Politica

Reddito di inclusione, Rossini (Acli): risultato storico della “lobby dei poveri”

Il portavoce dell'Alleanza contro la povertà in Italia plaude all'approvazione della legge e all'introduzione, per la prima volta in Italia, di un reddito destinato alle famiglie povere. E anche se molto lavoro resta da fare per scrivere i decreti che attueranno la norma, resta il gran lavoro del coordinamento: non sterile rivendicazione, ma riflessione comune. Un esempio da ripetere

di Gabriella Meroni

Un risultato «storico» ottenuto dalla “lobby dei poveri” grazie all’ascolto di un Parlamento che ha saputo mettere in campo le sue forze migliori. È la definizione sintetica data dal presidente delle Acli Roberto Rossini di quanto successo ieri al Senato, dove il Decreto Povertà è diventato finalmente legge. Una misura fortemente incentivata, quasi “spinta” dall’Alleanza contro la povertà in Italia (coordinamento di 35 organizzazioni della società civile), che oggi per bocca di Rossini, che ne è il portavoce, giustamente festeggia.

Presidente, siete soddisfatti immagino…

Sicuramente sì. L’introduzione anche in Italia del reddito di inclusione è un passaggio storico: eravamo l’unico paese che non aveva una misura strutturale di contrasto alla povertà assoluta, e ora abbiamo colmato questa lacuna. Ci siamo messi in pari, insomma. Anche se non è finita: la legge deve essere completata dai decreti attuativi.

Che cosa definiranno?

Il governo ha tempo sei mesi per arrivare alla definizione di decreti che traducano in pratica questa misura. E occorre fare attenzione, ragionare bene e scrivere norme che davvero rendano possibile l’applicazione di quanto prevede il ddl. In particolare, c’è un aspetto che ci sta a cuore…

Quale?

Il rei non vuole essere un semplice trasferimento di denaro ai poveri, ma un sistema che oltre al contributo in denaro offra servizi alla persona. Nell’ambito del fondo che accompagna la legge, dunque, dovranno essere previsti due capitoli, o due sotto-fondi dedicati l’uno alla misura economica e l’altro alla progettazione e realizzazione dei servizi.

Ma i soldi ci sono?

A regime, cioè per raggiungere tutte le famiglie in povertà assoluta, servirebbero oltre 7 miliardi. Ma non sono necessari tutti subito: ci arriveremo, spero, nel giro di tre anni. Per adesso è importante dare gambe a un piano strutturale di contrasto alla povertà che riguardi tutto il territorio nazionale, superi le sperimentazioni attuate fin qui, incrementi i servizi laddove non ci sono e dia omogeneità agli interventi. In poche parole, serve un vero e proprio piano nazionale.

Un obiettivo ambizioso. Come si realizzerà, soprattutto a livello locale?

È essenziale che nei decreti siano previste forme di assistenza tecnica e operativa a tutti i Comuni coinvolti, da Bolzano a Enna. Si tratta di una normativa complessa da applicare, serve un follow up serio e preciso che tenga conto della specificità delle diverse regioni, che come è noto non sono tutte uguali e non godono delle stesse risorse. Oltre all’assistenza tecnica, è fondamentale anche il successivo monitoraggio che misuri l’efficacia della misura e valuti se il servizio erogato risponde agli obiettivi per cui è stato messo in campo. Un monitoraggio che compete allo Stato ma che anche noi, come organizzazioni dell’Alleanza, ci impegniamo fin d’ora a realizzare.

A proposito di Alleanza, se si è arrivati a questo risultato è sicuramente merito della tenacia di questo coordinamento…

Devo dire di sì: è un traguardo storico che dobbiamo sicuramente ai parlamentari che si sono impegnati per raggiungerlo, e che devo lodare per la grande attenzione e competenza con cui hanno seguito il tema. Però non possiamo dimenticare che la nostra “lobby dei poveri” ha funzionato: per una volta il terzo settore italiano non si è limitato alle parole o alle rivendicazioni ma ha portato un contributo di riflessione e una reale interlocuzione che ha prodotti emendamenti e proposte concrete. Siamo soddisfatti, ma non ci fermeremo qui: la strada da fare è ancora tanta, e la vogliamo percorrere insieme.

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