Salute
Welfare integrativo, una sfida che il Terzo settore non deve perdere
L'intervento del presidente di Federsolidarietà/Confcooperative e portavoce dell'Alleanza delle cooperative sociali: «Con un po’ di rammarico suscita il constatare che una parte importante del Terzo settore sembra scontare un difetto di consapevolezza. Forse perché siamo tropo ripiegati in una dinamica di relazione con la dimensione pubblica, o troppo occupati nella gestione della quotidianità di servizi che assorbono molte energie»
C’è un interesse crescente sul welfare integrativo da parte di interlocutoria economici e imprenditoriali. Si moltiplicano le iniziative legate al welfare integrativo e del welfare aziendale: nelle ultime settimane si sono distinte due iniziative: il lancio del progetto di welfare aziendale da parte di UBI Banca e la presentazione del secondo rapporto Welfare Index PMI. Il welfare ha definitivamente smesso di essere un tema esclusivo delle politiche pubbliche così come ha smesso di riguardare esclusivamente fasce di popolazione marginale. Il welfare riguarda tutti ed è un potente strumento di sviluppo oltre che un settore fondamentale si investimento e crescita occupazione. Un bene comune a tutto tondo. Che però non può risolversi nella sola dinamica negoziale o di mercato.
Assumendo la piena rilevanza di un bene comune, indispensabile per la tenuta della nostra società, ogni azione di welfare integrativo, anche si nasce da forme di contrattazione tra lavoratori e aziende, deve cercare di mantenere una connessione con la dimensione della responsabilità sociale allargata, indispensabile per evitare che questi interventi, possano involontariamente essere fonte della crescita di ulteriori diseguaglianze nelle possibilità di accesso dei cittadini alla protezione sociale.
Circa il 40% della cooperative sociali, malgrado l'obbligo assunto con il contratto nazionale, non assicurano ai propri lavoratori alcuna copertura di welfare integrativo
In questa direzione un ruolo fondamentale potrebbe essere svolto proprio dalle organizzazioni del Terzo settore, prime fra tutte le cooperative sociali, nella costruzione di un sistema integrato e sussidiario per innovare il welfare nella direzione di un universalismo garantito dalla responsabilità sociale della società civile e degli attori economici in alleanza con i sistemi pubblici.
Tuttavia con un po’ di rammarico suscita il constatare che una parte importante del Terzo settore sembra scontare un difetto di consapevolezza. Forse perché siamo tropo ripiegati in una dinamica di relazione con la dimensione pubblica, o troppo occupati nella gestione della quotidianità di servizi che assorbono molte energie.
Due segnali in particolare confermano questa preoccupazione.
- Primo, il fatto che nella edizione del Welfare Index PMI 2017, che ha aperto anche alle imprese del terzo settore, le risposte per quanto significative si sono limitate a poche centinaia a fronte di decine di migliaia di potenziali organizzazioni interessate.
- Secondo, la percentuale di cooperative sociali che nelle nostre stime sfiora il 40% che, nonostante l’obbligo assunto con il CCNL di assicurare ai propri lavoratori una copertura di welfare integrativo, ancora non hanno dato seguito a questa previsione. Certo molte sono cooperative sociali che non aderiscono alle centrali o che applicano un CCNL diverso, ma certo questo comportamento non sembra coerente con la natura di cooperative sociali che, insieme al perseguimento del interesse generale e del bene comune per le persone servite dai loro servizi, dovrebbero avere altrettanto a cuore la tutela e la protezione sociale dei loro lavoratori.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.