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Accoglienza rifugiati: dati di un’ordinaria emergenza
Un'indagine di In Migrazione rivela che nell’84% dei centri di accoglienza vengono segnalate gravi criticità, in 1 centro su 3 i controlli sono scarsi o inesistenti e nel 63% dei casi il personale impiegato è poco o scarsamente specializzato. Emerge il ruolo fondamentale del Terzo settore, tutto da incrementare e rafforzaredalla buona accoglienza la possibile uscita dall’emergenzae la creazione di oltre 70.000 posti di lavoro. necessario archiviare il binomio accoglienza-businessin migrazione presenta dati inediti sull’accoglienza in italia
di Redazione
L'emergenza è oramai una condizione quotidiana. Anche per l'estate 2017, quella degli sbarchi e dell'arrivo in Italia di profughi richiedenti asilo è diventata storia di ordinaria emergenza. Ma se molto sentiamo, ascoltiamo, leggiamo su chi arriva, meno – polemiche a parte – sappiamo su cosa trova chi arriva.
Qual è la fotografia la fotografia sull’accoglienza dedicata a richiedenti e beneficiari di protezione internazionale? In Migrazione, società cooperativa sociale che opera nel settore, ci aiuta ad andare a fondo, senza pregiudizi, pubblicando un dossier. Un dossier – che potete scaricare in calce al nostro articolo – che fa il quadro partendo da 333 operatori dell’accoglienza che lavorano sul campo, dando così uno spaccato di tutto il sistema di accoglienza italiano fornito da chi lavora nei CAS, nei progetti SPRAR e nei grandi Centri governativi.
Dossier immigrazione
L’84% degli operatori segnala nei centri di accoglienza gravi criticità. In più di una struttura su 10 si lamenta sovraffollamento, nel 17% strutture decadenti e in un centro su tre l’inadeguatezza degli spazi. Ben il 33% degli operatori oggetto dell’indagine segnalano problemi connessi alla posizione isolata dei centri di accoglienza e alla carenza di collegamenti pubblici per raggiungere i centri abitati e il 19% alla difficoltà di accesso ai servizi territoriali. Nel 39% dei casi viene evidenziata una carenza di organico impiegato in relazione al numero di ospiti accolti. Nel 41% dei casi gli operatori segnalano una scarsa specializzazione nel gruppo di lavoro e nella direzione.
Un operatore su tre denuncia una carenza o l’inesistenza di controlli e ispezioni istituzionali sull’operato dei soggetti che gestiscono l’accoglienza.
Criticità che interessano, seppur con positive eccezioni, soprattutto i Centri di Accoglienza Straordinari (CAS) attivati dalle prefetture sul territorio (con oltre 136.000 posti). Migliore, pur con problematiche evidenziate, l’accoglienza SPRAR attivata dagli Enti locali (22.832 posti).
«Quella degli sbarchi è un’emergenza anomala – spiega Marco Omizzolo, responsabile scientifico di In Migrazione – che non è connessa all’imprevedibilità del fenomeno né alla carenza di risorse economiche. Anche i numeri – continua Omizzolo – non determinano di per sé un’emergenza». I posti disponibili per la sola prima accoglienza sono oltre 150 mila a fronte di 71.744 richieste di asilo nei primi sei mesi del 2017.
«Ciò che trasforma una criticità in emergenza – spiega Omizzolo – è il ritardo del nostro Paese nel costruire un sistema di accoglienza di qualità con una visione che non sia soltanto tesa a tamponare gli sbarchi». In Italia sono stati complessivamente attivati 175.550 posti per accogliere richiedenti asilo e rifugiati (dato aggiornato al 23/01/2017). Un numero che in termini assoluti può sembrare allarmante ma, se messo in relazione con la popolazione residente, appare più modesto.
Infatti vengono accolti poco più di tre richiedenti asilo o rifugiati ogni 1.000 residenti. Se in termini assoluti è la Lombardia ad ospitare più richiedenti e beneficiari di protezione internazionale (23.391), in rapporto ai residenti ospita appena lo 0,23%. E’ il Molise ad avere una presenza più forte in rapporto ai residenti (più di un rifugiato ogni 100 abitanti).
In Migrazione stima che un sistema di accoglienza di qualità può generare oltre 70.000 posti di lavoro, senza considerare tutto l’indotto connesso alle forniture ed ai servizi, come ad esempio la fornitura del vitto, che da sola può generare oltre 500 milioni di euro l’anno. Importanti occasioni per i territori che l’Italia può cogliere solo trasformando il vecchio binomio Accoglienza = Business in Accoglienza = Mestiere, nel senso più nobile e specialistico del termine.
«Avere vicino casa un piccolo centro d’accoglienza ben gestito è un’opportunità – spiega Simone Andreotti, presidente di In Migrazione – averne uno grande dove i rifugiati sono abbandonati a loro stessi diventa evidentemente un problema: è ora di smettere di ragionare in termini di accoglienza si e accoglienza no – conclude Andreotti – il vero tema, per i rifugiati e per i cittadini che vivono i territori, è la qualità dell’accoglienza che si mette in campo».
Accoglienza e Terzo settore
L’accoglienza rappresenta per i beneficiari il primo vero e proprio laboratorio per l’integrazione in un Paese radicalmente nuovo e complesso come è l’Italia. Partendo da questo assunto uno dei compiti principali di chi opera nei centri di accoglienza – si legge nell'indagine di In Migrazione – è quello di mettere in contatto i richiedenti asilo e i rifugiati con la parte più sana del nostro Paese.
«Far scoprire un’Italia positiva rappresenta un modo attraverso il quale ricostruire una propria vita autonoma e dignitosa. Senza questo stimolo e questo “accompagno” si può (a maggior ragione in una condizione di disagio e disorientamento) entrare in contatto con la parte peggiore del Paese, elemento che non può che minare profondamente il percorso di un ospite.
«Un’Italia sana che è rappresentata per eccellenza dal volontariato e dal terzo settore – leggiamo ancora – con cui si entra in contatto attraverso la partecipazione ad attività sociali, culturali e di volontariato. Volontariato quindi non come obbligo per risarcire il Paese che accoglie, ma come incredibile possibilità di conoscere la parte migliore della nostra società e, con essa, riconquistare la propria autonomia».
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