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Caro Matteo, su azzardo e terremoto non riproporci un film già visto a L’Aquila
Su ogni tragedia, si leva alto il volo degli avvoltoi. Su ogni tragedia, i signori dell'azzardo tentano di imprimere il loro marchio e mettere il loro logo chiamandolo "solidarietà". Ma è falsa solidarietà, come abbiamo visto dopo il terremoto del 2009 che fu la scusa per introdurre nuovi, terribili, apparecchi mangia soldi. Saprà Renzi resistere alle pressioni dirette e indirette che, in queste ore, tornano a farsi sentire?
di Marco Dotti
Caro Matteo, non riproporci il film già visto a l'Aquila. Un brutto film che, siamo certi, già allora non era piaciuto nemmeno a te. Oggi hai meno tempo e, talvolta, i film te li fai raccontare. Ma non sempre la sinossi è all'altezza. Io tento la mia e ti invito a leggerla.
Nel 2009, dopo il terremoto che lasciò senza casa quasi 80mila persone, quando ancora non avevamo finito di piangere, c'era chi già pensava a soldi, emendamenti e…azzardo. Che cosa accadde? Accadde una cosa molto semplice, chiara oggi a tutti gli italiani, ma già allora chiarissima agli speculatori, agli avvoltoi e a certi loro spalleggiatori che ieri come oggi si aggirano all'ombra dei ministeri: si prese una tragedia e, con la scusa di reperire fondi per porre rimedio ai danni di quella tragedia, si fecero affari. Sporchi affari. Con il Decreto Abruzzo, per la ricostruzione, si introdussero in tutto il territorio nazionale quelle spietate e devastanti macchinette per il gioco d'azzardo tristemente note con il nome di VLT.
Conseguenze? La prima, semplice: a distanza di anni, non un euro di quelli che dovevano arrivare con le licenze per quelle famigerate macchinette è andato alla ricostruzione. Ma questo era facile prevederlo. La seconda, meno semplice da ricordare: quelle macchinette sono rimaste continuano a mangiarsi vite. Anche in Abruzzo, anche all'Aquila dove oggi, tra città e provincia, ci sono 13,2 macchinette da azzardo ogni mille abitanti e 32,8 ogni dieci chilometri quadrati. E a l'Aquila siamo arrivati a un incremento del 72,3% di spesa e sperpero in questa forma di droga di massa.
Un film già vecchio che qualcuno, per interposta persona, vorrebbe riaccreditare proprio ora. Ma, si sa, sciacalli e jene si presentano puntuali a ogni tragedia. Magari proponendo «giocate speciali» o «donazioni» tramite gli stessi terminali di gioco che indebitano migliaia di persone. Sanno come si fa, sanno come si corrompono cose e parole. D'altronde, è il loro mestiere. Prendiamo un dato, caro Presidente: dal Decreto Abruzzo del 2009 che prevedeva "Interventi a favore delle popolazioni colpite" e ha dato il via libera all'invasione delle videolotteries, noi sappiamo che, oggi, ogni abruzzese butta in un anno la cifra di 2.100 euro. Terribile. Chi finirebbe per finanziarla questa "ricostruzione" tramite azzardo? Ovviamente, i tartassati dalla tassa occulta dell'azzardo, come ci ha spiegato il professor Luigino Bruni che, sia detto per inciso, ha vissuto direttamente il dramma del terremoto di due giorni fa.
Amatrice, 24 agosto 2016
Immagine di Filippo Monteforte/AFP/Getty Images
In queste ore ci sarà chi ti suggerisce, chi dà consigli, chi insiste. Chi ti spiega che per "reperire" risorse questa è la strada. Un film già visto dalle parti di quel Ministero che ben conosciamo.
Non dobbiamo permettere che anche un solo centesimo di questo sporco business macchi la reazione solidale, la comunità di destino fiera e libera che ha saputo manifestarsi in queste ore. Ci rimboccheremo le maniche, troveremo il modo, sapremo dire "sì". Ma non mancheremo mai di rispetto a chi non c'è più e a chi è rimasto. Gli staremo accanto, senza mezze misure. Dobbiamo evitare che forze oscure ci ricaccino in un passato di affarismo e piccolo cabotaggio che questo nostro Paese non merita e non ha mai meritato.
Hai detto ieri, in conferenza stampa, mentre ti chiedevano di numeri, ricostruzioni, colpe e colpevoli, che era un'altra la strada e le storie di chi se ne è andato e di chi è rimasto meritano di essere rispettate e raccontate. Le loro relazioni, le loro vite, le nostre relazioni, le nostre vite non sono numeri. Sono vite, appunto. Davanti a queste vite abbiamo un dovere chiaro, preciso, sacro: non farli passare, ricacciarli indietro. Iniziare su un'altra strada. Si può fare, lo puoi fare. Lo possiamo fare. Davvero.
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