Welfare

Torna a crescere il numero dei detenuti in Italia

Secondo il Rapporto Antigone al 30 giugno del 2016 negli istituti di pena ci sono oltre 54 mila presenze, 1.318 in più rispetto a giugno dello scorso anno. E l’incremento è dovuto all’aumento delle misure di custodia cautelare

di Redazione

Torna a salire il numero dei detenuti presenti negli istituti di pena italiani. A lanciare l’allarme è l’associazione Antigone che questa mattina ha presentato un bilancio di metà anno durante una conferenza stampa tenutasi alla Camera dei deputati. Sebbene i numeri siano lontani dal record di popolazione detenuta raggiunto il 30 novembre del 2010 quando nelle carceri si contavano 69.155 ristretti, i dati aggiornati al 30 giugno di quest’anno fanno segnare un incremento di 1.318 unità in un anno. Al 30 giugno 2016 i detenuti erano 54.072, mentre erano 52.754 alla stessa data del 2015. La capienza regolamentare secondo il ministero della Giustizia, invece, è ancora insufficiente ed è pari a 49.701 posti, mentre gli istituti di pena diminuiscono: in 6 anni gli istituti penitenziari sono passati da 209 a 193 per esigenze di razionalizzazione.

L’aumento della popolazione penitenziaria riguarda essenzialmente la quota dei detenuti in custodia cautelare. “I numeri salgono a legislazione invariata – spiega Antigone – e nonostante non crescano i numeri delle denunce pervenute all’autorità giudiziaria”. Complessivamente sono 18.908 i detenuti in custodia cautelare, pari al 34,9 per cento della popolazione detenuta. Al 30 giugno del 2015 erano 17.830, pari al 33,7% della popolazione reclusa. Dunque vi è stata una crescita dell’1,2 per cento. “E’ qui la spiegazione della crescita globale della popolazione detenuta nell’anno trascorso – spiega il rapporto -: crescono i presunti innocenti. I detenuti in custodia cautelare sono complessivamente cresciuti di 1.078 unità, ovvero la quasi totalità dei 1.318 detenuti in più nell’ultimo anno”. Secondo il rapporto di Antigone, inoltre, al 30 giugno 2016 erano 9.120 i detenuti in attesa di primo giudizio. Erano 8.878 al 30 giugno 2015. Di questi 4.566 i detenuti appellanti, contro i 4.618 del 30 giugno 2015, mentre sono 3.841 i ricorrenti in Cassazione al 30 giugno 2016, contro i 3.107 di un anno prima. Cresce anche il numero dei detenuti con più posizioni giuridiche contemporanee, 1.381 contro i 1.227 dell’anno precedente.

Per Antigone, occorre ridurre l’impatto della custodia cautelare “attraverso la concessione di misure alternative per chi ha meno di tre anni di carcere da scontare, attraverso un uso ridotto dello strumento disciplinare che incide negativamente sugli sconti di pena, attraverso una nuova disciplina delle droghe”. Sebbene i numeri parlino di un trend in crescita per quanto riguarda le misure alternative, in termini assoluti si tratta di dati non ancora soddisfacenti. Secondo Antigone, infatti, al 30 giugno 2016 erano 23.850 le persone in misura alternativa. Erano 23.377 un anno prima. “I numeri delle misure alternative crescono lievemente – spiega il rapporto -, come hanno fatto anche negli anni precedenti, ma rimangono tuttavia troppo bassi rispetto alle potenzialità. Se fino al 2010 il numero delle persone in misura alternativa cresceva insieme al numero delle persone detenute, aumentando complessivamente il numero delle persone sotto queste forme di controllo penale, solo dal 2010 in poi le misure alternative hanno cominciato a erodere i numeri del carcere”.


Secondo lo studio, a determinare un’inversione di rotta è stata la legge 199 del 2010, che consentiva di scontare l’ultimo anno di pena (alzato poi a un anno e mezzo nel 2010) in detenzione domiciliare. “La detenzione domiciliare è la misura alternativa che comporta meno impiego di risorse da parte dell’amministrazione – spiega Antigone -, ma è anche quella dal minor valore in termini di reintegrazione sociale. È necessario che si investa maggiormente nel sistema delle misure alternative alla detenzione come autentica alternativa a una visione carcerocentrica”.

Secondo il rapporto, sono 19.812 detenuti che devono scontare una pena residua inferiore ai tre anni e dunque potrebbero accedere alle misure alternative. “In termini percentuali – spiega Antigone -, il 56,2 per cento dei detenuti condannati in via definitiva deve scontare una pena breve facilmente sostituibile con una misura diversa dal carcere”. Stabili le percentuali sui reati commessi durante una pena alternativa. Nell’anno 2015 lo 0,79 per cento delle persone che scontavano una misura alternativa ha commesso un nuovo reato. E’ stato lo 0,76 per cento nel 2014 e lo 0,92 per cento nell’anno precedente.
“Percentuali irrisorie – spiega Antigone -, a testimonianza del fatto che investire sulle misure alternative conviene e non mette a rischio la sicurezza”.

Per tale ragione, Antigone chiede all’Amministrazione penitenziaria di destinare entro il 2020 il 20 per cento del bilancio del Dap in misure alternative. “Oggi per queste misure l’Amministrazione penitenziaria spende meno del 5 per cento del proprio bilancio – spiega il rapporto -. La parte più avanzata del nostro sistema di esecuzione delle pene dunque è anche di gran lunga quella con meno risorse. I soldi servono tutti per il carcere”.
In crescita, infine, i dati dello strumento della messa alla prova, che dal 2014 è stato esteso anche agli adulti mentre prima era applicabile solo per i minorenni: vedeva coinvolte allo scorso 30 giugno 8.560 persone adulte (erano 3.969 al 30 giugno 2015). Altre 10.773 erano sotto indagine da parte dei servizi sociali per decidere dell’applicabilità dell’istituto (erano 9.633 un anno prima).

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