Politica

Azzardo Italia. Baretta ci riprova

In Commissione bilancio della Camera l'ennesimo tentativo di regolare il comparto giochi tutelando l'interesse dei Concessionari e non quello dei cittadini e degli enti locali. Tutto si gioca dal comma 524 al comma 534-sexties dell'art. 1 della legge di Stabilità

di Marco Dotti

Molti sono sono i fronti aperti sul gioco d'azzardo. In queste ore in Commissione bilancio della Camera assistiamo all'ennesimo tentativo di regolare il comparto giochi tutelando l'interesse dei concessionari (e dei gestori) e non quello dei cittadini e degli enti locali. Tutto si gioca – è proprio il caso di dirlo – dal comma 524 al comma 534-sexties dell'art. 1 della legge di Stabilità.

Una partita attorno a tre snodi decisivi, tre sfide aperte. In qualche modo, per via diretta o per interposta persona (i senatori Mirabelli e Santini), tutte queste tre sfide sembrano incontrare sul loro cammino un attore protagonista, nella figura del sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta.

Enti locali no slot: a qualcuno non piacciono

Il primo, è relativo al potere degli enti locali. Potere mal tollerato da Concessionari, gestori e da parlamentari di diverso colore, ordine e bandiera. Legare le mani a Regioni e Comuni, promettendo più risorse "per servizi sociali e assistenza" in ragione di un loro minore intervento sul campo. In sostanza, il tentativo di "infilare" in sede di Legge di Stabilità un emendamento-porcata che depotenzi il potere degli enti locali in tema di azzardo è un mantra che si ripete ogni fine anno.

Il 2015 non fa eccezione, cambiano gli attori, ma la cornice rimane quella: parlamentari senza fissa dimora o con radici ben salde in quella zona franca del PD che pochi conoscono, perché abile a schermarsi dietro Governo e convegni, che ha un nome preciso: Area Dem. Da Area Dem ci hanno provato, ci provano e continueranno a farlo. A che cosa si debba tanta tenacia degna di miglior causa, non è dato saperlo

Lo abbiamo visto nei giorni scorsi alla Camera, con un emendamento subito ritirato grazie all'opposizione del M5S e di altri parlamentari, e lo abbiamo visto nemmeno un mese fa al Senato, quando il capogruppo Pd Giorgio Santini, ex Cisl, ripropose un punto chiave della proposta del Sottosegretario Baretta: bloccare le autonomie locali, in nome di una presunta necessità di "uniformarsi alla legislazione nazionale" e dicendo di parlare a nome del Governo – cosa poi rivelatasi senza fondamento.

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Pubblicità: divieto totale o niente

Il secondo snodo, è quello della pubblicità. Qui il punto è chiaro: "non perderci la faccia". Come intervenire dopo che mezzo Parlamento si è, a parole, dichiarato contro ogni forma di sponsorizzazione e pubblicità diretta o indiretta del gioco d'azzardo e persino il Sottosegretario Baretta, dopo mille oscillazioni, mille "sì". "forse", "però", si è detto favorevole (a parole) a un divieto assoluto. O si vieta in toto o non si è più credibili. Tertium non datur. Solo che poi, a leggere un codicillo inserito nel comma 534-ter dell'articolo 1 della bozza di Legge di Stabilità che esce dal Mef (ossia dagli uffici dello stesso sottosegretario Baretta) ed entra nella Commissione Bilancio della Camera si intuisce che il divieto proposto sarebbe ancor più blando di quello a suo tempo avanzato dallo stesso Baretta. Un bel pasticcio, si direbbe. Oppure una scelta ponderata per mandare tutto all'aria?

Chi non vuole togliere ai funzionari il potere di decidere tutto?

Il terzo snodo è altamente decisivo perché intacca un reticolato di potere che nulla ha a che vedere con la rappresentanza e, di conseguenza, con la responsabilità politica. Responsabilizzare quel "reticolato amministrativo" significa togliere ai suoi uomini il potere che spetta, di diritto, ai decisori politici.

I politici ci devono mettere la faccia, ma devono poter decidere. Questa sfida attiene infatti a quell'Amministrazione dei Monopoli che, grazie allo strumento del decreto direttorio, ha finora dettato legge sul funzionamento dei "giochi" e sulla loro regolamentazione. Anche se negli ultimi anni proprio i Monopoli hanno latitato quanto a decisioni e la qual cosa dovrà pur avere delle conseguenze.

Qui, infatti casca l'asino. Mentre sul primo punto l'attenzione di tutti è vigile e sul secondo sarà comunque difficile spiegare agli italiani che "non si può fare" dopo aver detto in tutti i modi e in tutte le forme "stiamo per farlo", il terzo punto è più delicato e non servono appelli, levate di scudo, scioperi della fame che durano un paio d'ore, bandierine al vento o quant'altro. Serve un briciolo di attenzione.

Abbiamo dato conto di questo punto a nostro modo di vedere decisivo e all'ordine del giorno della Legge di Stabilità 2016 che, sostituendo una disposizione di legge del 2001, intende mettere fine alla logica dei decreti direttoriali. In sostanza, tutto il potere di regolare le "modalità tecniche" dei giochi passa al Governo, o meglio al Ministero dell'Economia e delle Finanze, con l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che potrà solo "proporre", non più disporre in forma autonoma con decreto.

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Le modalità tecniche dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi saranno di conseguenza stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli potrà offrire un supporto tecnico, non potrà più sostituirsi in decisioni che toccano il nervo scoperto di una questione eminentemente politica.

Tutto tranquillo? Non proprio. Vediamo l'articolo 1, comma 532, della bozza di Legge di Stabilità

Il comma 532 interviene sull’articolo 12, comma 2, della legge n. 383/2001, sostituendone il quarto periodo, "al fine di disporre che le modalità tecniche dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli". Non facciamo ci ingannare dall'espressione "modalità tecniche dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premio". Una decisione che ricada su "modalità tecniche" è pur sempre una decisione di natura strategica e, come tale, va trattata.

Ebbene, una modifica di questo comma proposta in sede di Mef, a quanto ci risulta dal sottosegretario Baretta, riporta la situazione a livello iniziale rispetto alla prima stesura della Legge di Stabilità. In sostanza, nella stesura della bozza presentata alla Camera si riconsegnano all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli le chiavi di quel potere di decisione che si voleva, giustamente, depotenziare. Perché? Per quale ragione il Ministero dell'Economia e delle Finanze non potrebbe decidere, delegando a funzionari sostanziali decisioni politico-strategiche mascherate da formali decisione tecniche.

Baretta, perché?

Da tempo anche in Parlamento si chiede che il potere di decisione passi dai Monopoli al Ministero, in sostanza: che i funzionari tornino a fare i funzionari e i politici tornino a fare i politici. Capire, senza giustificarle, le ragioni di chi non vuole questo cambiamento è una cosa, comprendere perché il sottosegretario Baretta, persona intelligente e di lunga esperienza, si sia buttato a testa bassa in una partita di questo categoria è veramente difficile.

A meno che – e qui il riferimento a Area Dem, in sostanza i proto e post-bersaniani – ciò che di tanto in tanto affiora non sia che la punta di un iceberg. La questione-gioco sarebbe allora solo un tassello, in una scacchiera dove una parte non indifferente giocano alfieri, pedoni, cavalli ed ex dirigenti di spicco di uno dei principali sindacati italiani.

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