Formazione
Portare l’innovazione a sistema: il primo anno di Avanguardie educative
A novembre 2014 erano 22 scuole, oggi sono già 241. Venerdì a Firenze ci sarà il Primo Forum sulla Scuola del Futuro “Avanguardie dell’Innovazione”, con 5 debate sui temi più caldi. Elena Mosa, ricercatrice Indire, fa il punto della situazione. Mentre il Miur mette sul piatto 140 milioni di euro
Il presidente di Indire, Giovanni Biondi, aveva annunciato proprio su Vita.it la nascita della rete “Avanguardie Educative”, che riuniva le scuole che negli ultimi anni in Italia si erano distinte per innovazioni strutturali e di metodologia didattica. Le scuole d’eccellenza, i pionieri che hanno osato rompere l’inerzia del sistema, che hanno osato sperimentare azioni e pratiche che scardinano antichi modelli. Il Movimento venne poi lanciato ufficialmente nel novembre 2014, con il suo Manifesto. Ora, a un anno di distanza, arriva il Primo Forum sulla Scuola del Futuro “Avanguardie dell’Innovazione”: 5 debate sui temi caldi dell’innovazione nella scuola, fra cui anche la sfida di portare a sistema l’innovazione, che è proprio l’obiettivo delle Avanguardie Educative. Spazi educativi e architetture scolastiche; L'impatto delle innovazioni sui processi di apprendimento; Mooc; Come valutare la qualità della scuola?; Il Movimento delle Avanguardie educative come strumento per portare a sistema l’innovazione sono i cinque debate: l’appuntamento è a Firenze venerdì 23 ottobre (ma l’evento sarà trasmesso anche in streaming). Con Elena Mosa, la ricercatrice Indire che coordina il progetto, facciamo il punto della situazione.
Avanguardie Educative è partita con 22 scuole a maggio 2014, ora conta già 241 scuole che partecipano al Movimento (qui la mappa). Significa le scuole innovative in Italia sono già molte e che bastava cercarle e sollecitare la loro “emersione”?
I numeri ci confortano e crescono in continuazione perché l’adesione è possibile in qualsiasi momento. In Italia ci sono tante scuole che hanno delle buone pratiche, il ruolo dell’Indire è metterle in contatto fra loro, fare rete, agevolare la condivisione delle pratiche, creare una comunità che si confronta, uno scambio tra pari, una contaminazione, un contagio. È un processo di disseminazione che che si è avviato, l’innovazione fa leva sulla motivazione e il valore aggiunto delle Avanguardie Educative sta proprio nel fatto che si tratta di esperienze reali fatte da scuole che parlano ad altre scuole.
L’appartenenza alla rete “certifica” uno status di innovazione già esistente o è un processo?
È un processo, anche se a un certo punto nasceranno degli “ambasciatori” per le varie idee di cui è fatto il Manifesto. Naturalmente le 22 scuole fondatrici hanno una grossa maturità di esperienza, che mettono a disposizione delle altre scuole: aderire alla rete consente alle scuole di entrare in una community online, in cui le scuole fondatrici e quelle capofila fanno coaching per le scuole che vogliono realizzare le idee innovative del Manifesto. Poi ci sono le scuole proponenti, che ci segnalano una nuova esperienza, una nuova pratica e la candidano a diventare una nuova idea. Il Manifesto è partito con 12 idee – il teal, lo spazio flessibile, la flipped classroom… – ma a breve lo implementeremo, quelle 12 idee non sono esaustive dell’innovazione.
Per entrare nella rete una scuola deve impegnarsi a realizzarle tutte o una?
La scuola che aderisce, aderisce al manifesto, quindi a tutte e 12 le idee, poi certo può decidere se adottarne una o più. Quelle 12 idee sono un puzzle, ma è vero che l’introduzione dell’innovazione è qualcosa di graduale. Di fatto è verosimile che una scuola cominci da un’idea – poniamo la flipped classroom – e poi realizzandola si renda conto che a cascata deve mettere mano anche agli spazi o che ha bisogno di strumenti didattici digitali. Così ogni scuola crea il proprio percorso di innovazione.
Un obiettivo è portarla a sistema l’innovazione per diffonderla più facilmente: per fare questo Indire ha “studiato” e “modellizzato” le pratiche delle prime scuole pioniere?
Non vogliamo creare un modello, anche perché già osservando le 22 scuole fondatrici abbiamo riscontrato tante declinazioni diverse. È importante che ogni scuola implementi l’idea nella sua autonomia. Per favorire la replicabilità tuttavia abbiamo steso, insieme alle scuole, delle linee guida per ciascuna idea: non sono modelli fissi ma un aiuto per andare a replicare in un contesto diverso. Certo questa è anche una ricerca, per cui stiamo cercando di capire cosa favorisce e cosa inibisce l’innovazione.
Come si può controllare il rischio della doppia velocita nella qualità delle scuole?
Non c’è una risposta, è qualcosa che non si può né prevenire né curare, fa parte del sistema esattamente come in una classe ci sono alunni con diversi ritmi di apprendimento. È giusto che ognuno abbia il proprio passo, nel processo di innovazione ci sono gradini che non si possono saltare.
Il Miur ha appena varato un avviso da 140 milioni per dotare le scuole di ambienti digitali per l’apprendimento: cosa potrebbe cambiare nelle scuole italiane?
Molto. È vero che gran parte delle scuole che fanno parte di AE hanno costruito le loro esperienze da sole, attraverso il crowdfunding e l’autorganizzazione, ma certamente avere il supporto di fondi strutturali è un valore aggiunto.
In foto Aula Teal (Technology Enable Active Learning), attività di gruppo in contemporaneo, Istituto Superiore "E. Fermi", Mantova, 2015. Foto G. Moscato, Archivio Indire, Fondo Fotografico;
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