Welfare

E se nascesse l’agenzia Italiana per le adozioni internazionali?

L'onorevole Anna Rossomando (Pd) sta per depositare una proposta di legge per l'istituzione dell'Agenzia italiana per le adozioni internazionali. Ha accettato di anticipare a Vita i contenuti: immagina una Arai diffusa su tutto il territorio nazionale, che si affianca agli enti autorizzati. Trasparenza, coordinamento con tutti i servizi pubblici e autorevolezza con i Paesi esteri sarebbero i suoi punti di forza

di Sara De Carli

«Istituzione dell'Agenzia italiana per le adozioni internazionali» titola così la proposta di legge 3635, presentata il 25 febbraio 2016 dall’onorevole Anna Rossomando. L’onorevole ha accettato anticipare a Vita qualche contenuto, pur precisando che «siamo ancora in una fase molto iniziale, aperta a tutti i contributi». Il testo della proposta di legge non è ancora stato depositato, ma l’idea è quella di creare un’agenzia pubblica nazionale sul modello dell’Arai, l’Agenzia regionale per le adozioni internazionali della Regione Piemonte, il primo e unico servizio pubblico in Italia per le adozioni internazionali (operativa in cinque regioni), accanto a 61 altri enti autorizzati.

«La mia proposta nasce da alcuni fatti ed esperienze concrete», spiega l’onorevole, anch'essa torinese, «e la prima è proprio l’esperienza consolidata di Arai, l’unica agenzia pubblica che opera nel settore. È un’esperienza positiva che mette al centro l’idea che l’adozione internazionale deve essere percepita e praticata come un fatto pubblico collettivo. Arai gestisce la fase di preparazione delle famiglie, è presente nei paesi e segue il post adozione, che è un servizio fondamentale rispetto alla cui necessità si sta prendendo sempre più consapevolezza». L’onorevole immagina un’Agenzia incardinata «presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, come ora, so che c’è una discussione sull’opportunità di portare le adozioni internazionali sotto il Mae, quando se ne discuterà si vedrà. Io immagino una sede legale a Roma, magari salvaguardando l’esperienza del Piemonte».


E gli enti autorizzati? Come si rapportano con questa nuova agenzia? «L’idea non è quella di sostituirsi agli enti privati ma di un affiancamento», dice l’onorevole, poiché «il concetto di sussidiarietà è qualcosa che stiamo finalmente imparando a praticare, è una visione più avanzata di quello che poteva essere una volta il rapporto fra pubblico e privato». Pur sapendo – aggiunge – che «l’Italia ha 62 enti, un numero elevato rispetto a tutti gli altri Paesi, una cosa che va affrontata».

Il secondo dato concreto da cui nasce l’idea di Agenzia nazionale dell’onorevole Rossomando sono le criticità che si registrano sul fronte adozioni internazionali, «sia nei numeri sia nelle situazioni critiche che si determinano nei Paesi di origine: quando ci sono delle criticità è opportuno che ci sia una struttura pubblica di interlocuzione, ci sono anche Paesi che chiedono espressamente di interloquire con un soggetto pubblico».

E poi c’è «una questione di tracciabilità e trasparenza costi», «essendo ente pubblico potrà offrire i servizi anche alle famiglie che hanno più difficoltà di reddito, i servizi potrebbero costare una cifra diversa a seconda dell’Isee delle famiglie», «garantisce omogeneità di prassi e trattamenti», avrebbe «una interlocuzione con tutti i soggetti pubblici interessi, dai servizi alle autorità giudiziarie, questa è una delle funzioni tipiche del pubblico, il coordinamento».

«Si aggiunge, non è sostitutiva», ripete l’onorevole. Resta anche la CAI, ovviamente, «che ha un’altra funzione». L’intenzione «è quella di estendere a tutta Italia una buona pratica come quella di Arai, in Italia abbiamo molte esperienze virtuose, basta estendere quelle». Una Arai su tutto il territorio nazionale, quindi? «Sì, possiamo dire così, questa è la proposta. Una cosa semplice».

L’onorevole Rossomando sta mettendo a punto gli ultimi dettagli della sua proposta di legge e raccogliendo le adesioni di altri altri colleghi. Il testo sarà depositato verosimilmente subito dopo Pasqua.

Foto Roberto Schmidt, Getty Images

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