Economia
Quella lezione di don Sturzo su cooperazione e impresa sociale
A pochi giorni dal via libera alla legge delega sulla Riforma del Terzo settore rileggiamo il primo editoriale de "l'Italia cooperativa" firmato dal fondatore del Partito Popolare Italiano: «Ormai i fatti ci provano che si può trasformare intere regioni in una rete di cooperative così fitta da non esserci più luogo per le imprese a scopo di lucri capitalistico»
di Redazione
Il 27 marzo 1946 don Luigi Sturzo firmava l’editoriale del primo numero de “l’Italia cooperativa”, l’organo di Confcooperative che sarebbe uscito poco meno di un mese dopo, il 25 aprile. Si tratta di un testo (in allegato la versione integrale) che segna un cambio di paradigma in un momento storico unico. «Il mio augurio», questo l’incipit dell’editoriale, «è che “l’Italia cooperativa” sia non solo il titolo del settimanale che riafferma l’idea e la pratica della cooperazione fra gli italiani, ma l’insegna per il futuro del nostro paese».
Una prospettiva riformistica dalla portata universale che – per chi l’ha seguita dalla genesi sino all’approvazione della legge delega sul Terzo settore (vedi nelle correlate) – richiama le istanze che hanno portata il Parlamento a formulare una nuova veste per l’impresa sociale. Ancora Sturzo: «…lo spirito della cooperazione abbraccia ogni ramo di attività perché fa appello alla fratellanza umana e alla collaborazione reciproca…Ormai i fatti ci provano che si può trasformare intere regioni in una rete di cooperative così fitta da non esserci più luogo per le imprese a scopo di lucri capitalistico; e che anche si possono avere, in forma cooperativa, grandi imprese industriali, dove il profitto va a vantaggio dei produttori e consumatori insieme uniti. Queste larghe e promettenti esperienze si sono ormai inserite con la economia capitalistica al punto di formarvi delle zone veramente libere e franche».
Per Sturzo questo nuovo modello aveva il compito di «rifare il nostro Paese sano e prospero sulla base della sua intima potenzialità che è principalmente la potenzialità del lavoro in cooperazione e in convergenza di interessi», quindi «riprendere l’attività cooperativa, con adeguata preparazione tecnica, con larghe vedute economiche e appoggi politici è il dovere dell’oggi per il domani. Il domani sarà nostro quando l’Italia, risanata e rifatta, potrà riprendere le tradizioni gloriose delle sue maestranze, dei suoi artigiani e dei suoi primi cooperatori e dare al lavoro d’insieme, un impulso così largo da potere veramente realizzare il sogno di un “Italia cooperativa”».
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