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A ciascuno il suo ausilio: un corso per sceglierlo

Scegliere l'ausilio giusto per una persona con disabilità non è semplice come si può pensare: bisogna tener conto di tante cose. Serve quindi uno sguardo orizzontale, che l'università ancora non dà. La fondazione don Gnocchi, con la sua esperienza, propone un corso che punta a dare ai professionisti il metodo per valutare l'appropriatezza di un ausilio, coniugando efficacia e risparmio

di Sara De Carli

La scelta dell’ausilio giusto per una persona con disabilità? È una cosa molto più complessa di quanto si potrebbe immaginare, non si tratta di sfogliare un catalogo. «È necessario tenere conto di tre variabili: le caratteristiche della persona, con la sua età, la sua patologia, il modo in cui la persona si pone rispetto alla sua disabilità, gli aspetti medici e clinici; l’ambiente, perché è diverso se l’ausilio serve quasi solo dentro casa o se la persona lavora, va a scuola, frequenta un centro; lo stile di vita», spiega l’ingegner Renzo Andrich, del Centro Innovazione e Trasferimento Tecnologico della Fondazione Don Gnocchi e direttore del corso di alta formazione che la fondazione dedica proprio alle "Tecnologie per l’autonomia e la partecipazione delle persone con disabilità".

Si tratta di un corso di 100 ore, in partenza a febbraio, articolato in tre moduli da quattro giornate ciascuno, con sede a Milano. L’obiettivo è quello di fornire una competenza di base ad ampio spettro sulle tecnologie oggi disponibili per la riabilitazione, l’autonomia, l’integrazione scolastica, lavorativa e sociale: accanto all’aspetto tecnologico e di concreta utilizzazione dell’ausilio, ampio spazio verrà dedicato alle metodologie per la scelta individualizzata delle tecnologie, secondo il concetto di appropriatezza e offrendo strumenti per misurare l’outcome e l’impatto economico dell’intervento.

Ma perché c’è bisogno di un corso? «Incrociare le tre cose che dicevo prima non è facile, occorre un lavoro multidisciplinare. Il medico terapista tende a guardare l’aspetto clinico, il tecnico magari è tentato di guardare solo gli strumenti che esistono, c’è invece bisogno di mettere insieme i diversi punti di vista e il corso cerca proprio di “assemblare” questi punti di vista diversi, in un’unica persona. Oggi questo non c’è nella formazione degli operatori, anche in quelli più vicini ai pazienti, che sono i fisioterapisti e i terapisti occupazionali, in questo senso la formazione universitaria non è sufficiente», spiega Andrich. Il corso quindi come strumento orizzontale, come «chiave di lettura per passare dal bisogno della persona all’individuazione della soluzione giusta per lei»: un tema su cui la Fondazione Don Gnocchi ha 25 anni di esperienza e questo corso specifico che viene proposto fin dal 2002.

“Appropriatezza” d’altronde è una termine molto usato, ma poco praticato. «Vuol dire che l’intervento che si dà alla persona deve essere efficace, cioè risolvere il problema, e questo mette in gioco la misura dell’outcome, ma anche efficiente, cioè usare bene i soldi: se ci sono più alternative possibili, occorre studiare la più efficiente. Questo implica misurare l’efficacia di un ausilio, sul campo, fissare obiettivi chiari e dopo alcuni mesi andare a verificare se quell’ausilio ha funzionato», commenta Andrich. «Questa cultura della misura non è ancora entrata: si dà una soluzione ma non si misura nulla. Noi cerchiamo di dare un metodo per farlo, anche perché potrebbero esserci risparmi. Se l’ausilio viene dato in maniera poco attenta, poi viene abbandonato, accade più spesso di quanto si pensi: è uno speco di risorse, che siano pubbliche o della persona».

A questo link il programma del corso e la domanda di ammissione, che va inviata entro il 31 dicembre 2016.

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