignitoso. Certo, le cifre rese disponibili dal ReI sono rilevanti per chi ha redditi estremamente bassi e tuttavia «tali importi ancora non consentiranno ai beneficiari di soddisfare adeguatamente le proprie esigenze primarie, che riguardano l’alimentazione, la casa, il vestiario e i trasporti ed altre necessità di base».

L’altro tema è quello dei servizi, la vera novità del ReI, che a differenza dei bonus e carte che lo hanno preceduto non è una mero trasferimento monetario. La funzione dei servizi è impegnare la persona nella costruzione del percorso di inclusione sociale e o lavorativa, rendendo disponibili le competenze e gli strumenti per ri-progettare l’esistenza e consentirle, dove possibile, di uscire dalla povertà e – in ogni caso – di massimizzare la propria autonomia. La regia, nella costruzione di questi percorsi d’inclusione, è in capo ai Comuni, che operano insieme al Terzo Settore, ai Centri per l’Impiego e agli altri soggetti sociali del welfare locale: attualmente si prevede che il 15% dei finanziamenti statali contro la povertà sia destinato ai Comuni per i suddetti percorsi, ma gli studi e le analisi mostrano che questa percentuale dovrebbe essere portata al 20%.

Il progetto per un nuovo welfare

L’Alleanza propone quindi un Piano Nazionale per superare le criticità evidenziate. Non si tratta solo di risorse aggiuntive, anzi, il timore dell’Alleanza contro la povertà è proprio che «nelle settimane che ci condurranno alla presentazione della Legge di Bilancio, il dibattito politico si focalizzi sull’ammontare degli stanziamenti aggiuntivi perdendo di vista obiettivi e progettualità. Si tratterebbe di una discussione su “quanto stanziare” e non su “quali obiettivi perseguire”. L’auspicio è che il dibattito politico riguardante la Legge di Bilancio verta, invece, sulla vera posta in gioco: il nuovo welfare che vogliamo costruire nel Paese. Le risorse da stanziare costituiscono un elemento decisivo, ma nell’ambito di un confronto più ampio. Confrontiamoci sul progetto per il futuro del welfare italiano, per favore».

Ecco nel dettaglio la proposta dell’Alleanza contro la Povertà per un Piano Nazionale che parta già dalla prossima legge di bilancio e che a conclusione del percorso, nel 2020, darà all’Italia una misura nazionale contro la povertà assoluta universale (rivolta cioè a chiunque sperimenti tale condizione) e adeguata sia nei contributi economici sia nei percorsi di inclusione (in allegato in fondo all'articolo il pdf con la proposta completa).

  1. finanziamento pluriennale: a regime, cioè a partire dal 2020, è necessario un investimento pubblico annuo di 7 miliardi di euro a carico dello Stato. Sinora sono stati resi disponibili 1759 milioni nel 2018 e di 1845 a partire dal 2019. Servono, dunque, circa 5,1 miliardi annui aggiuntivi: vi si arriva con gradualità, stanziando in ogni anno del Piano risorse superiori al precedente, ad esempio suddividendo l’incremento di risorse in parti uguali nelle tre annualità del Piano (ciò significherebbe stanziare 1,7 miliardi in più per il 2018, 3,4 in più nel 2019 e 5,1 in più a partire dal 2020).
  2. uno sforzo per sostenere l’attuazione del Rei nei territori: la legge istitutiva del Rei: prevede attività che forniscono alle realtà del territorio gli strumenti necessari e l’attivazione di un robusto sistema di monitoraggio, bisogna concretizzarlo in modo adeguato ed in tempi rapidi.

È un punto sinora sottovalutato nel dibattito italiano, ma la più efficace strategia pubblica per stimolare i consumi, così da spingere la crescita del Pil, sono le politiche contro la povertà.

Un Piano irrealizzabile? Troppo ambizioso per il sistema di welfare locale? Troppo costoso per il bilancio pubblico? No, replica l’Alleanza, «il Piano è stato elaborato in modo da disegnare un percorso sostenibile. 5 miliardi equivalgono a meno dell’1% della spesa pubblica totale italiana e la gradualità prevista dal Piano consente di diluire il necessario incremento, rendendolo più facilmente affrontabile dalle casse dello Stato. Siamo ben consapevoli che l’introduzione del ReI incontrerà significative difficoltà attuative, in particolare nella fase iniziale, se così non fosse non si tratterebbe di una riforma innovativa. Il punto è disegnare un percorso nel quale le inevitabili criticità realizzative possano essere affrontate nel modo migliore, e risolte progressivamente».

La lotta alla povertà è una questione di giustizia sociale, ma anche una modo per promuovere la crescita economica. L’Alleanza contro la Povertà cita il Centro Studi di Confindustria, che di recente ha detto che «per tornare a crescere occorre anche combattere la povertà. Infatti, una diffusa indigenza si accompagna a una bassa crescita strutturale dell’economia. Le famiglie che cadono in povertà tagliano i consumi, deprimendo quindi la domanda aggregata». Intervenire sui poveri quindi non migliora solo le condizioni di chi è povero, ma anche della società nel suo complesso: «è un punto sinora sottovalutato nel dibattito italiano, ma la più efficace strategia pubblica per stimolare i consumi, così da spingere la crescita del Pil, sono le politiche contro la povertà. Gli indigenti sono, infatti, il miglior target al quale trasferire finanziamenti pubblici al fine di stimolare la domanda di beni e servizi poiché costituiscono il gruppo sociale con la più elevata propensione al consumo».

Foto © DAIANO CRISTINI/SINTESI

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