Mondo

Migration compact. Caro Matteo, giusta la direzione ma ci vuole coerenza

In una lettera inviata al Presidente del Consiglio, la piattaforma delle ONG italiane Concord Italia commenta il migration compact valutando positivamente la centralità della dimensione esterna e strutturale nella gestione dei fenomeni migratori che toccano l'UE. Ma la cooperazione internazionale con i Paesi Terzi non deve essere piegata a finalità di sicurezza. Diritti umani e democrazia, violati nell'accordo UE-Turchia, vanno rispettati.

di Francesco Petrelli (Concord Italia) e Andrea Stocchiero (Gruppo Immigrazione)

Gentile Presidente del Consiglio,

Concord Italia ha letto con attenzione la proposta del “Migration Compact” e le sottopone le seguenti considerazioni e proposte.

Vediamo positivamente il fatto che la proposta italiana tenti di smarcarsi da un approccio eurocentrico che ha finora affrontato il tema delle migrazioni internazionali come una questione di politica interna all’UE e di carattere sostanzialmente emergenziale: la consapevolezza sulla centralità della dimensione esterna e sulla natura strutturale del fenomeno migratorio, crediamo sia fondamentale.

La natura strutturale del fenomeno migratorio si deve a cause profonde che non sono riducibili a una questione di investimenti e finanziamenti, pur essenziali, per creare occupazione e migliori condizioni di vita in Africa. Ricordiamo che ogni anno oltre 500 miliardi di dollari escono dall’Africa attraverso i canali illegali dell’evasione e le mille forme dell’elusione verso i paradisi fiscali, così come attraverso le pratiche di “mispricing” da parte di imprese multinazionali, a cui si collegano le misure di “accaparramento delle terre” e di estrazioni di risorse naturali. Tutti questi fenomeni forzano le popolazioni locali a migrare. La mancanza di libertà e democrazia di regimi di tipo oligarchico, purtroppo sostenuti anche da governi europei per interessi economici, provocano persecuzioni e fughe di persone e comunità. Le diseguaglianze, la mancanza di lavoro e di reti di protezione sociale (welfare), la corruzione e la concentrazione di ricchezze e potere, lo sfruttamento dell’ambiente, sono le fonti dell’insicurezza umana e delle migrazioni.

Ricordiamo che ogni anno oltre 500 miliardi di dollari escono dall’Africa attraverso i canali illegali dell’evasione e le mille forme dell’elusione verso i paradisi fiscali, a cui si collegano le misure di “accaparramento delle terre” e di estrazioni di risorse naturali. Tutti questi fenomeni forzano le popolazioni locali a migrare.

Come lei ben scrive nella lettera di accompagnamento alla proposta, occorre una più ordinata e strategica gestione del fenomeno migratorio, a cui noi aggiungiamo delle politiche estere e di sicurezza dei paesi europei. La mancanza di solidarietà interna dei paesi dell’Unione si rispecchia nella mancanza di una politica estera comune, che scontiamo a partire dagli scenari di guerra che provocano tragedie e flussi di rifugiati.

Siamo con lei nel sostenere più cooperazione, ma come insegna la nostra esperienza sul campo, sono poco utili progetti, investimenti e finanziamenti se non sono accompagnati da politiche coerenti a favore dello stato di diritto, la difesa e promozione dei diritti umani, l’empowerment delle comunità locali e della democrazia, politiche commerciali e regolamentazioni finanziarie trasparenti e giuste.

Il messaggio politico non può risolversi in più finanziamenti in cambio di un contenimento dei flussi migratori. Non funziona sia politicamente che operativamente perché non interviene sulle cause strutturali. O meglio, può funzionare solo nel breve periodo, rimanendo sempre soggetti a forme di ricattabilità e ritorsione da parte delle oligarchie dei paesi terzi, calpestando nel contempo i valori fondanti europei e il diritto alla vita delle persone. I recenti avvenimenti delle ex primavere arabe lo dimostrano chiaramente.

Ci preoccupa il fatto che nella proposta italiana il modello prospettato sia l’accordo EU-Turchia: l’approccio di tale accordo, infatti, è quello di fermare le migrazioni ai confini dell’Europa, delegando ad un governo “problematico” la gestione del fenomeno.

Per questo che ci preoccupa il fatto che nella proposta italiana il modello prospettato sia l’accordo EU-Turchia: l’approccio di tale accordo, infatti, è quello di fermare le migrazioni ai confini dell’Europa, delegando ad un governo “problematico” la gestione del fenomeno, a costo della violazione del diritto dei richiedenti asilo alla protezione internazionale. Crediamo invece che le migrazioni internazionali non vadano fermate, ma vadano gestite, con strumenti condivisi di programmazione congiunta, generatori di impatto sociale e tracciabilità dei processi, assicurando il rispetto dei diritti umani.

L’alternativa strutturale ci pare sia quella di dialogare strettamente e sostenere con maggiore forza i governi impegnati in transizioni democratiche e nella costruzione dello stato di diritto, ad esempio come la Tunisia, così come le forze locali della società civile, comprese le diaspore africane, impegnate per lo sviluppo e la libertà delle comunità locali nei paesi più in difficoltà. Come sottolineato nel “Migration Compact” occorre una co-ownership, che deve però essere fondata su valori comuni e considerare il punto di vista e le proposte della società civile sulle questioni di sviluppo, sicurezza, regolazione finanziaria e commerciale, e quindi le migrazioni.

Le ricordiamo inoltre che la cooperazione internazionale non deve essere piegata a finalità di sicurezza che non le sono proprie. Essa deve rispondere prioritariamente agli obiettivi di sviluppo definiti in sede europea, agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 (tra cui l’obiettivo 10.7 su una migrazione equa, sicura e responsabile) e all’obbligo di Coerenza delle politiche per lo Sviluppo stabiliti nei trattati europei (articolo 208 TFEU). Non esiste invece nessuna base normativa che permetta di utilizzare la cooperazione allo sviluppo per implementare accordi di riammissione o i ritorni dei migranti irregolari.

L’alternativa strutturale ci pare sia quella di dialogare strettamente e sostenere con maggiore forza i governi impegnati in transizioni democratiche e nella costruzione dello stato di diritto, ad esempio come la Tunisia.

Concord Italia crede che sia necessario evitare la distrazione di fondi da politiche di sviluppo a politiche di controllo delle migrazioni: riorientare, ad esempio, i fondi EDF e DCI, così come trasferirli nel Trust Fund for Africa, infatti, rischia di sottrarre risorse a paesi impoveriti, qualora essi non siano origine o transito di importanti flussi migratori. La proposta italiana potrebbe contribuire a identificare un meccanismo che permetta di tracciare l’uso e la destinazione dei fondi di cooperazione allo sviluppo, così come un loro migliore coordinamento, considerata la grande sovrapposizione di diverse iniziative lanciate in questo ultimo anno.

Nella Sua proposta viene posta giustamente la questione della sicurezza nella fascia saheliana. La “law enforcement” in quest’area non dovrebbe essere europea ma dei paesi locali, a livello di comunità locali, rispondendo ai bisogni dei migranti. Per questo le proponiamo un piano speciale di cooperazione civile transfrontaliera tra comunità locali per accrescere le loro capacità di accoglienza e condivisione di prospettive migratorie consapevoli e protette.

Le misure di gestione dei flussi e di sicurezza devono avere una forte dimensione “Sud-Sud”. Basti ricordare che i maggiori flussi dal Corno d’Africa non riguardano la rotta verso l’Europa ma quella verso i paesi del Golfo arabo, così come le migrazioni intra Africa occidentale, senza dimenticare l’area del vicino oriente ed asiatica. Per questo l’Italia con l’UE dovrebbe farsi promotrice di una forte iniziativa per un dialogo strutturato sulle politiche migratorie e di sviluppo a livello regionale e delle Nazioni Unite in vista del vertice di Settembre 2016.

Le misure di gestione dei flussi e di sicurezza devono avere una forte dimensione “Sud-Sud”. Basti ricordare che i maggiori flussi dal Corno d’Africa non riguardano la rotta verso l’Europa ma quella verso i paesi del Golfo arabo.

Infine l’Europa dovrà trovare una necessaria coerenza tra dimensione esterna ed interna (più reinsediamenti, ricollocazioni, canali umanitari e regolari in una prospettiva di sviluppo della stessa Europa), perché la politica estera e di cooperazione non sarà mai in grado di sostituire una politica di immigrazione comune europea: le cose devono andare assieme.

Certi della sua disponibilità, confidiamo che questo nostro contributo possa trovare approfondimenti e condivisioni con il Suo governo. Da parte nostra lo porteremo all’attenzione del Consiglio Nazionale per la Cooperazione allo Sviluppo per una discussione franca e costruttiva.

Francesco Petrelli- Portavoce di Concord Italia

Andrea Stocchiero-Coordinatore Gruppo Immigrazione

Aderiscono a Concord Italia:
ActionAid, Amici dei PopoliAmici dei Bambini, AIDOS, Amici del Mondo.it, AMREF, Annulliamo la distanza, ARCS, AUCI, AVSI, CBM, CEFA, CIAI, CIES, Centro per la formazione e la solidarietà internazionale, CIPSI Solidarietà e cooperazione, CISP, Centro Mondialità e Sviluppo Reciproco, Congass, COOPI, Consorzio ONG piemontesi, COSPE, CPS, CREA, CRIC, Medici con l’Africa CUAMM, Dokita, Centro Elis, ENGIM, FOCSIV, Fratelli dell’uomo, Green cross Italia, GVC, Halieus, IPSIA-ACLI, ISCOS CISL, LTM, Mani Tese, MLFM, Non c’è pace senza giustizia, Nexus, OIKOS, OXFAM, PRODOCS, Istituto Progetto Sud, Psicologi per i popoli nel mondo, Ricerca e Cooperazione, Semi di Pace International, SONIA, Terra Nuova, We World

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.