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Ecco chi è Rossella Miccio, la nuova presidente di Emergency
«Lavoro con Emergency da diciassette anni. La guerra mi faceva schifo diciassette anni fa e mi fa schifo adesso». Rossella Miccio, la nuova presidente di Emergency nominata al posto di Cecilia Strada risponde così alle polemiche degli ultimi giorni, raccontando i progetti futuri dell’organizzazione
Sono stati giorni di fuoco a Emergency, dove lunedì è stato annunciato un cambio al vertice dell’associazione, con Cecilia Strada, presidente dal 2009, sostituita da Rossella Miccio, nell’organizzazione dal 2000, impegnata prima in Afghanistan e poi diventata co-direttore dei Programmi umanitari. Ad annunciare il cambio, un brevissimo comunicato, seguito poi da un articolo uscito sull’Espresso, secondo cui, in realtà il cambio non sarebbe stato altro che un colpo di mano del direttivo. In un altro comunicato congiunto, Cecilia Strada e Rossella Miccio avevano poi smentito questa tesi.
Come sta vivendo questo inizio così travagliato?
È stato difficile, non solo per me ma per tutta l’organizzazione. Quello che si è detto sui giornali in realtà è stato un attacco a Emergency, che lavora da 23 anni sotto gli occhi di tutti, in totale trasparenza. È una mancanza di rispetto per tutto il personale e tutti i volontari. Ci ho letto molta malafede e spererei in un giornalismo diverso, più alto. Avrei preferito iniziare questo percorso in un altro modo, ma i fatti ci daranno ragione e il mandato della nostra Ong è sempre lo stesso. Non è cambiato.
La notizia del cambio di vertice però ha sorpreso molte persone anche tra i volontari e i sostenitori. Sui social molti hanno usato l’hashtag #Iostoconcecilia per dimostrare la propria solidarietà a Cecilia Strada. C’è stato un vuoto di comunicazione?
Credo sia importante spersonalizzare le questioni. In Italia c’è questo atteggiamento diffuso per cui bisogna essere sempre a favore o contro. Il cambiamento è dovuto a dinamiche interne all’organizzazione e, nei limiti della trasparenza a cui noi teniamo molto, è giusto che alcune dinamiche rimangano tali. La comunicazione sarebbe stata più facile da gestire, utilizzando anche percorsi diversi, se la stampa fosse stata meno violenta.
Secondo l’Espresso, la ragione principale della sostituzione sarebbe dovuta ad una divergenza di opinioni sulla strategia. Da una parte, l’intenzione di mantenere il distacco dal mondo corporate, e dall’altra invece, una linea disposta ad accettare partnership con grandi aziende (tra cui Eni e Impregilo). Cosa risponde?
La tesi di questa doppia anima mi ferisce molto. Lavoro con Emergency da diciassette anni. La guerra mi faceva schifo diciassette anni fa e mi fa schifo adesso che ne ho visto direttamente gli effetti sulle persone. Non ho remore a dire che quella tesi è vergognosa e irrispettosa. Il rispetto del nostro codice etico non è mai stato in discussione.
Sono molte le organizzazioni che stringono partnership con l’imprenditoria privata. Purché la scelta dell’azienda sia oculata e coerente i criteri etici, questo per molti non costituisce un problema. Cosa ne pensa?
Ci muoviamo in un contesto che è molto diverso da quello di diciassette anni fa. Il corporale fundraising è una strada che può essere esplorata. Abbiamo cinquanta progetti in giro per il mondo e la responsabilità di mantenere strutture sanitarie che possano offrire ai pazienti le migliori cure possibili, si capisce quindi che la raccolta fondi è un tema chiave, così come la necessità di ampliare gli strumenti, assicurando sempre il rispetto del codice etico.
Quali saranno le priorità della sua presidenza?
Il mio mandato è di un anno. Il direttivo cambia ogni tre anni e sarà l’assemblea dei soci a decidere l’anno prossimo. Ovviamente il termine su cui progetteremo non sarà da qui a dodici mesi, ma molto più lungo. In Italia la nostra presenza è solida ma adesso vogliamo rafforzare e far crescere il network internazionale e aumentare il lavoro con le cosiddette “sister organizations”, in Belgio, a Hong Kong, negli Stati Uniti. Tra i nostri obiettivi c’è poi la sensibilizzazione. Vogliamo aprire gli occhi alle persone sulle ingiustizie e sulla guerra.
Quali sono le difficoltà più grandi per un’organizzazione come Emergency in questo momento?
Il contesto in cui operiamo è sempre più difficile. Ci sono sempre meno condizioni di sicurezza e il ruolo delle associazioni umanitarie è sempre più spesso messo in discussione e condizionato dalle decisioni politiche. Faremo di tutto per promuovere la cooperazione in ambito sanitario e il concetto di salute come diritto umano. La cosa a cui noi teniamo moltissimo sono i principi di uguaglianza e solidarietà. Vogliamo mettere in piedi degli ospedali che siano appropriati, non secondo gli standard delle condizioni di crisi in cui operiamo, ma secondo i nostri standard. Siamo consapevoli delle risorse limitate, ma le risorse sono limitate anche a casa nostra.
Foto: Emergency
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