Welfare
Nel Rapporto Svimez, il Sud Italia sta peggio della Grecia
Anche per quest’anno la fotografia economica del Sud Italia è impietosa: una condizione di “sottosviluppo permanente” che genererà «uno stravolgimento demografico, un vero e proprio “tsunami” dalle conseguenze imprevedibili»
Anche per quest’anno il Rapporto SVIMEZ 2015 sull’economia del Mezzogiorno restituisce una fotografia impietosa del Sud Italia. Perché se la crisi ha colpito maggiormente le aree più deboli in tutta l’Area dell’Euro, nel Bel Paese il gap del Mezzogiorno rispetto sia al Centro-Nord, sia ai principali paesi europei, ha ormai raggiunto livelli d’allarme sociale. I dati dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, la dicono lunga su come l’Italia sia diventato un Paese diviso e diseguale. Dove il Sud continua ad accumulare ritardi, con un tasso di crescita inferiore di oltre 40 punti percentuali rispetto alla media delle regioni Convergenza dell'Europa a 28 (+53,6%).
In sostanza, secondo le valutazioni Svimez, la spinta della domanda estera, che sta attualmente trainando la debole ripresa del Centro-Nord, ha nel Sud un peso assolutamente modesto. La perdurante flessione della domanda interna poi non aiuta. Negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono così crollati quasi del 13% e gli investimenti nell’industria in senso stretto addirittura del 59%, una riduzione tre volte maggiore rispetto a quella, pur di per sé assai grave, del Centro-Nord (-17,1%).
Il rapporto continua a snocciolare raffiche di dati negativi che lasciano poco spazio alle interpretazioni. Tra il 2008 ed il 2014, il Sud registra una caduta dell’occupazione del 9%, di oltre sei volte superiore a quella del Centro-Nord. Mentre continua l’andamento contrapposto dell’occupazione tra i giovani e i meno giovani. Il Sud negli anni 2008-2014 perde 622mila posti di lavoro tra gli under 34(-31,9%) e ne guadagna 239mila negli over 55. Va ancora peggio per gli under 24 che nel 2014 registrano un tasso di disoccupazione del 35,5% nel Centro-Nord e quasi del 56% al Sud”.
E poi c’è la questione femminile. Al Sud le donne continuano a lavorare poco: nel 2014 a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 51% nell’Ue a 28 in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 20,8%.
Ma non è finita qui. “Il Mezzogiorno sarà caratterizzato nei prossimi anni da uno stravolgimento demografico, un vero e proprio “tsunami” dalle conseguenze imprevedibili”. Tra crollo delle nascite e migrazione dei giovani verso altre aree del paese o dell’Europa, il Sud, alla fine del prossimo cinquantennio, perderà 4,2 milioni di abitanti, oltre un quinto della sua popolazione attuale, rispetto al resto del Paese che ne guadagnerà, invece, 4,6 milioni.
Questo perché in tempi di crisi epocale come quelli attuali, i territori meno avanzati non hanno più modo di agganciarsi, sia pure indirettamente e parzialmente, alla crescita dei territori più avanzati, mentre lo Stato non ha più le risorse necessarie per massicci trasferimenti di tipo compensativo e solidale. E così c’è il rischio, avverte il rapporto, che il Mezzogiorno si avvii verso una condizione di “sottosviluppo permanente”.
Che fare per invertire la rotta? Secondo gli esperti Svimez, sarebbe necessario predisporre adeguati strumenti di fiscalità di compensazione degli squilibri interni alla periferia della Ue, in attesa di un’armonizzazione delle politiche fiscali.
Si tratta comunque di misure che sono una goccia nell'oceano rispetto alla questione antica e mai risolta del dualismo tra Nord e Sud. Costretta oggi a fare i conti con un fantasma del passato: il rischio povertà. Al Sud una persona su tre vive in famiglie con un reddito equivalente al di sotto del 60% del reddito familiare mediano nazionale.
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