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Lecco, il presepe dei richiedenti asilo musulmani sorprende la città
"In modo spontaneo decine di migranti di fede musulmana si sono messe a intagliare il legno e colorare le figure della Natività", spiega Clelia Paratore, infermiera che collabora nell'hub di prima accoglienza del Bione, gestito da Fondazione Progetto Arca. "La gente si ferma a guardarlo, è un modo degli ospiti per ringraziare dell'accoglienza: la paura iniziale si è trasformata in fiducia"
“Il presepe realizzato da richiedenti asilo musulmani a Lecco? Altro che evento eccezionale, è stata la cosa più spontanea del mondo”. Superano il can can mediatico, “comunque positivo”, le semplici ma decisi parole di Clelia Paratore, infermiera collaboratrice di Fondazione progetto Arca, l’ente non profit che gestisce la struttura della zona del Bione nel capoluogo lombardo, che oggi accoglie come punto di prima accoglienza – quello che viene chiamato hub – 160 persone provenienti da vari paesi dell’Africa Subsahariana e da Afghanistan, Pakistan e Bangladesh.
È stato proprio un migrante pakistano a ispirare a Paratore l’idea del presepe che poi è stata accolta dalla quindicina di operatori della Fondazione ma ancor prima dagli stessi richiedenti asilo, “visto fin da subito come un simbolo di pace e integrazione, una festa della luce e di unione, basti pensare che si sono messi all’opera i cinque cristiani come i 155 musulmani presenti”. Uno di questi ultimi, in particolare, ha fatto capire all’infermiera la forte volontà di queste persone – giovani – in Italia da pochi mesi di dare una mano: “sono analfabeta, non so scrivere ma so colorare, e il tuo Dio è il mio Dio”, sono state le sue parole. “In una settimana, si è passati dall’idea alla realizzazione, e ora è lì in bella vista per la collettività, tanto che diversi lecchesi, soprattutto gli anziani, si fermano a guardare incuriositi”, sottolinea Paratore. Ma non è tutto: “lunedì 14 nel tardo pomeriggio, d’accordo con le autorità, si è svolta una marcia di migranti, operatori e volontari per i luoghi simbolici della città come l’università, il convento di frati di Pescarenico, e lo stesso Comune, dove nell’incontrare il sindaco Virginio Brivio i richiedenti asilo gli hanno consegnato simbolicamente una pala e un sacco di sale dandosi disponibili a spalare la neve in città alla prima necessità”. Alla testa del corteo, lo striscione “Grazie Lecco” con decine di firme. E alla sera, tutti a cena, alla presenza di decine di abitanti, in uno degli oratori cittadini, “cena offerta da un ristoratore della zona”.
La storia della presenza dei richiedenti asilo sul territorio del Bione parte con numeri importanti dall’agosto 2015, quando il forte flusso di arrivi estivi aveva comportato una sistemazione per una ventina di loro in una tendopoli di fortuna. "Doveva essere una sistemazione temporanea di qualche giorno, ma si è protratta fino all’inizio dell’autunno. Poi, d’accordo con la prefettura, si è passati all’accoglienza negli attuali container”, spiega Massimo Chiodini, responsabile per Fondazione progetto Arca dell’hub di Lecco, dal quale poi le persone vengono dirette, a seconda delle disponibilità di strutture, nei territori circostanti. All’inizio, gli operatori dormivano nelle tende con i migranti, “e non poteva essere altrimenti, dovevamo condividere le loro difficoltà per poi capire come lavorare al meglio”. Oggi lo staff, molto unito, segue i richiedenti asilo sia nelle pratiche sanitari che in quelle legali, mentre è ampia la collaborazione con le tante persone volontarie che fin da subito si sono rimboccate le maniche per dare una mano, a iniziare dal gruppo che ancora oggi organizza un corso di italiano per tutti. “I cittadini che offrono il loro aiuto gratuito sono la vera risposta alla sfida dell’accoglienza, perché a fronte di critiche che possono arrivare da mondi come quello legato ai partiti, c’è un grosso movimento di abitanti che fa davvero tanto”.
I richiedenti asilo, in attesa di sapere la loro ricollocazione e, nel medio termine, se la loro domanda di asilo verrà accolta, stanno imparando a conoscere il luogo in cui vivono e le modalità di azione. “L’iniziativa del presepe è stata molto positiva perché non è stata imposta ma arrivata da una libera scelta, aspetto fondamentale per tante persone che nel loro viaggio migratorio hanno dovuto subire spesso soprusi e violenze sotto minaccia di altri: ora stanno riprendendo in mano le loro vite”, ragiona Chiodini. La marcia, “non scontata e non veicolata, è stato un esempio di gratitudine non da poco”, riprende l’infermiera, “stiamo parlando di persone che, soprattutto chi viene dall’Africa, hanno passato settimane alle prese con la paura delle montagne, che non avevano mai visto e che a Lecco sovrastano la città. Ora, invece, ci dicono che quelle stesse cime li fanno sentire protetti”.
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