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Ong, come nasce una fake news

Frontex, la Procura di Catania, la politica e la stampa. È questo il triangolo delle Bermuda in cui le organizzazioni non governative impegnate nel Mediterraneo sono finite. Proviamo a fare fact checking

di Lorenzo Maria Alvaro

La notizia è nota e ormai su tutte le prime pagine da giorni. Ma com’è nata la vicenda delle ong che sarebbero colluse con i trafficanti di uomini? È il caso di ricapitolare come sia andata la vicenda sin dall’inizio.

Il primo tassello: Frontex

Il primo colpo arriva da Frontex. L’ex agenzia Ue delle frontiere esterne appena trasformata in una nuova Agenzia europea delle guardie di frontiera e costiera avrebbe scritto in alcuni rapporti interni che le Ong più attive nel soccorso ai migranti irregolari sarebbero colluse con gli scafisti sulle rotte migratorie dalla Libia all’Italia. A renderlo noto è il Financial Times già il 15 dicembre 2016. Si tratterebbe di rapporti interni e riservati. Frontex non commenta. Solo il 23 aprile 2017 però, cinque mesi dopo e a caso ormai esploso, si scopre che nel rapporto Rysk Analysis 2017” sul fenomeno dell’immigrazione l’agenzia Frontex non usa mai l’espressione “taxi” o “taxi del mare”. Né sostiene che le organizzazioni non governative siano “in collusione con gli scafisti”.

A pagina 32 del rapporto, infatti, si legge piuttosto che le operazioni delle ONG potrebbero avere “unintended consequences”. Le stesse “conseguenze involontarie” che potrebbero avere le attività dell’EUNAVFOR MED, la task force istituita dal Consiglio europeo per salvare i naufraghi capitanata dall’ammiraglio italiano Enrico Credendino».

Dunque le fondamenta dell’inchiesta, la base su cui si poggia e si poggerà tutta la campagna diffamatoria nei confronti delle ong si rivela una bufala. Ma è ormai troppo tardi. La macchina è partita è fermartla è impossibile. Da qui cominciano ad entrare in scena tutti i co-protagonisti che, partendo da una premessa falsa costruiranno, tassello per tasselo, il castello accusatorio.

La procura di Catania e le indagini

Il procuratore Carmelo Zuccaro nel febbraio 2017 annuncia di avere aperto una “indagine conoscitiva” sulle Ong che operano nel Canale di Sicilia sulla base di un rapporto di Frontex dove si ipotizza che le modalità operative delle navi umanitarie finiscono con il favorire i trafficanti. Dichiara, in un tour televisivo instancabile, di essere in possesso di “evidenze” su contatti diretti tra trafficanti ed esponenti di alcune ong e di dati che proverebbero ripetuti interventi all’interno delle acque territoriali libiche e di episodi in cui alcune navi spengono i trasponder (un segnale radar che segnala il tracciato delle navi e il loro punto nave). Addirittura il procuratore arriva a dichiarare alla stampa che non è esclusa l’ipotesi che alcune Ong siano “finanziate” dagli stessi trafficanti di esseri umani e che l’operazione delle Ong sarebbe volta a destabilizzare politicamente ed economicamente l’Italia.

Questo finché non appare per l'ennesima volta in tv, questa volta nella trasmissione Matrix del 26 aprile 2017. Qui in diretta nazionale con candore ammette non solo di non avere alcuna prova anche solo indiziaria, ma neanche di “materiale probatorio utilizzabile giudiziariamente”. Repubblica avanza, in un articolo l’ipotesi che si tratti di «segnalazioni dei servizi segreti e della stessa Frontex». Quello che risulta evidente è comunque che al momento non ci sono riscontri. La Procura di Catania si è messa comunque a verificare i bilanci di alcune Ong che denunciano donazioni private molto consistenti e spese di centinaia di migliaia di euro al mese per la gestione delle navi. Come se la gestione di una nave possa essere economica e, se gestita da un ente non profit, sostenuta da fondi diversi dalle donazioni. Altre due inchieste sono aperte a Palermo e Trapani e una indagine conoscitiva è in corso davanti alla Commissione Difesa del Senato. È di queste ore la notizia che il Csm prenderà in esame lka questione. «Dopo aver sentito i capi di corte e il presidente della prima commissione, Giuseppe Fanfani, sottoporrò il caso Zuccaro all'esame del comitato di presidenza alla prima seduta utile fissata per mercoledì 3 maggio», ha spiegato il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini.

Di Maio e la battaglia politica

A fare propria la battaglia contro le Ong è il vice presidente della Camera Luigi Di Maio. A più riprese è lui a scaraventare la faccenda al centro dell’attenzione parlando di “taxi del mare” di ong spalla dei trafficanti. La teoria del politico a 5stelle si poggia sulle accuse di Frontex (che come abbiamo visto non esistono) e sulle prove del procuratore Carmelo Zuccaro (che come abbiamo visto non ci sono). È talmente vero che Di Maio col tempo deve correggere il tiro. E sempre più si avvicina alla posizione reale di Frontex: potrebbe essere che le navi delle ong costituiscano, loro malgrado, un acceleratore dei viaggi delle carrette del mare. Viene da pensare che si tratti di un mero calcolo politico. Come spiega bene Luca De Biase sul magazine Vita di aprile, i movimenti populisti sono maestri nel gestire l’informazione all’epoca del social media.

Intanto nelle ultime ore però a porvare a porre un freno alla polemica è intervenuto il ministro degli Interni mInniti che ha sottolineato: «Bisogna evitare generalizzazioni e giudizi affrettati, attenendosi a una rigorosa valutazioni degli atti». Tradotto: o si portano le prove o si tace.

La stampa e le prove presunte

L’ultimo tassello è il circo mediatico. Di Maio accende la miccia e la stampa italiana, in prima fila La Stampa di Torino, invece di verificare comincia a fare da gran cassa di risonanza. Anzi in alcuni casi, come quello del famoso video che proverebbe i loschi traffici fra Ong e scafisti, si esibisce in vere e proprie notizie inventate o gonfiate.

Rimane solo una domanda: a chi giova? Perché questo fuoco di fila contro le Ong e la politica di salvataggio nel Mediterraneo. È difficle pensare che un castello simile si sia creato da solo. Intanto in Francia sono giorni di elezioni e in Italia ci sono le primarie del Pd. Un caso? Forse. La certezza è che le fake news non sempre sono sciocchezze che appaiono sulla bacheca di Facebook.

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