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Azzardo, il degrado della vertigine

Giocare per interrogare il fato e sapere se si è dalla parte giusta o sbagliata. Per Sergio Manghi, sociologo, il boom ha ragioni profonde: si è data la delega alle slot o alle scommesse di organizzare la speranza delle persone

di Giuseppe Frangi

Sergio Manghi è sociologo. Si è occupato del tema del gioco da più punti di vista. Tra questi c’è l’azzardo cui dedichiamo il numero del magazine in sucita domani #exitslot. E c’è anche il calcio. In questo dialogo i percorsi si incrociano, sotto il segno di una stessa categoria: quella della vertigine. Ma le differenze sono profonde

Che relazione c’è ra gioco e vertigine?
Roger Caillois, grande scrittore e sociologo francese, aveva individuato fattori di attrazione verso l’esperienza del gioco. Una di queste è proprio la vertigine, fattore che tocca da vicino anche il gioco del calcio, che è il gioco con più alta componente di imprevedibilità e che proprio a questo deve la sua immensa popolarità. Per Caillois ci si lascia conquistare dal gioco o per spirito di competizione, o per il fascino dell’alea, o per imitare la vita normale potendo non preneerla sul serio. Ultimo fattore è appunto la vertigine, che è molto più connessa con l’alea di quanto Caillois non pensasse.

Perché le persone cercano questa esperienza della vertigine?
Se esaminiamo i fattori evidenziati da Caillois scopriamo che aspetti della competizione sono proprio di qualsiasi specie di mammiferi, mentre quello che è specificatamente umano è proprio questo senso della vertigine. È il lasciarsi andare a forze che non sono sotto il nostro controllo, facendo finta che sia tutto rischio calcolato. In realtà ogni volta è un lasciarsi prendere che molto aldilà del calcolo.

Perché è cresciuta nelle persone questa propensione alla vertigine?
Secondo me c’è un nesso con la caduta delle fedi e delle varie ideologie, che conferivano alle persone una speranza a cui ci si affidava con molta fiducia. Oggi vincere o perdere al gioco o alle scommesse equivale ad un interrogare il fato e aspettare la sentenza per capire se siamo dalla parte giusta o da quella sbagliata.

In che modo il calcio c’entra con tutto questo?
Anche il calcio ha caratteristiche simili, convive con una componente di imprevisto molto più alta rispetto ad altri sport. Basta che un arbitro fischi sbagliando o che un guardalinee non segnali un fuorigioco, perché il destino di una partita venga segnato. Non ci sono time out, sino all’ultimo ci può essere la possibilità di rovesciare la partita. E in campo ci sono 22 giocatori che hanno faticato tutta la settimana per prepararsi e che in campo continuano a faticare magari senza neanche riuscire a fare un gol. In questo è molto simile alla vita di ogni giorno. Il calcio è lo sport che rende possibile il fatto che l’ultima possa battere la prima: alimenta sempre speranza, o meglio sostituti di quella speranza che è una componente ineliminabile nella vita di una persona. Il calcio dà spazio a quella possibilità di un esito imprevedibile che invece nella vita risulta preclusa: Perché è nella natura dell’uomo aspettare che accada l’imponderabile, che lo “spirito” batta un segno. Nereo Rocco, grande allenatore, quando allenava la piccola Triestina a chi diceva “vinca il migliore” rispondeva sempre : “Sperem de no”.

Oggi la vertigine si è trasferita dal campo alle scommesse?
Le scommesse, le nuove forme di gioco rappresentano delle forme molto più degradate di fare esperienza di questa vertigine. Per questo bisogna cercare di interpretare la domanda che esprime chi va allo sportello delle scommesse e non più a quello della politica o della religione. È drammatico il fatto di aver dato la delega ad organizzare la speranza per un domani che sia migliore dell’oggi agli scommettitori o alle macchinette.

Al gioco d'azzardo e alla strategia per sconfiggerlo è dedicata la copertina del numero di febbraio di Vita magazine in edicola da venerdì 5 febbraio. Per abbonarti clicca qui

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