Sostenibilità
Innovazione edilizia? Il 15,6% dei comuni italiani ha regolamenti sostenibili
Il primo rapporto “L'innovazione nell’edilizia italiana” dell'Osservatorio E-Lab di Legambiente in partnership con il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ha identificato 1251 realtà comunali che puntano sulla sostenibilità edile
Sono 1251 i Comuni italiani che hanno modificato i propri regolamenti edilizi introducendo parametri di sostenibilità nel settore delle costruzioni. Si tratta del 15,6% dei Comuni con una popolazione coinvolta che sfiora ormai i 24 milioni di abitanti. È quanto emerge dal primo rapporto “L'innovazione nell’edilizia italiana” curato dall'Osservatorio E-Lab di Legambiente e del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.
Il rapporto fotografa la situazione dell’edilizia italiana utilizzando come parametri: l’efficienza energetica (isolamento termico, isolamento acustico, serramenti, tetti verdi, orientamento e schermatura, pompe di calore e caldaie a condensazione, contabilizzazione individuale del calore, ventilazione meccanica, teleriscaldamento), le fonti rinnovabili (solare, termico e fotovoltaico, mini idroelettrico, minieolico e biomasse), il risparmio idrico (la permeabilità dei suoli, il risparmio idrico, il recupero delle acque meteoriche, il recupero delle acque grigie e fitodepurazione), l’innovazione ambientale e tecnologica (materiali locali e riciclabili, raccolta differenziata, piste ciclabili, rifiuti, antisismica), la certificazione energetica e semplificazione. I temi più affrontati rimangono quelli dell’isolamento termico (1038 Comuni), del fotovoltaico (1037) e del solare termico (994).
Per quanto riguarda la diffusione geografica dei regolamenti sostenibili, a primeggiare sono soprattutto le Regioni del Centro-nord Italia con Lombardia (503 Comuni), Toscana (148), Emilia Romagna (139), Piemonte (104) e Veneto (102). Ma anche nel Sud Italia crescono le amministrazioni che introducono nei regolamenti edilizi l’obbligo delle fonti rinnovabili, l’orientamento degli edifici e l’isolamento termico.
«L’interesse nel guardare ai regolamenti», spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, «sta nel fatto che rappresentano uno snodo fondamentale del processo edilizio, perché qui convergono aspetti tecnici e procedurali, attenzioni e interessi, e si incrociano le competenze in materia di urbanistica, edilizia e energia, di Stato, Regioni e Comuni. Tanto che nel corso di questi anni sono molti i Comuni che sono tornati sui propri regolamenti per chiarire alcuni aspetti, alzare l’asticella degli obiettivi e delle prestazioni. Il regolamento edilizio unico, in corso di redazione da parte del governo, dovrebbe porsi come obiettivo di uniformare le definizioni non fermando le innovazioni positive che vengono dai Comuni».
Per Giuseppe Cappochin, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, «per compiere un vero salto di qualità, serve però un cambiamento di prospettiva: i regolamenti devono discendere da una strategia, da un progetto del quale la norma sia uno strumento».
Lo studio ricostruisce anche il quadro dei provvedimenti europei, nazionali e regionali in materia di innovazione energetica e ambientale sottolineando l’importante ruolo svolto dall’Unione Europea attraverso Direttive e finanziamenti. Il rapporto mette anche in luce alcuni problemi: i ritardi con cui l'Italia ha in questi anni recepito le Direttive, la mancanza in molte Regioni di controlli e sanzioni sulle certificazioni energetiche, malgrado le Direttive europee. E soprattutto la carenza di una regia nazionale e di una strategia di riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico, dove costi e sprechi risultano assai rilevanti.
In Italia – segnala lo studio – è nel settore civile che sono aumentati maggiormente i consumi (+33% dal 1994), superando quelli dei trasporti e dell’industria. Inoltre oltre metà delle abitazioni ha più di 40 anni e 5,5 milioni di edifici (tra cui scuole, ospedali e edifici pubblici) si trovano in aree di classe 1 e 2 di rischio sismico, ed è evidente che sono questi gli edifici dove occorre accelerare gli interventi di messa in sicurezza.
C’è poi tutta la partita legata ai 900mila alloggi di edilizia residenziale pubblica (circa il 20% di questi edifici è vuoto perché da ristrutturare), che potrebbero diventare i cantieri ideali per sperimentare una riqualificazione diffusa che permetta di accelerare i processi in tutto il Paese.
«Anche se è arrivato qualche segnale positivo dal governo con, ad esempio, il progetto Casa Italia, resta fondamentale – scrivono ambientalisti e architetti – definire al più presto una regia nazionale per rilanciare il settore edilizio puntando sugli interventi di retrofit di interi edifici, attraverso incentivi e semplificazioni, con obiettivi di miglioramento delle prestazioni energetiche e antisismiche».
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