Sostenibilità

Se sale lo smog si aggravano Alzheimer e Parkinson

Un'équipe di ricercatori di Harvard ha studiato la correlazione tra Pm2,5 e ricoveri per malattie neurodegenerative. I risultati confermerebbero come l'esposizione ad alte concentrazioni di particolati fini nell'aria sia un grave problema per la salute

di Antonietta Nembri

A ogni aumento della concentrazione nell’aria del particolato fine (Pm2,5) accresce il rischio di essere ricoverati per una malattia neurodegenerativa. È quanto indica uno studio realizzato da un’équipe di ricercatori di Harvard e pubblicato a inizio anno sulla rivista Environmental Health Perspectives.
Si tratta del primo studio epidemiologico sugli effetti di un’esposizione di lungo periodo al Pm 2,5 sulla malattia di Alzheimer e su quella di Parkinson. «Questo studio conferma che l’inquinamento dell’aria è uno dei più importanti problemi per la sanità pubblica», stima la dottoressa Maria Neira, direttrice del dipartimento di salute pubblica e ambiente dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità).
Marianthi-Anna Kioumortzoglou (dipartimento della salute ambiente, scuola di sanità pubblica T.H. Chan di Harvard) e i suoi colleghi hanno lavorato sui dati di 9,8 milioni di assistiti dal sistema americano Medicare, che fornisce la copertura assicurativa agli ultra 65enni, in 50 città del nord-est degli Stati Uniti tra il 1999 e il 2010. Hanno valutato l’impatto dell’esposizione cronica ai particolati fini sulla prima ospedalizzazione per una diagnosi di demenza, di malattia d’Alzheimer o di malattia di Parkinson.
Il problema era riuscire a sapere se le fluttuazioni delle concentrazioni nell’aria dei particolati fini in un anno si accompagnavano a una fluttuazione nello stesso senso delle prime ospedalizzazioni per una di queste tre diagnosi.

I ricercatori hanno constatato che a ogni aumento della concentrazione del Pm2,5 nell’aria di un microgrammo per mc d’aria è associato in maniera statisticamente significativa un aumento di persone ospedalizzate nel corso dell’anno. L’aumento è dell’8% per una demenza o la malattia di Parkinson e del 15% per la malattia di Alzheimer.


«Tali risultati non ci stupiscono veramente dal momento che sappiamo che i particolati fini Pm2,5 inalati passano nella circolazione sanguigna» spiega Maria Neira. «Essi mostrano ugualmente che non ci si deve solo preoccupare degli episodi acuti di inquinamento, ma anche dell’esposizione sul lungo periodo. Siamo oggi di fronte a una generazione che cresce nelle grandi città della Cina e dell’India, dove l’inquinamento dell’aria arriva a livelli senza precedenti». Secondo Neira infatti, la possibilità di esposizione allo smog nelle aree urbane all’inizio dell’era industriale in Europa erano relative a una popolazione molto meno numerosa e meno concentrata.
L’esposizione a lungo termine al Pm2,5 è associata a diversi effetti nocivi che sono stati studiati e analizzati nel corso degli ultimi anni. Nel marzo 2014 l’Oms ha reso pubblico uno studio che valutava in 7 milioni il numero delle persone morte prematuramente (prima dei 65 anni) nel 2012 nel mondo, di cui 5,9 milioni nell’Asia-Pacifica: morti attribuibili agli effetti dell’inquinamento dell’aria anche domestica.
Altri studi mostrano che l’inquinamento dell’aria accresce il rischio di infarto del miocardio e di complicazioni cerebro-vascolari, che è direttamente implicato nei casi di cancro e che favorisce il sottopeso alla nascita. Uno studio apparso il 24 marzo sul British Medical Journal che ipotizzava inoltre che l’inquinamento da particolati fini favorisse l’ansia tramite processi puramente biochimici.

Degli altri studi tossicologici avrebbero corroborato l’associazione tra inquinamento da particolati dell’aria e disturbi neurodegenerativi in particolare attraverso fenomeni infiammatori. Al punto da considerare l’inquinamento atmosferico come un fattore di rischio nelle malattie come l’Alzheimer e il Parkinson. Ma fino al lavoro dell'équipe di Boston mancava uno studio epidemiologico di grande respiro sull’associazione tra inquinamento dell’aria ed evoluzione di queste malattie.

Immagine in apertura di Peter Macdiarmid/Getty Images

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