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Alleanza cooperative: Dopo la Carta dell’accoglienza, ora lo Sprar obbligatorio
Intervista al presidente di Lombardia welfare, Massimo Minelli: «Il 51% degli asilanti in Regione è ospite presso le strutture che hanno sottoscritto la Carta. Dobbiamo chiedere che ogni Comune attivi progetti del Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati, nello stesso tempo devono scomparire i Cas, Centri di accoglienza straordinaria: i primo sono trasparenti e virtuosi a livello economico per il territorio, i secondi fuori controllo e nelle mire di chi pensa solo a guadagnare sui migranti»
Le cifre del Rapporto governativo sull’accoglienza in Italia parlano chiaro: la Lombardia, nel 2015, era la Regione al top del numero totale di richiedenti asilo accolti, con 13.902 presenze. E lo è tuttora (ma per i preoccupati di una fantomatica – e cavalcata politicamente – invasione, occhio al punto di vista: in rapporto al numero di abitanti regionali, la Lombardia è tra le ultime). “La cooperazione sociale ha garantito 5100 posti letto, da cui sono passati 7mila, migranti, il 51% degli arrivi in Regione”, sottolinea Massimo Minelli, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane Lombardia Welfare. Alleanza composta da 30 coop (tra cui il Consorzio Farsi prossimo), 24 delle quali hanno lanciato la Carta della buona accoglienza (in allegato), composta da sei punti cardine per offrire un servizio trasparente ed efficace. A esse se ne sono poi aggiunte altre quattro, arrivando a 28 enti coinvolti e operanti in 10 delle 12 Province lombarde, ovvero più del 90% del territorio.
Che impatto concreto ha la Carta lombarda dell’accoglienza?
La Carta è uno strumento politico di azione indispensabile, che sancisce i doveri di una corretta accoglienza e propone garanzie per un servizio che vada a beneficio di tutti, migranti come cittadini. Con la Carta abbiamo fatto un grosso passo in avanti, che ora si sta pensando di replicare a livello nazionale, in particolare come Confcooperative ma anche come Alleanza. Oltre a questo, comunque, ora è tempo di fare un altro passo altrettanto significativo: aderire il più possibile a bandi di progetti Sprar – Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati – e fare pressione per disincentivare l’apertura di Cas, Centri di accoglienza straordinaria, che a causa dei minori controlli sono ambiti da chi vuole usare i migranti per farne un business, per guadagnare sulla loro pelle e su quella dei cittadini.
In che senso propone di aderire il più possibile a progetti Sprar?
L’ultimo bando che si è chiuso a febbraio ha visto molti posti rimasti vuoti, si parla di almeno 4mila su 10mila. Pochi i Comuni aderenti, capofila dei progetti, poche le cooperative che si sono proposte per collaborare. Ma la direzione deve essere questa, perché è la strada che funziona meglio per rendere virtuosa l’esperienza: sia in termini di trasparenza economica, dati gli accurati controlli ministeriali sui progetti, sia come ricaduta sul territorio, dato che molti servizi, a partire dall’impiego di personale locale ma anche le spese per gli affitti così come per gli acquisti dei beni di prima necessità vengono effettuati sul posto. Visto l’impatto positivo di vari progetti Sprar che seguo, se fosse per me renderei obbligatorio almeno un progetto per ogni Comune.
Che effetto avrebbe l’obbligatorietà?
Convincerebbe i Comuni che è lo strumento giusto. E farebbe ridurre drasticamente la presenza di Cas, che a dirla tutto dovrebbero scomparire, perché sono fuori controllo dal punto di vista economico: mentre le ispezioni per lo Sprar prevedono almeno 3-4 giorni di presenza di ispettori ministeriali nelle nostre cooperative, per la rendicontazione dei Cas, dati in gestioni ai privati direttamente dalle singole Prefetture, bastano generiche fatture. È inammissibile, anche perché nel tempo si assiste a un altro fenomeno: in occasione dei bandi prefettizi per nuovi Cas, si presentano sempre di più enti gestori che provengono da lontano, fuori Regione. Il rischio che diventi ancora di più un’occasione di guadagno per chi opera in modo disonesto è molto alto.
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