Welfare
Lavoro, in Feltrinelli si immagina il futuro
La seconda edizione del Jobless Society Forum dal titolo “Altri lavori, altri lavoratori” ha dato vita a 10 tavoli di lavoro che, raccogliendo mondo accademico, impresa, terzo settore e rappresentanze, hanno provato a disegnare soluzioni per il lavoro di oggi e di domani
La Fondazione Giangiacomo Feltrinelli – in collaborazione con The Adecco Group, Fondazione Cariplo, Fondazione Unipolis e Fondazione Marazzina – ha ospitato la seconda edizione del Jobless Society Forum dal titolo “Altri lavori, altri lavoratori”.
«Il passaggio dalla terza alla quarta rivoluzione industriale obbliga a ripensare l’immagine e le sfide che oggi ci propone l’esperienza del “lavorare”», spiega il concept dell’evento.
L’ “Industria 4.0” implica infatti un processo di modificazione socio-culturale e politica indotto dai processi di automazione e digitalizzazione delle tecnologie, attuali e future, che modificano le nostre modalità di vivere, convivere e lavorare e che inducono un continuo processo di adattamento per affrontare in maniera efficiente le trasformazioni epocali che interessano il mercato del lavoro.
In apertura dell’evento, proprio sugli effetti della crescente "digitalizzazione" si è espresso, in collegamento video, il ministro del lavoro Giuliano Poletti: «siamo impegnati a sviluppare una discussione che veda tutti i soggetti esprimere una valutazione. Lo facciamo di fronte alla crescente diffusione dell'automazione nella società per studiare l'impatto sui processi del lavoro e le imprese. È opportuno ricordare che la diffusione della digitalizzazione sull'economia e il lavoro vede due posizioni: i catastrofisti, che ritengono che saranno cancellati i posti di lavoro, e gli entusiasti, che dicono che la storia ci consegna esperienze dove tecnologia e innovazione ci hanno portato a una crescita del lavoro. Noi non ci schieriamo per una parte o l'altra, ma vediamo che le imprese che hanno innovato hanno aumentato l'occupazione».
«Io non concordo con la linea secondo cui l’Intelligenza Artificiale (AI) farà perdere posti di lavoro». Così Antonio Casilli, professore associato di Digital Humanities presso il Telecommunication College of the Paris Institute of Technology ha affrontato la questione. «La robotizzazione non è un processo lineare ma una scelta manageriale: è chi decide in azienda che sceglie di rimpiazzare il lavoratore, non il robot che non può fare scelte. Il robot non è che una specie di pretesto che il capitalista delle piattaforme usa per sbarazzarsi del “lavoratore salariato” e reclutarlo in un secondo momento come coworker». In questo modo però un lavoratore può svolgere più task, magari imparare qualcosa di nuovo? «Non direi, concordo certamente con quella corrente di pensiero che sostiene che la tecnologia trasformerà, come già avviene, le competenze; però sono meno ottimista di alcuni miei colleghi sulle vere competenze che saranno introdotte. Non basta dire che si impareranno nuove cose e che da qui a 50 anni avremo lavoratori migliori perché più allineati con il mercato digitale e il loro lavoro sarà meno abbrutente».
Sulla stessa linea anche anche Stefano Scarpetta, a capo del dipartimento Lavoro dell’Ocse per cui «Il vero punto non è quanti lavori scompariranno e quanti ne verranno creati, ma proprio quanta diseguaglianza sarà prodotta dall’innovazione tecnologica. La rivoluzione digitale premia chi ha competenze più elevate, lasciando indietro chi ha competenze più basse. Si crea quindi una frattura tra chi può accedere ai nuovi lavori ad alta competenza, alti salari e alte prospettive di carriera e chi non avendo queste skill sarà relegato nei lavori a bassa qualifica. Il nostro punto di vista è questo: i robot non portano necessariamente a una disoccupazione tecnologica massiccia ma a forti diseguaglianze. Assistiamo ormai a una forte polarizzazione nel mercato del lavoro.I lavori intermedi stanno diminuendo. La domanda di lavoro si polarizza tra occupazioni con alti livelli di competenza e altre scarsamente qualificate. La prospettiva è anche quella di un aumento delle diseguaglianze salariali: per alcuni gli stipendi cresceranno, per altri caleranno.».
L’evento però aveva il suo cuore nei tavoli di lavoro costituiti da tecnici ed esperti. I 10 tavoli che per un’intera giornata si sono impegnati per immaginare soluzioni e nuove strade:
- Nuove tecnologie tipiche dell’Industria 4.0 che inducono un processo di metamorfosi dei modi di vivere, convivere e lavorare, alterando i tradizionali modus operandi dei sistemi economici e politici
- Nuovi mestieri che nascono a partire dai bisogni e opportunità della Quarta Rivoluzione Industriale e dall’ibridazione di competenze tradizionali e digitali
- Nuove economie indotte dallo sviluppo della tecnologia capaci di generare nuovi modelli di impresa, occupazione, finanza sostenibile e innovazione sociale
- Competenze nella loro accezione di hard e soft skills che necessitano, in una logica di lifelong learning, di un continuo processo di aggiornamento per l’acquisizione di modelli formativi aperti e flessibili
- Mobilità che si manifesta in crescenti forme di lavoro “non-standard”, nell’evoluzione del concetto di flessibilità e nella transizione verso modelli di vita ciclici;
- Cultura, settore di sperimentazione di attività produttive che negli ultimi anni hanno generato valore economico e nuove professionalità fra tecnologia e creatività
- Design in quanto disciplina in grado di interpretare e progettare, in chiave funzionale, le interazioni fra persone e artefatti tecnici tipiche dell’industria 4.0
- Welfare per analizzare forme di assistenza e tutela che siano idonee a supportare i cittadini-lavoratori in condizioni di fragilità e valide sostitute delle tradizionali politiche sociali
- Rappresentanza e sue nuove forme a fronte della frammentazione del lavoro, della crisi delle identità collettive e del processo di trasformazione di disintermediazione che ha investito sindacati e corpi intermedi
- Diritti, sia con particolare riferimento al diritto al lavoro e alla sua tutela nell’ambito della rivoluzione 4.0, sia in riferimento alle dinamiche di accesso democratico e cittadinanza consapevole per cittadini e lavoratori dell’era digitale.
I tavoli tematici al lavoro
Il problema a cui trovare soluzioni non è solo tutelare gli ultimi o proteggere le sfere più svantaggiate, come è tradizionalmente è stato nell’epoca della industrializzazione dal Settecento fino a tutto il Novecento, ma prendere in carica le politiche di sostegno, anche ai “nuovi ultimi” e immaginare un nuovo welfare state.
«È indispensabile raccogliere dati e opinioni, alimentare il confronto tra chi interpreta i fenomeni, come il mondo accademico, e chi li vive quotidianamente, come il mondo delle imprese e delle nuove forme di lavoro: ma ancor di più è fondamentale promuovere delle azioni concrete per sensibilizzare i cittadini, in particolare le fasce più deboli come gli inoccupati o i giovani in formazione, ad essere protagonisti attivi del cambiamento», ha sottolineato Massimiliano Tarantino, Segretario Generale di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.