Welfare

Base Gaia, il cohousing formato cooperativo

Dopo Torino, Fidenza e San Lazzaro sbarca a Milano l'ultima generazione dell'abitare collaborativo dove l'imprenditore sono le famiglie stesse

di Liat Rogel

Il progetto Basa Gaia di Milano, non è il primo progetto di cohousing di Milano, ma è senz’altro il primo nel suo genere perché è l’esito di un processo autorganizzato dai partecipanti che lo abiteranno. Il primo cohousing di Milano in realtà nasce più di 10 anni fa come esito di un’interessante collaborazione tra un costruttore privato, un’unità di ricerca alla facoltà di design di Milano e cohousing.it. Nasce in seguito ai risultati sorprendentemente numerosi di un questionario che indagava l’interesse dei milanesi al tema dell’abitare collaborativo. Da questa attività si è creata una comunità di interessati che ha portato alla realizzazione vera e propria del primo cohousing in via Donadoni. Questo cohousing, fondamentale per Milano e per l’Italia, ha concretamente portato in risalto una nuova promessa d’innovazione nel mercato immobiliare.

Il cohousing porta innovazione perché ogni abitazione in cohousing è un piccolo laboratorio dell’abitare

Il cohousing è una delle strade più interessanti esistenti oggi per portare innovazione all’abitare. La casa continua a essere pensata e progettata su modelli tradizionali che nel tempo hanno perso attualità. Basti pensare alla formazione del nucleo famigliare e a come questo si modifica negli anni. Basti pensare all’età in cui i giovani italiani lasciano la casa dei genitori. Basti pensare ai modi contemporanei del lavorare e di come questi influenzino la gestione famigliare negli orari e nelle attività. Basti pensare agli anziani. Il cohousing è un “progetto su misura” per le persone, prende in considerazione gli abitanti e le loro esigenze e mette in funzione servizi e spazi collaborativi utili per la gestione della vita quotidiana, del lavoro flessibile e della socializzazione. Per molte persone è il modo migliore di immaginare la propria vita in una città come Milano. Il cohousing porta innovazione perché ogni abitazione in cohousing è un piccolo laboratorio dell’abitare. Introduce spesso una sperimentazione di metodi di costruzione ecologici, di sistemi di riscaldamento all’avanguardia. È un luogo dove si praticano nuove modalità decisionali e di auto-gestione di servizi e spazi. È un reinventare antiche relazioni in chiave moderna. Il cohousing introduce valori relazionali importanti e significativi dell’abitare e dobbiamo augurarci che nell’immediato futuro questi valori vengano assunti dalle pubbliche amministrazioni, dal mondo cooperativo tradizionale, dalla grande imprenditoria privata, per essere diffusi e portati ad ampia scala. Il cohousing è la start-up di un nuovo modo di pensare l’abitare.

Quando l’imprenditore immobiliare sono le famiglie stesse

Base Gaia porta un ulteriore tema d’innovazione al termine cohousing perché ridefinisce le modalità d’ideazione, progettazione e costruzione, in particolare per due aspetti rilevanti:

  • L’imprenditore sono le famiglie stesse: i primi incontri di Base Gaia, in un salotto, per iniziare a parlare di cohousing risalgono a sei anni fa. Sei anni in cui un gruppo di famiglie progressivamente prende coscienza di sé e diventa imprenditore, operatore immobiliare, esperto di urbanistica, impianti e materiali di costruzione. Due anni fa, quattro nuclei, con un atto di coraggio, acquistano un terreno per costruirci una casa adatta a 10-12 famiglie. Il loro coraggio prende corpo dalla consapevolezza che il gruppo ormai non può pensare a un altro modo di vivere in città e perché convinti con la loro visione comune di poter coinvolgere altre famiglie. È un atto audace perché il gruppo ha la forza di pensare non soltanto secondo le tradizionali logiche imprenditoriali e immobiliari ma con una visione innovativa dell’abitare. E ha ragione, perché piuttosto velocemente trova gli altri 6 nuclei famigliari che consentono di completare il progetto.
  • I professionisti che accompagnano il gruppo lavorano in rete: da soli è chiaro che non tutto si può fare, così il gruppo si fa aiutare da professionisti che, a loro volta, collaborano in forma di rete. È impensabile, per progettazioni di questo livello, che il commercialista non parli con l’architetto, o che l’avvocato non sappia cosa sia il cohousing. Servono poi altre figure competenti che aiutino e accompagnino il gruppo nel lavoro di co-progettazione, nella gestione delle dinamiche del gruppo e nella progettazione dei servizi. È in quest’ultima attività che ho avuto la fortuna di conoscere i membri di Base Gaia e condividere in parte il loro processo costitutivo e formativo.

Qualcuno potrebbe sostenere che non ci sia nulla di nuovo. Che in Italia le cooperative di abitanti sono esattamente questo. L’Italia ha infatti una fortissima tradizione cooperativa che, negli anni, ha sviluppato i temi della collaborazione, della solidarietà e degli aspetti ecologici del costruire. In tal senso Base Gaia è una cooperativa che rappresenta il mondo cooperativo nei suoi aspetti più innovativi. Non si tratta quindi di una competizione nel mondo dell’abitare cooperativo ma piuttosto di un rilancio di questo settore in chiave moderna ed ecologica.

Il potere del piccolo e territoriale

Base Gaia è il primo cohousing a Milano che nasce con queste modalità, ma non è il primo in Italia. A Torino, cohousing numero zero, a Fidenza, Cohousing Ecosol, a San Lazzaro, cohousing Mura San Carlo e altri ancora. Ogni progetto ha la sua storia, ogni progetto sperimenta qualcosa di diverso, ogni progetto ha un suo contesto di riferimento. È nata qualche anno fa la rete nazionale cohousing che serve proprio per far conoscere e connettere queste esperienze comuni ma anche così specifiche e “sartoriali”. Tra un paio di settimane promuoveremo un questionario che ha l’obiettivo di avere un’ampia e completa mappatura dell’abitare collaborativo in Italia. La mappatura, che vogliamo presentare durante Experimentdays 2017, offrirà, per la prima volta, una visione completa dell’abitare collaborativo su tutto il territorio italiano. È essenziale creare questa rete, sia perché i progetti riusciti sono di piccola dimensione e di specifica territorialità, ma soprattutto per la loro potenziale apertura e connessione, così da poter lavorare all’innovazione e al miglioramento dell’abitare sociale. Base Gaia apre una nuova strada percorribile ad altri gruppi (che ogni settimana ci scrivono) per portare avanti concretamente la loro idea di casa e di abitare condiviso. L’esperienza di Base Gaia crea dunque dibattito, muove persone e istituzioni, forse cambierà le regole, forse modificherà le politiche. Non è la prima e, per fortuna, non sarà l’ultima.


Liat Rogel, l’autrice di questo articolo è un’esperta di design sociale e collaborativo. Ha ottenuto un dottorato di ricerca in design al Politecnico di Milano con il tema: abitare collaborative. Fondatrice di HousingLab, dove facilita e guida processi di innovazione per l’abitare urbano ed è responsabile in Italia di Experimentdays – fiera dell’abitare collaborativo. Rogel insegna design sociale a NABA, design dei servizi presso Polidesign e innovazione social ad IES Abroad Milano. È appassionata di processi creativi e sviluppo di nuovi strumenti per il pensiero progettuale e le strategie d’innovazione.

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