Economia

Il comune che vuole rinascere con l’allevamento diffuso

Un comune di 127 abitanti in provincia di Piacenza. Cerignale vuole diventare una cooperativa di comunità perché «è solo grazie a questa forma di impresa nuova ed innovativa che l'economia del comune può ripartire», dice il sindaco Massimo Castelli. E intanto invita ogni cittadino ad acquistare un capo di bestiame...

di Anna Spena

127 abitanti. Un comune piccolo in provincia di Piacenza. «Comune appenninico», dice orgoglioso a Vita.it il sindaco Massimo Castelli, 54 anni, che a Cerignale – tra le sue montagne – è nato e non ha intenzione di vederlo morire. Tutt’altro.

Per questo motivo parla con grande consapevolezza degli aspetti positivi del suo comune, senza mai tralasciare – o far finta di non vedere – quelli negativi. «È triste vedere come la piramide normale della popolazione si sia ribaltata», ci spiega.

«La maggior parte dei nostri cittadini sono anziani e i giovani si contano su una mano; si sentono in minoranza ed essere una minoranza non è mai bello. Però è solo in una comunità così piccola che può esistere una solidarietà e una conoscenza personale che abbatte ogni barriera».

A Cerignale, ad esempio, le persone non si giudicano in base alla loro provenienza; ma sempre rispetto a quello che sono: «Ci sono tante badanti che lavorano in comune e aiutano gli anziani e arrivano dall’Europa dell’est», spiega il sindaco, «nessuno di noi le considera “straniere”».

In comune sono attenti alle esigenze delle persone ma è evidente che bisogna adattarsi ogni giorno con la mancanza di servizi di un territorio che si è spopolato. «L’ospedale più vicino è a 25 chilometri, la scuola a 15. Per questo il comune ha organizzato dei servizi si taxi sociale he si occupa dei vari spostamenti. Abbiamo anche un servizio di giornale sociale: il postino si impegna a consegnare di persona il quotidiano agli anziani che vivono da soli in casa, così se qualcosa non dovesse andare, ci può avvisare in tempo per intervenire. Ma per noi tutto questo non basta».

Massimo Castelli è infatti convinto che migliorare le politiche di welfare è necessario ma non potrà mai configurarsi come la risoluzione del problema: «La gente deve restare in comune e ancora di più deve decidere di tornare a vivere qua. E possiamo raggiungere questo obiettivo solo se torniamo ad investire in quello che ha caratterizzato e ha reso forte queste montagne: l’agricoltura e l’allevamento di bestiame».

L’idea è arrivata lo scorso anno guardano a realtà dell’appennino reggiano come “Briganti del ferreto” e “Valle dei cavalieri” cooperative di comunità che sono state capaci di rimettere in moto la loro economia e diventare esempi virtuosi da seguire.

«Mi sono rivolto alle Confcooperative di Reggio Emila che hanno immediatamente accolto la mia richiesta e insiema a loro lo abbiamo organizzato dei seminare per sensibizzare sul tema. Ci aiuteranno a far diventare Cerignale una cooperativa di comunità. Speriamo di poter essere ufficializzati come tale entro i primi mesi del 2017».

Ma intanto a Cerignale si sono messi già al lavoro. La prima proposta che ha lanciato il sindaco è quella di far comprare ai cittadini un capo di bestiame. «La spesa iniziale per loro potrebbe essere di 300-400 euro. Poi l’animale viene affidato alla cooperativa che lo alleva e lo fa crescere. Nei nostri programmi l’idea è quella di restituire a quello stesso cittadino che ha comprato l’animale per la comunità, una quantità di carne corrispondete alla cifra che ha investito l'anno precedente. Con l’aumento del numero degli animali vogliamo provare a vendere la carne anche alle piccole aziende o alle persone dei comuni limitrofi».

Le cooperative di comunità il sindaco le chiama “una forma di impresa nuova ed innovativa” dove sono le risorse umane che fanno fruttare l’economia. «Ovviamente non ci vogliamo fermare allevamento ma vogliamo ricominciare ad investire nell’agricoltura e creare un raggio d'azione del progetto di 360 gradi: coinvolgere gli artigiani, le botteghe, il turismo.

Qui c’è gente che sta lavorando per ricostruire una vera impresa montana, c’è una comunità coesa che ama il proprio territorio». Castelli è anche convinto di un’altra cosa: «Tutti i luighi per tornare a vivere devono ripartire dall’agricoltura e dalla cura del territorio».

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