Salute
Riconoscimento del caregiver familiare: gli aspetti controversi
Il lavoro di cura informale, non solo quello “a lungo termine”, andrebbe riconosciuto e valorizzato. Non remunerato ma certamente promosso, tutelato e ridistribuito con criteri di equità. Nessuna norma messa in campo fino ad oggi prende in considerazione né la garanzia di qualità e equità della cura né il diritto all’autodeterminazione
«Perché sostenete un Disegno di Legge che taglia fuori la maggior parte dei caregiver, e ne tutela pochissimi?», da quando abbiamo pubblicato il testo di analisi dei quattro diversi Disegni/Proposte di Legge presentati nei due rami del Parlamento, tra novembre 2015 e marzo 2016, per il riconoscimento giuridico della figura del caregiver familiare, questa domanda, sia pure con parole diverse, ci è stata posta da diverse persone. Il quesito merita una risposta articolata.
Tuttavia, prima di entrare in argomento, vediamo l’antefatto. Il/la caregiver familiare – ovvero colui/colei che, a titolo gratuito, si prende cura in modo significativo e continuativo di un congiunto non autosufficiente a causa di una grave disabilità – è una figura che nel nostro Paese non gode di alcun riconoscimento giuridico né formale né sostanziale (ad eccezione di una Legge Regionale dell’Emilia-Romagna approvata nel 2014). L’atto normativo a cui si riferiscono “i perplessi” è il Disegno di Legge n. 2128, Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare, comunicato alla presidenza del Senato della Repubblica il 5 novembre 2015, che ha come prima firmataria la senatrice Bignami. Gli altri tre Disegni/Proposte di Legge sulla stessa materia sono riportati in calce (si veda in “Riferimenti normativi”). Rimandiamo, per il dettaglio dell’analisi, al testo linkato nel primo capoverso del presente scritto.
Ponendoci in una prospettiva ideale ci sentiamo di affermare che nel nostro Paese tutto il lavoro di cura informale, e non solo quello “a lungo termine”, andrebbe riconosciuto e valorizzato. Non remunerato, questo no, ma certamente promosso, tutelato e ridistribuito con criteri di equità. Occuparsi del lavoro di cura informale solo quando l’impegno e la gravosità sono tali da provocare una sistematica violazione dei diritti umani di chi lo svolge (violazione del diritto ad avere del tempo per sé stessi, per mantenere il lavoro retribuito, per riposarsi, per curarsi in caso di malanno o malattia, per avere una vita di relazione ed, eventualmente, coltivare un interesse), significa disporsi a tamponare le possibili degenerazioni di questa attività, senza tuttavia incidere sull’impostazione familistica del nostro welfare, quella che considera il lavoro di cura un affare di famiglia, e, all’interno della famiglia, delle donne. Va peraltro osservato che non molti sanno con precisione cosa comporta per un caregiver occuparsi di una persona che necessita di un intenso supporto assistenziale (la situazione più gravosa). Per farsi un’idea basta guardare l’immagine dell’orologio scelta per illustrare questo testo: quando le lancette indicano “now” (adesso), quella è l’ora della cura. Questo sistema si regge su una narrazione mistificata del lavoro di cura che non riconosce ad esso alcun valore concreto, e che produce ingiustizie sociali e conflitti tra i generi. È, ad esempio, una comoda distorsione affermare che le donne amino prendersi cura, e che siano “naturalmente predisposte” a farlo. È invece corretto dire che i bambini e le bambine vengono indotti sin da piccoli ad interiorizzare una rigida divisione dei ruoli attribuiti ai generi, e a tramandarla attraverso l’educazione. Un rapporto dell’UNICEF divulgato lo scorso ottobre, mostra che, a livello mondiale, alle bambine tocca un 40% in più di lavoro domestico rispetto ai loro coetanei maschi, un surplus quantificato in 160 milioni di ore al giorno. Sin dalla prima infanzia le bambine sono educate a cucinare, fare le pulizie, raccogliere acqua e legna da ardere, e ad accudire un anziano, un altro bambino o altri membri della famiglia. Se ancora oggi le donne si ritrovano a dover sostenere un doppio onere è per l’assenza dello Stato, e per la latitanza maschile in materia di lavoro domestico e di cura.
Entrando nel merito diversi Disegni/Proposte di Legge inerenti il riconoscimento giuridico del caregiver familiare Brunella Casalini, professoressa associata presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze, osserva: «tutti questi disegni di legge vedono lo stato sostenere lo svolgimento delle attività di cura da parte della famiglia, senza assumersene direttamente il carico. Non mettono, quindi, in discussione la logica del nostro welfare familiare-familistico, facendo gravare ancora la maggior parte dei costi sul caregiver familiare che ci si immagina sia presente e abbia la volontà e la capacità di acquisire competenze di cura o le capacità necessarie a muoversi tra l’intricato mondo della burocrazia italiana, da un lato, e il mercato di servizi di cura, dall’altro. […] È completamente assente in queste proposte sia la questione delle condizioni che potrebbero garantire l’equità e la qualità delle risorse di cura, sia la prospettiva dell’utente del servizio di assistenza, chi riceve le cure, al quale la legge non dovrebbe mancare di assicurare il diritto all’autodeterminazione affinché la relazione di cura non si configuri come paternalistica e oppressiva. Quanti anziani fragili e quante persone disabili preferirebbero non dover gravare sulla loro famiglia? Quante opportunità sono loro concesse di scelte alternative alla famiglia? E, d’altra parte, quale possibilità di scelta ha davvero, all’interno di queste proposte di legge e nella realtà odierna, il caregiver familiare?» (Brunella Casalini, Caregiver familiari, serve un vero riconoscimento, «In genere», 5 maggio 2016).
Da un punto di vista pratico le scelte politiche possono essere operate valutando le opzioni realmente disponibili. Le opzioni concrete riguardo al riconoscimento del caregiver di cui disponiamo attualmente sono ottimali? Certamente no, per le ragioni accennate. Questo vuol dire che possiamo scartarle a priori? Sarebbe un azzardo, per scartarle dobbiamo prima analizzarle. Analizzandole viene fuori che tre dei quattro Disegni/Proposte di Legge sulla materia garantiscono al caregiver familiare un semplice riconoscimento formale, ma nessuna tutela realmente esigibile, mentre il quarto (quello a prima firmataria Bignami), introducendo tutele previdenziali, per malattie e assicurative a carico dello Stato, prefigura un riconoscimento sostanziale. La nota dolente è che chi ha presentato il Disegno di Legge ritiene che non ci siano sufficienti risorse per tutelare tutti i caregiver, ma solo quelli che devono affrontare le situazioni più gravose. Quindi le opzioni reali sono: o un riconoscimento formale per tutti, oppure qualche tutela solo per coloro che stanno peggio. Possiamo permetterci di rigettare le tutele per chi sta peggio perché l’impostazione complessiva del provvedimento non corrisponde a quella che consideriamo ottimale? Ci sembra proprio di no: in situazioni come questa si cerca di portare a casa un qualcosa che è meglio di niente e si lavora per correggere il tiro, ovvero perché il welfare diventi una questione pubblica, e perché sia il caregiver familiare, sia la persona con disabilità (o la persona anziana), siano messi in condizione di autodeterminarsi. Che un altro tipo di organizzazione del welfare è possibile lo mostrano con ogni evidenza le esperienze realizzate in altri Paesi. Si cerca di portare a casa un qualcosa… mentre scriviamo c’è un governo dimissionario e la prospettiva di nuove elezioni. Davanti alla concreta ipotesi di una fine anticipata della legislatura, in realtà la prima cosa da cercare sono i nuovi interlocutori istituzionali.
Simona Lancioni
Sociologa, caregiver familiare, responsabile del Centro Informare un’h di Peccioli
da Uildm.org
Per approfondire
Simona Lancioni, Il riconoscimento della figura del caregiver familiare, «Informare un’h», 17 ottobre 2016 (ultimo aggiornamento: 21 ottobre 2016).
Francesca Martin, Cosa significa rimanere moglie quando irrompe una disabilità nella coppia, «Disabili.com», 24 ottobre 2016.
Beatrice Credi, Le educano fin da piccole che tocca a loro pulire casa, «West – Welfare Società Territorio», 7 ottobre 2016.
Brunella Casalini, Caregiver familiari, serve un vero riconoscimento, «In genere», 5 maggio 2016.
Annalisa Marinelli, La città della cura. Spazi urbani e corpi vulnerabili, «In genere»,17 marzo 2016.
Simona Lancioni, Senza attendere il “dopo (di noi)”, «Informare un’h», 11 febbraio 2016.
Simona Lancioni, Fare finta di riconoscere il caregiver familiare, «Informare un’h», 1 febbraio 2016.
Simona Lancioni e Piera Nobili, Abbi cura di te, per l’empowerment del caregiver familiare, «Gruppo donne UILDM», 23 luglio 2015.
Simona Lancioni, Le resistenze al riconoscimento del caregiver, «Gruppo donne UILDM», 8 giugno 2015.
Simona Lancioni, Il lavoro di cura in prospettiva etica, «Gruppo donne UILDM», 27 aprile 2015.
Brunella Casalini, Etica della cura, dipendenza, disabilità, sito IAPh-Italia (sezione italiana dell’Associazione internazionale delle filosofe), 11 marzo 2015.
Annalisa Marinelli, La città della cura, ovvero perché una madre ne sa una più dell’urbanista, Napoli, Liguori, 2015.
Simona Lancioni, Emilia-Romagna: una delibera per il riconoscimento del caregiver familiare, «Informare un’h», 11 settembre 2014.
Antonella De Gregorio, Ocse, le donne italiane sono quelle che lavorano di più, blog «La 27ª ora», sito del «Corriere della Sera», 6 novembre 2013.
Brunella Casalini, Perché la cura non è un affare di famiglia, «In genere», 12 giugno 2012.
Annalisa Marinelli, Etica della cura e progetto, Napoli, Liguori, 2002.
Riferimenti normativi
Disegno di Legge n. 2266, Legge quadro nazionale per il riconoscimento e la valorizzazione del caregiver familiare, comunicato alla presidenza del Senato della Repubblica il 2 marzo 2016, primo firmatario: Angioni.
Proposta di Legge n. 3527, Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno dell’attività di cura e assistenza familiare, presentata alla Camera dei Deputati il 12 gennaio 2016, primo firmatario: Patriarca.
Proposta di Legge n. 3414, Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno dell’attività di cura e assistenza, presentata alla Camera dei Deputati il 10 novembre 2015, prima firmataria: Iori.
Disegno di Legge n. 2128, Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare, comunicato alla presidenza del Senato della Repubblica il 5 novembre 2015, prima firmataria: Bignami.
Legge Regionale dell’Emilia-Romagna n. 2 del 28 marzo 2014, Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare (persona che presta volontariamente cura e assistenza).
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