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Brennero, l’Austria alza il muro. L’Europa nel caos
Si lavora per erigere le reti al valico, a Sillian (Pusteria) e a Nauders (Resia). Creata ad hoc una milizia con un migliaio di riservisti per il controllo di blocchi. E mentre l’Europa continua nel suo immobilismo, salvo per l'ultimatum alla Grecia, a Calais si sgomberano le “jungle”
Nel giorno dell’incontro a Roma, venerdì scorso, tra il premier italiano Matteo Renzi e il cancelliere austriaco Werner Faymann, Vienna aveva annunciato che al Brennero tornerà la frontiera. Nel giro di due mesi sarà costruita una barriera per bloccare ingressi incontrollati di migranti al confine fra Austria e Italia.
Non si trattava solo di una minaccia. Era un vero e proprio annuncio. Tanto che per presidiare i propri confini meridionali l’Austria si sta attrezzando, ma non solo come stato: in campo sempre più soldati della milizia, non solo professionisti, bensì volontari. Bypassata la polizia di confine, attualmente, sui 992 soldati impegnati sul campo nei controlli di confine in Stiria e in altre località austriache, ben 206 sono volontari della milizia, che ha costituito un apposito battaglione di cacciatori. Come racconta il giornale AltoAdige.it «Se ne fanno avanti sempre di più. Per difendere la patria e portare a casa 2.770 euro netti al mese. La ferma è di 60 giorni, prolungabili. Arrivano da Salisburgo, Vienna, Bassa Austria, Alta Austria, Stiria ecc. Per ora, il servizio è previsto fino al 29 aprile».
Vent’anni dopo l’entrata in vigore di Schengen, un «muro» torna a dividere i due Paesi. Verrà ripristinato il posto di blocco, con una sorta di check point dove i gendarmi austriaci saranno incaricati di controllare i documenti di chi passa, eseguendo le ispezioni e le operazioni di smistamento degli stranieri.
Secondo Herbert Dorfmann, europarlamentare Svp, «le reti metalliche al Brennero non sono la soluzione giusta al problema dei migranti». «Se va avanti così andrà a farsi benedire la zona Schengen con conseguenze economiche e per le persone di altri tempi». Per gli altoatesini di madrelingua tedesca (ma non solo) questo è un momento complicato anche dal punto di vista diplomatico e dei rapporti con il vicino Tirolo. «Una volta che un migrante o un rifugiato entra nella zona Schengen e arriva al Brennero è quasi impossibile rimandarlo indietro. L'idea delle reti metalliche e il nazionalismo crescente dei singoli Paesi sono davvero preoccupanti». A far capire che l'Austria ha preso una strada sbagliata – anche se in modo più sfumato – è anche l'Obmann della Stella Alpina Philipp Achammer: «Un rafforzamento dei controlli al Brennero è comunque una sconfitta, un passo indietro. L'accordo di Schengen, con l'allontanamento della sbarra al Brennero, rappresenta una pietra miliare dal punto di vista politico e questo dovrebbe essere chiaro a tutti. Uno Stato da solo non può trovare la risposta».
Ma dall’Austria, il ministro della difesa Hans Peter Doskozil tira dritto e ipotizza per il Brennero un “management di confine”, come quello già in atto alla frontiera con la Slovenia a Spielfeld.
L’Europa allo sbando
In Francia a Calais, intanto, il prefetto della cittadina ha dato l'ordine di sgomberare almeno la metà della "Giungla", così viene ormai chiamata la selva di casupole usate dai profughi per ripararsi in attesa di tentare un passaggio verso la Gran Bretagna.
Sul fronte del mar Egeo invece, il Consiglio Ue ha formalmente adottato le raccomandazioni relative alle valutazioni Schengen della Commissione europea con cui si chiede alla Grecia di sanare le gravi carenze riscontrate nella gestione delle frontiere esterne, di fronte al massiccio flusso di migranti. Atene ha da oggi tre mesi di tempo per mettersi in regola. Quello messo in campo è il terzo step di quattro nella procedura verso l'articolo 26 del Codice Schengen, quello che prevede – nel caso di una cattiva gestione delle frontiere esterne – la possibilità di ripristinare i controlli ai confini interni per uno o più Paesi, fino ad un massimo di due anni.
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