Welfare
Zamagni: «San Francesco il reddito di cittadinanza lo avrebbe bocciato»
«Per i francescani la cosa più importante è produrre lavoro», spiega l'economista, docente all'Università di Bologna e padre degli studi sul Terzo settore. Che boccia la proposta di Grillo e dei Cinque Stelle
Professor Zamagni ha visto Grillo alla Perugia-Assisi? Sostiene il reddito di cittadinanza per tutti nel nome di San Francesco
Guardi, per mettere fine al dibattito basta una cosa sola: già nel 1300 i frati francescani girando per l’ Italia solevano dire che l’ elemosina serve a sopravvivere ma non a vivere, perché vivere significa produrre e l’ elemosina non aiuta a produrre.
Dunque San Francesco la pensava diversamente?
Quello che i francescani hanno sempre negato è l’ assistenzialismo. La dignità non si realizza nel mangiare, ma nel produrre. Quindi la missione era dare a tutti la possibilità di produrre, che significa lavorare. La divisione del lavoro, che è un’ idea forte dei francescani, serviva a dare a tutti, anche ai più deboli (i disabili, i poveri) la possibilità di produrre e dunque di lavorare, che è qualcosa di connaturato alla dignità dell’ uomo.
Il pensiero di San Francesco è associato alla povertà, alla semplicità, all’ umiltà.
Certamente, ma dobbiamo capire a fondo di cosa si tratta. Tutto era finalizzato alla dignità umana. Con i francescani è praticamente nata l’ economia di mercato, frutto maturo della scuola di pensiero di Bonaventura di Bagnoregio e altri filosofi. I francescani hanno inventato i Monti di Pietà per combattere l’ usura, ma anche i principali strumenti contabili nascono in quel periodo, nell’ alto Medio Evo su impulso dei frati minori. La partita doppia è stata perfezionata dal matematico Luca Pacioni, collaboratore di Leonardo da Vinci. E sa perché i francescani si applicarono alla contabilità aziendale?
Perché?
Perché bisogna produrre e inventare gli strumenti per sostenere la produttività, altrimenti non c’ è la sostenibilità. Altro che pauperismo! I francescani sono sempre stati contrari alla miseria. La povertà non era indigenza, che è sinonimo di mancanza di dignità. Per loro la povertà era simile alla virtù aristotelica della libertà: significa spogliarsi di ogni cosa per non rimanerne schiavi. Significa sobrietà, ovvero grande capacità di distaccarsi dalle cose. Perché altrimenti sono le cose che possiedono te. La povertà, in ultima analisi, diventa un ingrediente della libertà. Quando San Francesco, di fronte al vescovo attonito si spoglia e rimane nudo lo fa perché si sente finalmente libero. Ma ai suoi confratelli raccomanda di tenere sempre nella madia pane e formaggio per i poveri che bussano alla porta del convento.
Ma San Francesco lo avrebbe apprezzato il reddito di cittadinanza?
Ma per favore! Il reddito di cittadinanza è una trovata vecchia come il cucco, risale agli anni ’ 60. Ogni tanto qualcuno la ritira fuori. Può andar bene come contrasto alla povertà, temporaneo e limitato, ma come misura per combattere la disoccupazione è esattamente la sua negazione! Se spendo 17 miliardi (tanto prevede la proposta grillina come copertura finanziaria del reddito di cittadinanza) deprimo l’ economia e brucio milioni di posti di lavoro. Quello che serve è creare nuove filiere produttive, non allargare il bacino dell’ assistenzialismo.
Intanto però la gente fatica a campare. Un quinto della popolazione italian non ce la fa più…
La gente confonde le misure di contrasto alla povertà con l’ assistenzialismo. Se prendo 700 euro al mese è chiaro che non ce la faccio e ho bisogno di un’ integrazione finché non trovo un lavoro migliore o non riprendo a lavorare. E’ giusto, anzi è sacrosanto. Ma un giovane disoccupato deve trovare un posto di lavoro per riavviare il circolo virtuoso consumi-produzione- lavoro. In Grillo c’ è una mistificazione che non distingue tra le misure di contrasto alla povertà e quelle assistenzialistiche, che fanno solo male e non valgono a garantire la piena occupazione.
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