Formazione

La riscossa delle materie umanistiche, nell’epoca dei laboratori

Ci sono docenti che si lamentano del fatto che i laboratori e l'alternanza scuola-lavoro "rubino" tempo alle loro discipline. Ma messa così la questione non porta da nessuna parte. Come possono invece le materie umanistiche continuare ad avere quel ruolo fondamentale nella formazione dei ragazzi, sfruttando al massimo le nuove opportunità? Ecco un contributo alla riflessione che nasce da un'esperienza

di Marco Ferrari

Nella scuola italiana si offrono a docenti e studenti sempre più occasioni di “uscire” dalle aule e realizzare progetti di ogni sorta. Basta considerare la rivoluzione che sta accadendo nella vita scolastica relativamente alle 200 ore di Alternanza Scuola-Lavoro o alle più disparate iniziative riguardanti le materie che si studiano, le certificazioni linguistiche, ma anche l’ambiente, il sociale, la valorizzazione del patrimonio artistico e storico dei territori…

Chi ama e insegna la filosofia – come tutte le tradizionali discipline umanistiche e scientifiche quali l’italiano, il latino, la storia, (il greco!), la matematica, la fisica, la storia dell’arte, le letterature straniere – si sente talvolta costretto a lottare contro tale sistema o vittima inerme di esso. Lo si avverte nelle chiacchere nelle aule professori, al bar tra commissari di maturità che rimpiangono una scuola che non c’è più, nel dialogo tra mamme che sono fiere che il proprio figlio maggiore – almeno lui! – abbia potuto ancora frequentare il liceo classico tradizionale…

Parrebbe che l’attuale e futuro sistema sia orientato a “far fuori” i contenuti della grande tradizione umanistica e scientifica europea e occidentale, per lasciare spazio unicamente ad attività legate alle nuove tecnologie, all’economia, alle soft skills. Ma noi insegnanti di filosofia – e delle altre discipline teoretiche, cioè di quei saperi che hanno come fine la conoscenza disinteressata della verità delle cose – siamo davvero destinati a fare da cortigiani all’homo oeconomicus e alla sua variante tecnologica, l’homo iphonensis (cfr Leonardo Becchetti)? Sarebbe davvero terribile.

Noi insegnanti di filosofia e delle altre discipline teoretiche, cioè di quei saperi che hanno come fine la conoscenza disinteressata della verità delle cose, siamo davvero destinati a fare da cortigiani all’homo oeconomicus e alla sua variante tecnologica, l’homo iphonensis?

Io credo invece sia essenziale che avvenga un riscatto dei docenti delle discipline cosiddette umanistiche/teoretiche. Ma non per una presa di posizione aprioristica, per una partigianeria a difesa di alcuni diritti o interessi di categoria decaduti. Ciò che impone tale riscossa è il bisogno sempre più evidente dei nostri giovani di trovare gli strumenti per cominciare la ricerca del senso della propria vita e del significato della realtà. E se è vero che il medium – lo strumento che si utilizza per comunicare – modifica il messaggio che si intende comunicare, allora la nostra responsabilità di custodi e catalizzatori del sapere delle nuove generazioni dev’essere ancora più attenta e consapevole. Quali strade intraprendere? Con quali obiettivi? Con quali strumenti?

Nella mia esperienza di docente due aspetti risultano fondamentali per rispondere adeguatamente alla situazione presente: in primo luogo la necessità di indentificare con chiarezza – lo si fa attraverso lo studio personale e il dialogo tra colleghi – i problemi e le questioni essenziali che stanno al cuore delle nostre discipline e che, da 2500 anni almeno, sono in grado di incrementare il bene per l’uomo. In secondo luogo guardare con simpatia a ciò che oggi può veicolare con maggiore efficacia nei giovani il desiderio della ricerca, e accendere così l’amore per lo studio e il lavoro intellettuale. In questa prospettiva possono essere strumento per il rinnovamento della nostra scuola tutti quei percorsi di ricerca incentrati su questioni affascinanti circa la conoscenza della realtà e sfidanti per la vita di ciascuno. Percorsi che partano dalla lezione in classe, mostrando al tempo stesso la propria pertinenza alla vita di tutti. Percorsi pensati non per occupare spazi, bensì per innescare processi di ricerca tesi alla scoperta di cosa significhi essere “animali-umani”.


L’esperienza delle Romanae Disputationes – concorso nazionale di filosofia per team di studenti delle superiori – da cinque anni testimonia proprio questa tensione: insegnanti in ricerca, disposti a lasciarsi scomodare dalla ricerca della verità e disponibili ad accompagnare i propri giovani studenti anche fuori dalle proprie aule. Il tema scelto per l’edizione 2017/2018 è “La natura del bello”: la bellezza, infatti, è un’esperienza che mette in gioco tutto l’uomo, la dimensione sensibile e la dimensione razionale e spirituale, la sua natura psico-fisica nel complesso. La bellezza, a partire dalla sua fugace apparizione nella vita di ciascuno, costringe a capire il nesso tra il corpo e la mente, tra i nostri sensi e la nostra dimensione razionale, che esprime giudizi e sentimenti.

L’apparizione della bellezza apre domande circa la verità di ciò che vediamo, sentiamo, ascoltiamo. L’esigenza del bello mette in discussione il modo di condurre l’esistenza e di impostare la vita sociale, politica e economica delle comunità. La considerazione delle cose belle è accompagnata dalla riflessione sulla la natura di ciò che bello non è, di ciò che spaventa e sconvolge l’animo umano, come il sublime, il brutto, il grottesco. L’esperienza del bello ci chiede oggi di comprendere che cosa la renda possibile, quanto sia davvero reale e comunicabile, se sia producibile e fruibile anche da macchine o dispostivi dotati di intelligenza artificiale. La bellezza, infine, ci ferisce e ci richiama, attraverso una vibrazione inequivocabile, a metterci di fronte al nostro destino ultimo, al problema inaggirabile della vita e della morte.

Tutte queste domande saranno al centro del percorso di Romanae Disputationes 2018, dalla lezione inaugurale del prossimo 20 ottobre all’aula magna della Cattolica di Milano con il prof. Elio Franzini, alle diverse video lezioni del canale YouTube di Romanae Disputationes (sopra il video della lezione di Enrico Berti sul bello in Aristotele, appena pubblicata), fino alla preparazione delle classi partecipanti alle gare di dibattito “Age Contra”, che si terranno alla due giorni finale. Un’esperienza di questo tipo, patrocinata dalle università di Padova e Bologna e riconosciuta dal MIUR come progetto di valorizzazione delle eccellenze, rende giustizia al desiderio di docenti e studenti che lo studio delle discipline umanistiche rimanga al cuore della proposta formativa offerta dalla scuola, attraverso i cambiamenti epocali a cui assistiamo, affrontandoli da protagonisti e certi della ricchezza che portiamo alle nuove generazioni.

Marco Ferrari insegna filosofia e storia al liceo Malpighi di Bologna, è stato fra i 10 finalisti dell'Italian Teacher Prize 2017 ed è ideatore e direttore di Romanae Disputationes, concorso nazionale di filosofia per licei

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