Welfare
Incentivi e quote comunali, ecco come cambia l’accoglienza migranti
Tre i punti salienti che sanciscono – finalmente – l’abbandono dell’approccio emergenziale al tema dei richiedenti asilo, verso un'effettiva strutturazione: “ogni Comune accoglierà con una quota del 2,5 per mille abitanti, aderendo allo Sprar avrà agevolazioni e sempre meno Cas sul territorio, e con la legge di Stabilità avrà 500 euro all’anno per accolto”, spiega il sottosegretario Manzione. “Recepite le nostre richieste, si premiano i Comuni virtuosi”, aggiunge Biffoni, delegato Anci per l’immigrazione
Dopo mesi, se non anni, di attese e annunci di “cambiamenti importanti”, questa volta ministero degli Interni e Prefetture sembrano andare a passo deciso verso un nuovo capitolo dell’accoglienza ai richiedenti asilo. Tre gli elementi importanti, tutti nel giro di pochi giorni: una circolare a firma del ministro Alfano (dal titolo "Regole per l'avvio di una ripartizione graduale e sostenibile dei richiedenti asilo e dei rifugiati sul territorio nazionale attraverso lo Sprar", in allegato), che mette nero su bianco quello che Anci, Associazione nazionale comuni italiani, associazioni e operatori chiedevano da tempo: “se il Comune aderisce allo Sprar, ovvero al modello di accoglienza del Servizio di protezione richiedenti asilo e rifugiati, otterrà la progressiva diminuzione della presenza di Cas, Centri di accoglienza straordinaria, sul proprio territorio”, sottolinea Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato Anci all’immigrazione. “Stiamo parlando di un tassello fondamentale, perché permette ai Comuni, (capofila dei progetti Sprar, mentre i Cas, vengono imposti dalla Prefettura competente e gestiti da un ente privato assegnatario) di gestire e non subire il fenomeno dell’immigrazione”. Le Prefetture, nel corso dei mesi successivi, si adatteranno a tale regola, come riporta la stessa circolare.
Il secondo punto cruciale sarà annunciato, nei prossimi giorni, da un’ulteriore circolare ministeriale. Che sancirà, novità assoluta a livello istituzionale, una ripartizione di persone accolte, oltre che su quota regionale e provinciale come già avviene, per Comuni: 2,5 ogni mille abitanti per la maggior parte dei Comuni, 1,5 ogni mille per le grandi città (“le aree metropolitane sono già attrattive di per sé per altre forme di immigrazione, per questo la cifra è minore”, suggerisce Biffoni), esenti i Comuni piccolissimi. “E’ una novità ma è nella direzione intrapresa con il Piano accoglienza del 2014”, afferma il sottosegretario agli Interni Domenico Manzione, “rimane il criterio della volontarietà dell’adesione allo Sprar, ma chi aderisce – a oggi 1.200 Comuni su 8mila, ndr – avrà incentivi importanti, concordati proprio con Anci”. La novità principale, di cui si parla da tempo e che arriverà tra poco al traguardo, è lo sblocco del turnover amministrativo, ovvero la possibilità per un ente di assumere un nuovo dipendente al servizio di tutta la cittadinanza “in uno dei settori più esposti in materia, ovvero servizi sociali, anagrafe o Polizia municipale”, indica Biffoni. Allo studio di Anci e ministero un’ulteriore vantaggio economico per i Comuni, che potrebbe finire nella stessa circolare o, in caso contrario, verrebbe rimandato ma non di molto tempo: “stiamo concordando una quota giornaliera di 0,50 euro per accolto che andrà nelle casse comunali”. Una sorta di ‘tassa di soggiorno’, che non porterà però a un nuovo capitolo di spesa, perché sarà drenata dalla quota di 30 euro al giorno per ospite che riceve l’ente gestore, molto probabilmente abbassando il pocket money giornaliero del richiedente asilo da 2,5 a 2 euro.
Ecco, infine, la terza grossa novità degli ultimi giorni, annunciata dal Governo e contenuta nella prossima legge di Stabilità: ogni Comune aderente allo Sprar riceverà 500 euro all’anno per ogni accolto. Un tesoretto che, come le due azioni precedenti, esprime un concetto più che immediato: si premiano i Comuni virtuosi. “Volente o nolente, stiamo parlando di un fenomeno che durerà almeno 20 anni, secondo tutte le stime ufficiali. Ci si deve attrezzare, e noi sindaci lo stiamo chiedendo da tempo al ministero, con cui finalmente, dopo almeno un anno di lavoro, siamo giunti a un buon grado di collaborazione, trovando nella ripartizione comunale la soluzione”, spiega Biffoni. “Le amministrazioni comunali ci stanno mettendo la faccia, e sapere che finalmente abbiamo al nostro fianco in modo convinto il Governo è fondamentale: i cittadini hanno bisogno di risposte, per questo è importante arrivare a premiare l’impegno sull’accoglienza, al di là del fatto che rimanga comunque un obbligo sia morale che basato su Convenzioni internazionali a cui l’Italia aderisce”.
La direzione intrapresa dalle istituzioni potrebbe, a conti fatti, rappresentare una svolta anche dal punto di vista della percezione del fenomeno migratorio? Chissà. Sono sempre di più, infatti, le segnalazioni di amministrazioni comunali in difficoltà nello spiegare ai propri stessi cittadini il perché di una ripartizione a macchia di leopardo delle persone che hanno chiesto asilo in Italia, e che in media devono aspettare 18 mesi per avere una risposta positiva o negativa alla loro domanda. Di certo questo cambiamento poterà più chiarezza, “che però va spiegata ai cittadini, da parte di tutta la politica”, rimarca Biffoni, che come sindaco di Prato ‘accoglie’ oggi 490 persone in vari Cas e 70 in centri e appartamenti Sprar. “Abbiamo la responsabilità, oggi più che mai, di raccontare quello che va bene e quello che non va, anche a livello di gestione, altrimenti tra le persone prevale la confusione è si fanno strada i luoghi comuni, lasciando buon gioco ai politici che usano il tema immigrazione come una clava, additando come capri espiatori le vittime, ovvero chi arriva in Europa alla ricerca di una vita migliore”.
Un lavoro, quello di comunicazione e chiarezza sul tema, che doveva già essere fatto da tempo, se si pensa all’attuale radicamento nell'opinione pubblica di ragionamenti fuorvianti come i 30 euro giornalieri che andrebbero tutti ai profughi – e invece vanno agli enti gestori, con prima voce di spesa, il 40%, destinata a pagare il personale locale coinvolto – o la loro allocazione negli hotel vista come sgarro alla popolazione autoctona, quando invece il numero di persone in alberghi è di poche centinaia su 150mila accolti e, soprattutto, nessun accolto arriva in Italia e in Europa per farsi una vacanza, quanto per iniziare un nuovo progetto di vita, e scambierebbe la stanza d’hotel per una qualsiasi forma di inserimento sociale. “Sia chiaro, si farebbe tranquillamente a meno di un fenomeno immigratorio di questo tipo, perché se non ci fosse significherebbe che tutti stanno meglio dove sono”, conclude il delegato Anci, “ma la realtà dei fatti è questa e non la si può nascondere: farci i conti significa adoperarsi insieme per trovare soluzioni utili alla collettività, ovvero a cittadini e migranti”.
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