Mondo
Microaccoglienza diffusa: perché è la strada giusta
Un libro racconta l’esperienza di Malegno, il paese della Val Camonica che ha avviato nel 2011 un progetto-pilota per aiutare i profughi dall’Africa
«L’accoglienza diffusa è il modo più economico di fare accoglienza». Ne è convinto Paolo Erba, sindaco del Comune di Malegno in provincia di Brescia, e lo sostiene con cognizione di causa visto che nel paesino della Val Camonica che amministra è stato avviato nel 2011 un progetto pilota di microaccoglienza che ha fatto scuola ed è stato replicato quest’anno in una trentina di altri comuni “virtuosi”.
Autore (con Eugenia Pennacchio e Silvia Turelli) del libro “La valle accogliente” (Editrice Missionaria Italiana, pp. 64, 7 euro), Erba precisa: «Il nostro obiettivo è dimostrare che fare accoglienza, attraverso un sistema organizzato e diffuso sul territorio, è una modalità vincente per rispondere a un problema facendolo diventare una risorsa».
Il modello è stato sperimentato la prima volta nel 2011 con i primi arrivi di massa dei migranti dopo la primavera araba, quando alcuni pullman scaricarono in alberghi della Valcamonica un centinaio di profughi in ciabatte e pantaloncini. «Il mio predecessore, Ales Domenighini (recentemente scomparso e a cui è dedicato il libro “La valle accogliente”, ndr) capì che non si poteva affrontare così l’emergenza e decise di chiamare a raccolta gli altri sindaci del territorio proponendo di creare una rete di sostegno», dice ancora Erba. L’idea è stata quella di accogliere i migranti in centri minori, coinvolgendo le autonomie locali e il terzo settore, come la cooperativa K-Pax, per lavorare alla creazione di un sistema diverso di accoglienza: quella diffusa.
Leggendo il libro si scopre che ad aiutare i giovani africani ospitati è una rete di volontari. Inoltre i rifugiati sono coinvolti nella vita e nelle attività del paese, compresa la partecipazione ad Abbracciamondo, festival interculturale e itinerante che coinvolge diversi Comuni della Valle. «È chiaro che per fare funzionare il modello occorre una comunità bendisposta e non ideologizzata, ma il meccanismo è semplice, anzi tanto semplice da essere perfino banale», sostiene il sindaco di Malegno. «Si tratta di fare microaccoglienza attraverso una collaborazione tra il Comune, i privati che mettono a disposizione appartamenti sfitti e le cooperative. Nel periodo di permanenza agli immigrati viene insegnato l’italiano, affidata qualche mansione di interesse sociale e per chi decide di restare, si cerca la possibilità di un lavoro. In questo momento a Malegno ci sono due appartamenti da 4 persone. Ma il territorio bresciano ha 206 Comuni e il calcolo è presto fatto: se ognuno adottasse il nostro modello, che è modulare e facilmente riproducibile, ci sarebbe la possibilità di offrire più di 800 posti. E senza nessun onere per i Comuni, anzi creando nuove risorse perché per ogni appartamento che ospita 4 rifugiati, c’è un ritorno sul territorio di circa quattromila euro al mese. Insomma, si potrebbe dire che così facciamo vedere di essere più leghisti dei leghisti», sottolinea un po’ provocatoriamente il sindaco di Malegno, che confessa di essere amareggiato per le ultime dichiarazioni del governatore Maroni. «Tutta la questione», conclude Erba, «sta diventando una battaglia ideologica che rischia di far perdere a tutti la bussola: io penso invece che la ricetta giusta sia un modello di microaccoglienza diffusa, come abbiamo fatto e stiamo facendo noi. Un piccolo progetto che pensa in grande e che andrebbe divulgato. Basta fare un semplice “copia e incolla”».
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