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Relocation, se Bruxelles celebra un flop

Mentre la Commissione europea parla di progressi costanti, con un totale di 16.340 persone ricollocate, il numero dei rifugiati trasferiti da Grecia e Italia in altri Paesi europei impallidisce rispetto all’obiettivo dei 160mila migranti ricollocati entro settembre 2017. Nel frattempo avere accesso a questo strumento è sempre più difficile, in Italia sono 3.500 le persone in attesa di relocation, mentre i migranti nel sistema di accoglienza sono 175mila. Intanto proprio in queste ore la Marina libica parla di un nuovo naufragio con 97 dispersi

di Ottavia Spaggiari

“Progressi costanti” e “un nuovo record mensile”. Di questo parla il comunicato stampa della Commissione europea sui ricollocamenti e reinsediamenti pubblicato mercoledì, eppure, se si guardano bene i numeri, si capisce quanto l’Europa sia ancora lontana dagli obiettivi che si era posta. Se infatti è vero che marzo ha registrato un incremento del 27% rispetto al miglior mese precedente, con più di 1.600 relocation dalla Grecia e più di 800 dall'Italia in altri Paesi europei, con un totale di 2.465 persone ricollocate, è anche vero che queste cifre impallidiscono se confrontate con quello che doveva essere lo sforzo corale dell’UE per fare fronte alla crisi migrazioni.

Il piano iniziale, approvato dal Consiglio Giustizia e Affari Interni a settembre 2015 su proposta della Commissione, infatti prevedeva il ricollocamento di 160mila profughi dall’Italia e dalla Grecia in altri Paesi europei, entro due anni. In realtà, dopo l’accordo con la Turchia del 18 marzo 2016, il Consiglio aveva modificato la decisione e l’obiettivo da raggiungere era sceso al ricollocamento di 98.255 persone. L’accordo prevede infatti che, a partire dal 4 aprile 2016, per ogni siriano rinviato in Turchia dalle isole greche, un altro siriano sia ricollocato dalla Turchia nell'UE. Dall’ultima relazione sarebbero stati reinsediati 1.053 siriani, mentre, secondo l’Unhcr, 1014 persone sarebbero state deportate dalla Grecia in Turchia, Paese giudicato da molte organizzazioni che si occupano di diritti umani, come non sicuro.

Torniamo però in Europa. Ad oggi, a cinque mesi dalla scadenza fissata due anni fa dalla Commissione, le persone ricollocate sono appena 16.340. Di questi sarebbero 5.001 i profughi che dall'Italia sono stati trasferiti in altri Paesi europei e 11.339, quelli che invece sono stati trasferiti dalla Grecia.

Chiaramente non abbastanza, anche se, nel comunicato, la Commissione afferma che in realtà i migranti ancora in attesa di ricollocamento sarebbero un numero molto inferiore rispetto a quanto era stato previsto inizialmente, con appena 3.500 registrati finora per la relocation dall’Italia e 14mila dalla Grecia. Cifre molto lontane da quelle previste due anni fa, che fanno presumere alla Commissione di riuscire a raggiungere presto l’obiettivo di relocation totale e sollevano però qualche dubbio sui criteri di accesso a questo strumento.


Un sistema quello della relocation dunque, che riesce ad intercettare solo una minima percentuale di chi ogni giorno sbarca sulle coste d’Europa rischiando la vita

“Tutto quello che posso dire”, spiega Leo Dobbs, portavoce dell’Unhcr in Grecia che non ha potuto confermare il dato sulle persone idonee al ricollocamento, pubblicato dalla Commissione, “è che secondo i dati del Servizio di Asilo greco, sono state fatte 27.043 richieste di relocatio fino al 7 aprile. Se si sottraggono le 12mila partenze che sono avvenute, la cifra che resta è di circa 15mila persone ancora in attesa.”

Un migliaio di persone di differenza, rispetto a quanto dichiarato dalla Commissione, intorno ad 1/3 dei circa 46mila profughi che, secondo l’Unhcr, si troverebbero in Grecia in questo momento e un numero sicuramente maggiore rispetto ai 3.500 rifugiati registrati al momento in Italia, dove però le persone nel sistema di accoglienza ad oggi sono 175mila.

“Lo scorso anno si era andati molto a rilento, per problemi burocratici e, anche per le resistenze degli Stati Membri, si era creata una vera e propria lista di attesa per la relocation.” Spiega Flavio Di Giacomo, portavoce dell’OIM. “È vero che negli ultimi mesi il sistema dei ricollocamenti è stato velocizzato e il numero di partenze è cresciuto, ma per avere accesso al ricollocamento bisogna rispondere a criteri molto precisi.” Sono giudicati idonei alla relocation, infatti solo le nazionalità che, a livello europeo, abbiano registrato un’accettazione delle richieste di asilo superiore al 75%. “Chi risponde a questi requisiti sono praticamente solo i siriani e gli eritrei, il cui numero di arrivi negli ultimi due anni è diminuito notevolmente. Basti pensare che sui 24.300 arrivi registrati alla fine di marzo, gli eritrei erano appena 577.” Continua Di Giacomo.

Un sistema quello della relocation dunque, che riesce ad intercettare solo una minima percentuale di chi ogni giorno sbarca sulle coste d’Europa rischiando la vita. “I ricollocamenti sono un passo avanti importante, che come OIM sosteniamo,” spiega Di Giacomo, “ancora oggi però, manca uno strumento sicuro per chi rischia la vita in Libia e in mare. Spesso le politiche adottano un approccio basato sulla nazionalità di provenienza delle persone e non sui casi specifici, come invece dovrebbe avvenire. Il problema è che la situazione è molto più fluida e complessa di quanto si pensi.” E la relocation rischia di rimanere solo una goccia nel mare nel sistema di accoglienza made in EU.

Foto: ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images

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