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Cara UE, sulla Libia non ci siamo
In una lettera aperta rivolta ai Governi dell'Unione Europea, oltre 400 organizzazioni della società civile europee ed africane, esprimono fortissime preoccupazioni sulla direzione intrapresa dall'UE nella gestione dei flussi migratori in Libia. La nuova strategia europea "non porterà nè ad una riduzione di violazioni di diritti umani, nè alla fine delle pratiche dei trafficanti". Leggi l'appello lanciata in Italia al Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, il ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, Angelino Alfano e al ministro dell'Interno, Marco Minniti.
di Redazione
Noi, le sottoscritte organizzazioni non governative, siamo profondamente preoccupate per la direzione delle politiche tra l’Unione Europea e la Libia descritte nella Comunicazione della Commissione sul Mediterraneo Centrale (25.01.17) e confermate poi nelle conclusioni del Vertice di Malta (03.02.17) e dalle Conclusioni del Consiglio Europeo (06.02.17), aventi l’obiettivo di fermare i movimenti migratori attraverso la Libia.
La decisione di trasferire le responsabilità di gestire i movimenti migratori della rotta per la Libia nel Mediterraneo Centrale non porterà nè ad una riduzione di violazioni di diritti umani, nè alla fine delle pratiche dei trafficanti. Al contrario, tutto questo porterà ad un notevole aumento dei danni e della sofferenza.
I piani dell’Unione Europea inaspriranno gli arresti e le detenzioni di migranti in Libia, e aumenteranno il rischio di violazioni dei diritti umani.
Il governo sostenuto dalle Nazioni Unite a Tripoli controlla il potere in misura molto limitata e precaria, e compete con un gran numero di altri attori. L’Unione Europea stessa descrive la Libia come un territorio ‘pericoloso’, e una sistematica violenza nei confronti di migrant e rifugiati è stata ampiamente documentata. Molti report di gruppi di protezione dei diritti ulani hanno descritto le gravi e strazianti condizioni di questi ultimi in territorio libico: stupro, tortura, esecuzioni e altre sofferenze. Le nostre organizzazioni hanno documentato l’esistenza di pratiche di detenzione arbitraria, tortura e altri maltrattamenti negli stessi centri in cui migrant e rifugiati sono trattenuti dopo essere stati intercettati in mare dalla guardia costiera libica.
L’Unione Europea stessa descrive la Libia come un territorio ‘pericoloso’, e una sistematica violenza nei confronti di migrant e rifugiati è stata ampiamente documentata.
La Dichiarazione di Malta promette che l’Unione Europea “lotterà, insieme al UNHCR e al OIM, per assicurare una capacità di ricezione e delle condizioni adeguate per i migranti in Libia”. Tuttavia, in una dichiarazione congiunta rilasciata in vista del vertice informale a Malta, queste organizzazioni hanno dichiarato che "i vincoli di sicurezza continuano ad ostacolare la nostra capacità di fornire assistenza salva-vita, di fornire servizi di base ai più vulnerabili e trovare soluzioni per un reinsediamento, un rientro volontario assistito o autonomo “, lasciando qualsiasi garanzia in relazione al monitoraggio dei diritti umani e al miglioramento delle condizioni di detenzione del tutto vuote.
Date tali condizioni, come possono gli Stati Membri prendersi la responsabilità di trattenere la gente in Libia ? I governi europei non possono far tornare le persone in LIbia senza infrangere il principio internazionale di non-respingimento (le persone rimpatriate potrebbero essere a rischio di venire esposte a serie violazioni di diritti umani).
Quindi riteniamo chele nuove politiche europee, che puntano ad aumentare l’abilità delle autorità libiche di intercettare rifugiati e migranti in mare e riportarli in Libia, rappresentino un chiaro tentativo di eludere gli obblighi internazionali dell’Unione Europea, nella totale inosservanza delle severe conseguenze che migliaia di uomini, donne e bambini si ritroverebbero a subire.
Il finanziamento dei soggetti che effettuano il controllo delle frontiere, comprese le attività di guardia costiera in Libia, incoraggerà soltanto arresti sistematici e detenzione di migranti e rifugiati, condannandoli a maltrattamenti e abusi nelle carceri libiche. Un approccio di questo tipo potrebbe anche potenzialmente impedire a chi fugge dalle persecuzioni di cercare un rifugio sicuro , e condannerà le persone ad ulteriori, inutili sofferenze che costituiscono una diretta violazione dei loro diritti umani
Il finanziamento dei soggetti che effettuano il controllo delle frontiere, comprese le attività di guardia costiera in Libia, incoraggerà soltanto arresti sistematici e detenzione di migranti e rifugiati, condannandoli a maltrattamenti e abusi nelle carceri libiche.
Vorremmo capire con chi hanno intenzione di collaborare i leader europei. Chi monitorerà queste attività se gli enti di guardia costiera operano in maniera del tutto autonoma, con scarso controllo governativo e senza alcuna vigilanza giudiziaria? Ad oggi non esiste alcun sistema che possa accertare le responsabilità di questi enti.
Concentrarsi nuovamente sul contrasto ai trafficanti non impedirà le migrazioni, né fornirà soluzioni per alleviare le sofferenze umane.
L’investimento sostenibile nei paesi d’origine, aprire e rafforzare canali regolari di accesso in Europa è il modo più efficace di affrontare il contrabbando. Per dare beneficio alle popolazioni più vulnerabili, l’assistenza allo sviluppo dovrebbe essere distaccata da qualsiasi obiettivo di controllo migratori.
La decisione presa dai leaders europei di concentrarsi quasi esclusivamente sulla lotta ai trafficanti non ridurrà le migrazioni. Le persone in fuga dalle guerre, vittime di violazioni dei diritti umani o prive di opportunità di sostentamento, continueranno a cercare di raggiungere la Libia e di salpare verso l’Europa a prescindere da quanti trafficanti vengano arrestati. In Niger, per esempio, le persone hanno già iniziato a prendere vie più rischiose, dirigendosi nel deserto prima di arrivare ad Agadez, con i prezzi di contrabbando che aumentano e più possibilità che più persone muoiano.
Aprire e rafforzare canali regolari e sicuri verso l’Europa è basilare per prevenire contrabbando e traffici, e permetterà una drastica riduzione del numero di morti nel Mediterraneo; inoltre, potrebbe portare a una notevole riduzione delle spese europee per ricerche in mare e operazioni di salvataggio.
L’accordo tra Unione Europea e Turchia non deve essere considerato come un buon esempio.
L'accordo UE-Turchia è citato dal vertice di Malta come un “successo”, ma l'unico criterio preso in considerazione è il numero di arrivi, mentre l'immenso costo umano di tale accordo non è stato considerato. Migliaia di rifugiati e migranti rimangono intrappolati nelle isole greche in condizioni disumane e di pericolo, che hanno già causato la morte di molti. È importante sottolineare che migranti e rifugiati da allora sono stati costretti a vie di terra alternative, in diversi casi a costo della vita per ipotermia, nel nord-est della Grecia e in Bulgaria. Queste rotte sono più diffuse, meno “visibili” e raramente fanno notizia, mantenendo intatta l'illusione che l'accordo UE-Turchia abbia di fatto fermato gli arrivi.
Non ci sono prove del fatto che l’UE abbia intrapreso particolari valutazioni sulle potenziali implicazioni delle sue politiche sulle persone che ne sono bersaglio. L'UE deve assumersi la piena responsabilità delle conseguenze delle sue politiche in Libia e del potenziale costo umano che esse comportano.
Pertanto, con la presente, Vi chiediamo di:
- Facilitare la mobilità sicura con l'apertura e il rafforzamento di canali sicuri e regolari in Europa per rifugiati e migranti, anche attraverso il reinsediamento, l'asilo umanitario e i visti umanitari, il ricongiungimento familiare, la mobilità dei lavoratori per livelli di competenza e visti di studio; il diritto di richiedere asilo in qualsiasi circostanza deve essere assicurato.
- Rivedere il piano delineato dal Vertice di Malta per assicurarsi che le misure di tutela dei diritti umani e di rispetto del diritto internazionale siano in atto; assicurare che i diritti umani di coloro che si spostano siano rispettati, indipendentemente dal loro status, come previsto dal Piano d’Azione della Valletta.
- Garantire che le politiche di gestione delle frontiere dell'UE proteggano le persone e i loro diritti, e non abbiano lo scopo di fermare i movimenti migratori. Le libertà fondamentali devono essere sostenute, e le esigenze di sicurezza dei diversi gruppi, tra cui quelli più vulnerabili, devono essere valutate.
- Portare alla luce prove di violazioni dei diritti umani in Libia e fermare qualsiasi azione che possa portare ad un respingimento delle persone verso la costa libica. L'approccio attuale rischia di violare i diritti fondamentali delle persone e lo Stato di diritto, compreso il principio di non-refoulement.
- Valutare accuratamente la situazione dei diritti umani dei migranti e i rischi che devono affrontare in Libia, intraprendere una valutazione oggettiva del reale impatto delle azioni finanziate e coordinate dalla UE e sostenere le agenzie internazionali nel garantire che la Libia compia il suo dovere di difendere i diritti umani.
- Mettere in atto misure specifiche per identificare e proteggere i gruppi vulnerabili, compresi i bambini, i migranti e i rifugiati con disabilità, le vittime di torture o di traffico e quelli a rischio di discriminazione.
Lista delle organizzazioni della società civile firmatarie della lettera:
Act Alliance, Act alliance EU, Action for Equality, Support, Antiracism (KISA), Aditus, Agisra e.V, Aitima, Amici dei Bambini, Amnesty International, Amref Health Africa, ARCI, ARCS Culture Solidali, Asociación Por Ti Mujer, Association Afrique Culture Maroc, Association for Integration and Migration, Association for the Social Support of Youth (ARSIS), Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo (AIDOS), Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI), Associazione Universitaria per la Cooperazione Internazionale (AUCI), Asti, Austrian Red Cross, BAG Asyl in der Kirche , Ban Ying, Caritas Europa, CEFA, Centro Informazione e Educazione Allo Sviluppo Onlus (CIES), CIRÉ asbl, Comunità Volontari per il Mondo (CVM), CONCORD Italia, CONCORD Sweden, Consorzio ONG Piemontesi (COP), Cooperazione e Solidarietà Internazionale (AOI), Cooperazione Internazionale Sud Sud (CISS), Cooperazione per il mondo in via di sviluppo (COMI), Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti (Cospe Onlus), Coordinamento Italiano network Internazionali (CINI), Detention Action UK, European Federation of National Organisations Working with the Homeless (FEANTSA), European Network Against Racism (ENAR), European Network of Migrant Women, Fachstelle Fauenhandel und Frauenmigration (FIZ), Fédération internationale des droits de l'Homme (FIDH), Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario, Greek Forum of Refugees , het Wereldhuis, Immigrant Council of Ireland, International Catholic Migration Commission Europe (ICMC), Jesuit Refugee Service Europe (JRS), La Cimade, La Strada International , Médecins du Monde, Medibüro Kiel e.V., Menedék – Hungarian Association for Migrants, Migrant Rights Centre Ireland (MRCI), Migrant Voice, Missing Children Europe, Naga Onlus, Open Society European Policy Institute, PAX, Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants (PICUM), Prodocs, Progetto Mondo, Red Acoge, Réseau Education Sans Frontières (RESF), Segreteria Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (S.I.M.M.), Serviço Jesuíta aos Refugiados (JRS Portugal), Sonia, Stichting Ros, Stowarzyszenie Interwencji Prawnej, Terre des Hommes, The Research, Centre on Asylum and Migration (IGAM), Un ponte per.
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