Politica

Mafia Capitale, i gesuiti: «A Roma serve una nuova classe dirigente: politica e chiesa devono cambiare»

Francesco Occhetta su Civiltà Cattolica pubblica un focus sulla condizione della città eterna a pochi giorni dall'avvio del Giubileo: «Contro il malaffare le persone oneste devono fare fronte comune: occorre ricostituire un patto intergenerazionale, costruire politiche nel pluralismo culturale e sociale»

di Redazione

Era il 2 dicembre 2014 quando l’avvio dell’inchiesta di Mafia Capitale scoperchiò il vaso di pandora degli intrecci affaristici che reggevano (reggono?) Roma. A un anno di distanza e a pochi giorni dall’avvio dall’inizio del maxiprocesso, Civiltà Cattolica la rivista dei gesuiti (l’ordine a cui appartiene papa Francesco) diretta dal teologo Antonio Spadaro dedica alla città eterna che si accinge a ospitare il Giubileo un articolo a firma di Francesco Occhetta (in uscita oggi oggi) intitolato “Roma e le sue sfide”. L’articolo, che parte da un’analisi spietata dei mali romani e che non ha timore di focalizzare anche le responsabilità della chiesa, è una chiamata alle armi della società civile.

UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE
Occhetta parte dalla lettera del cardinale Agostino Vallini in cui il vicario di Roma pone alla città cinque sfide: vecchie e nuove povertà; accoglienza e integrazione; educazione; comunicazione; formazione di una nuova classe dirigente. Per generare una classe dirigente più consona però occorre fotografare cos’è oggi Roma.

UNA CITTÀ DI PERIFERIA

Scrive Occhetta: « Sono le periferie della città, le zone nascoste ai turisti, a essere la parte «viva» e pulsante della città risiedente. Il centro si sta trasformando in un distretto turistico e commerciale; le botteghe artigiane, i negozi e le antiche trattorie romane stanno lasciando il posto a esercizi commerciali e ristoranti globalizzati. Sebbene nel centro si trovino molti appartamenti sfitti, paradossalmente il prezzo degli affitti non è più accessibile alla classe media. Nel quartiere del Pigneto, dove negli anni Novanta del secolo scorso il costo della casa era di circa 1.500 euro al mq, attualmente i prezzi oscillano tra 6.500 e 8.000 euro; nel rione Monti, da 3.000 euro al mq si è arrivati a 10.000 euro.

La costruzione di interi quartieri in mano a pochi «palazzinari» ha lasciato per molto tempo i cittadini senza servizi, ma l’inarrestabile espansione a macchia d’olio ha imposto un cambiamento nell’organizzazione della vita quotidiana di molti cittadini romani. Un esempio è dato dai centri commerciali frequentati da migliaia di romani; nella Provincia di Roma (ora Città metropolitana) se ne registrano complessivamente 40. Si tratta del frutto delle politiche delle «centralità» previste dal nuovo Piano regolatore generale, approvato nel 2008. Sono stati costruiti nuovi agglomerati residenziali — come, ad esempio, quello di Bufalotta, quartiere con più di 10.000 abitanti —, pensati a ridosso delle grandi infrastrutture stradali del Grande Raccordo Anulare e delle autostrade. Valga per tutti un dato: il centro commerciale di Bufalotta registra 16 milioni e mezzo di visitatori l’anno, più dei visitatori del Colosseo e dei Fori imperiali. Il trasporto urbano pubblico — che ci limitiamo a definire problematico e insufficiente ai bisogni di una Capitale, spesso bloccata da inefficienze e da scioperi — ha fatto esplodere il trasporto privato su ruote: sono circa 1.700.000 i veicoli a quattro ruote, e mezzo milione i veicoli a due ruote, che costringono i cittadini romani a passare nel traffico una media di 92 ore all’anno. La pressione e i costi del mercato immobiliare hanno spinto la popolazione a vivere anche fino a Orte, che dista 50 km dal centro; è per questo che negli ultimi 10 anni alcuni Comuni a nord di Roma sono diventati tra i 30 Comuni con il maggior incremento di popolazione in Italia.

I centri commerciali sono stati il cuore dello sviluppo urbano: nella Provincia di Roma (ora Città metropolitana) se ne registrano complessivamente 40. Si tratta del frutto delle politiche delle «centralità» previste dal nuovo Piano regolatore generale, approvato nel 2008.

Francesco Occhetta

La periferia romana soffre di altri due problemi: l’edilizia residenziale pubblica e l’abusivismo. Il quartiere di Tor Bella Monaca, nella periferia est, dev’essere considerato una città nella città: è abitato da circa 30.000 abitanti. È qui che si trova la più grande percentuale di disabili e la maggiore concentrazione di persone agli arresti domiciliari. Il quartiere di San Basilio, sorto anch’esso nella periferia est, è il principale centro di spaccio e smistamento della droga a Roma.

Nel quartiere di edilizia residenziale pubblica di Vigne Nuove, solo il 30% degli studenti accede alle scuole dell’obbligo. A Borghesiana, nella borgata Finocchio, sulla Casilina, vivono circa 40.000 persone in una vasta area abusiva; la loro unica area verde è un parco voluto dai comitati locali, che sono riusciti a far confiscare quell’area alla criminalità (era di proprietà della Banda della Magliana), per trasformarla nel «Parco della Pace». Non meno problematici sono i dati che svelano la «città abusiva»: il 37% del tessuto urbano residenziale è di origine abusiva e il 40% della popolazione vive in aree nate come abusive» .


LA RESPONSABILITÀ DELLA POLITICA…

« La crisi della città di Roma riveste anche un valore simbolico e tocca l’intero Paese. L’inchiesta in corso di «Mafia Capitale» ha fatto franare il sistema su cui si basa un’amministrazione con quasi 62.000 dipendenti, se si considerano le municipalizzate. Mentre si tendeva a pensare che l’infiltrazione mafiosa fosse circoscritta nella zona di Ostia a causa dello scioglimento e del commissariamento del Municipio con gli arresti di Massimo Carminati e di Salvatore Buzzi, la ramificazione invece si è estesa all’intera amministrazione capitolina. Rimangono come sintesi nella memoria collettiva alcune loro parole intercettate dalla Polizia: «Ci mangiamo Roma» .

Dal punto di vista politico, è urgente una riflessione sia sulla natura dei partiti politici che governano la città, ridotti a comitati elettorali o alla gestione di affari, sia sul debole strumento delle primarie che, per la pressione di populismi e delle personalizzazioni, non ha permesso di certificare le reali competenze dei politici»

…E QUELLA DELLA CHIESA

«la scommessa della Chiesa di Roma sulla dimensione pre-politica ha il fine di stimolare e proporre ai partiti le soluzioni di problemi, l’organizzazione di forme di controllo, l’attivazione di progetti concreti. Per la Chiesa, un leader è il frutto di una lunga formazione al servizio e la somma di molte relazioni, non può mai essere calato dall’alto. Un’azione pre-politica fatta da tutti i credenti insieme è più incisiva e radicale dell’azione di pochi ed etichettati rappresentanti del mondo cattolico distribuiti in varie forze politiche.

Attraverso questo nuovo impegno i politici che vivono la politica da cattolici non si devono anzitutto porre il problema del dove stare — il voto del mondo cattolico, anche nella città di Roma, è ripartito ormai fra tutte le forze politiche —, ma su come formarsi e cosa fare. È così che parrocchie, diocesi, movimenti, che per anni hanno delegato ad altri la formazione politica, possono ritornare a farsene carico come una nuova missione.

Uno strumento efficace della Chiesa romana è l’«Osservatorio sulla città», menzionato alla fine della Lettera, che ha il compito di «“fare rete” tra le associazioni, le aggregazioni laicali e i laici presenti sul territorio e di promuovere iniziative di formazione e di confronto pubblico nei vari ambienti, anche per coinvolgere quanti, pur non riconoscendosi nella fede cristiana e nella Dottrina sociale della Chiesa, desiderano conoscerne meglio i contenuti e convergere sul terreno del bene comune».

In effetti, il bipolarismo politico di questi ultimi venti anni ha rischiato di creare un bipolarismo ecclesiale anche nella città di Roma. Scommettere su una formazione di medio periodo però è possibile. La Lettera infatti ha un chiaro obiettivo: «rendere “reciproca” la città: più attiva, più partecipe e più unita».

Per la Chiesa, l’irrilevanza politico-partitica non sarebbe tanto grave quanto un’irrilevanza prima di tutto di opinione, di idee e di progettualità intorno all’antropologia e all’etica. Occorre ricostituire anche a Roma un patto intergenerazionale, costruire politiche nel pluralismo culturale e sociale

Francesco Occhetta

Per la Chiesa, l’irrilevanza politico-partitica non sarebbe tanto grave quanto un’irrilevanza prima di tutto di opinione, di idee e di progettualità intorno all’antropologia e all’etica. Occorre ricostituire anche a Roma un patto intergenerazionale, costruire politiche nel pluralismo culturale e sociale. Il tono umile e fermo della Lettera non separa i cattolici dai non cattolici; ma è un appello per unire le persone oneste di fronte alle bande del malaffare».

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