Politica
La cosmopolitica del Terzo settore
La sintesi del dibattito alla kermesse romana firmata dal coordinatore del laboratorio sul Terzo Settore e membro dell'assemblea nazionale di Sel
Sono arrivati a Roma da ogni parte d’Italia, in migliaia, nell’ultimo fine settimana per “Cosmopolitica”, l’appuntamento promosso da Sel – Sinistra Italiana insieme a tante altre associazioni e movimenti con l’obiettivo di dare vita ad una nuova, grande e unitaria forza politica della sinistra nel nostro Paese. Già il nome dato all’appuntamento, tenutosi al Palazzo dei Congressi dell’EUR, segnala l’ambizione, al contrario di una politica sempre più asfittica e indecifrabile, di un respiro largo, di uno sguardo sul mondo e sulle sue contraddizioni terribili, sulla ricerca delle ragioni di fondo che rendono necessario e utile questo atto fondativo. Così per tre giorni le discussioni in assemblea plenaria si sono alternate a sessioni tematiche sulle questioni più rilevanti (dall’immigrazione al ruolo dell’Europa, dal modello di sviluppo ai cambiamenti climatici, dalla crisi democratica al lavoro) al confronto articolato in 24 laboratori tesi ad approfondire singoli argomenti. Uno di questi, tra gli invitati anche il portavoce del Forum Pietro Barbieri, ha visto la partecipazione di diversi esponenti del mondo dell’associazionismo e del volontariato, della cooperazione sociale e delle ONG di sviluppo ed è stato dedicato al futuro del Terzo Settore.
Con il suo ultimo censimento l'Istat ha rilevato la presenza in Italia di 301.191 organizzazioni non profit attive che danno lavoro a circa un milione di persone e possono contare su oltre 4 milioni di volontari. Rispetto al precedente censimento il terzo settore è cresciuto in Italia negli ultimi dieci anni del 28% e in termini di occupazione addirittura del 39%. Dati in assoluta controtendenza rispetto alla situazione generale del Paese. Tutela dei diritti, solidarietà, assistenza, promozione sociale e culturale, innovazione sono alcuni degli ambiti nei quali il non profit si è distinto e ha dato il suo contributo nella lotta all'esclusione sociale e nella valorizzazione del capitale sociale. Non è stato un caso, quindi, se il Premier Renzi, al momento del suo insediamento, tra le prime grandi riforme annunciate inserì (13 maggio 2014) proprio quella del terzo settore, suscitando in quel mondo ampi consensi. Le contraddizioni nell'impianto proposto dal governo erano tante, come proprio Sel aveva fatto presente, e non a caso ancora oggi (principalmente per le difficoltà interne al PD), a quasi due anni da quell'annuncio, la riforma tanto pubblicizzata è ancora bloccata al Senato e nel mondo del non profit cominciano a cogliersi i primi ripensamenti insieme alle prime serie delusioni. Negli ultimi anni inoltre una serie di vicende, tra cui l'inchiesta Mafia Capitale, hanno fatto emergere rischi di infiltrazione e permeabilità anche in una realtà che ha sempre avuto come patrimonio principale la propria reputazione e la propria credibilità.
Il problema di fondo è quindi verso quale direzione, da un lato, intende andare il Terzo Settore del nostro Paese e, dall’altro, pensa di orientarlo con la propria azione e le proprie proposte il Governo
Dal 2008 le dieci principali voci di investimento sociale (da quella per l'affitto a quella per i servizi all'infanzia) hanno subito tagli per oltre l'80%, lo stesso termine "riforma del welfare" è stato cancellato e sostituito in questi anni dalla voce "tagli alla spesa sociale". Può il Terzo Settore, ci si è chiesti a Cosmopolitica, rinunciare a dire la propria su come va il mondo, su quali siano (a suo parere e in piena autonomia) le cause delle diseguaglianze crescenti e dell'esplodere sempre più evidente di drammatiche contraddizioni sociali?
Come già avvenne negli anni scorsi in Gran Bretagna la retorica sulla "Big Society" fu utilizzata dal governo conservatore britannico per nascondere i pesanti tagli al welfare, ed in particolare alle pensioni, alla sanità e all'educazione.
Nel corso degli ultimi anni, con il prevalere di un approccio economicistico e di una visione residuale del welfare, la funzione ed il contributo del Terzo Settore, dopo la stagione costituente, sono stati oggettivamente marginalizzati. E questo proprio nel momento in cui le ragioni che hanno dato vita al Terzo Settore su scala globale sono diventate più forti ed evidenti.
Democrazia partecipata contro populismo plebiscitario, inclusione contro povertà ed esclusione sociale, servizi e lavoro di cura contro abbandono e logiche risarcitorie, accoglienza e integrazione contro discriminazione e razzismo, cooperazione internazionale contro “esportazione della democrazia” con le armi, commercio equo e solidale contro mercato ineguale, tutela ambientale, energie rinnovabili, risparmio ed efficienza energetica contro consumo di territorio e spreco delle risorse sono solo alcuni degli snodi, al centro dei quali sono spesso collocati i soggetti del Terzo Settore, su cui costruire un nuovo modello sociale e di sviluppo e una diversa qualità della vita. Snodi che segnano una linea di demarcazione netta sui quali costruire e consolidare un confronto con le realtà diffuse di questo mondo che è prezioso per una forza politica che intende costituirsi facendo del mutualismo e del radicamento sociale e territoriale una cifra della sua nuova identità.
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