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Carta di Milano, che delusione

Il j'accuse del direttore di “Popoli e Missione”: Si tratta di una dichiarazione d’intenti, all’insegna della buona volontà. Nulla di più! Detto questo, purtroppo, non vengono assolutamente affrontate le questioni cruciali. Quelle, per intenderci, che stanno a cuore ai missionari.

di Giulio Albanese

Con l’inaugurazione di EXPO 2015 è stata resa pubblica la Carta di Milano. Personalmente, dopo averla studiata attentamente, la trovo davvero deludente. Si tratta di una dichiarazione d’intenti, all’insegna della buona volontà. Nulla di più! Intendiamoci, vengono certamente offerti numerosi suggerimenti, in linea di principio, condivisibili, sulla necessità, ad esempio, di ridurre radicalmente lo spreco del cibo. Detto questo, purtroppo, non vengono assolutamente affrontate le questioni cruciali. Quelle, per intenderci, che stanno a cuore ai missionari.

Provo a spiegarmi meglio. È totalmente ignorata la speculazione finanziaria che attanaglia il mercato alimentare. Mi dispiace doverlo scrivere, ma questo è gravissimo!!! Gli estensori di questo documento hanno dimenticato che a destare apprensione, oggi, sono, soprattutto, le speculazioni finanziarie legate alla compravendita di fondi di investimento. Si tratta di “futures” sui prodotti agricoli che non vengono più solo acquistati da chi ha un interesse diretto in quel determinato mercato, seguendo le tradizionali leggi della domanda e dell’offerta, ma anche di soggetti finanziari come i fondi pensione, che investono grandi somme di denaro con l’obiettivo esclusivo di ottenere il miglior rendimento.

Come se non bastasse, la Carta di Milano tralascia totalmente le sanguinose guerre che si combattono in Africa e in altri continenti. È stato ampiamente dimostrato che questi conflitti rappresentano la prima causa di fame nei Paesi del Sud del mondo. E cosa dire della giustizia sociale per una equa distribuzione del cibo? Si tratta di una priorità che sta davvero a cuore a Papa Francesco, ma che nel documento non viene mai avanzata come urgenza essenziale e ineludibile. L’unico riferimento a questo proposito, rintracciabile nella Carta di Milano, riguarda la distribuzione del cibo che altrimenti verrebbe sprecato. Un altro tema che è stato, per così dire, annacquato riguarda la necessità del cambiamento del modello di sviluppo imposto dalla globalizzazione. Un fenomeno che ha determinato disfunzioni sistemiche: da un lato fame e dall’altro sovrabbondanza.
Inoltre, nella Carta di Milano non si parla assolutamente del controllo dei mercati da parte dei poteri politici. Col risultato, ad esempio, che è stata letteralmente ignorata la questione della proprietà intellettuale delle sementi, in riferimento agli Organismi geneticamente modificati (Ogm).

Una cosa è certa: la Carta di Milano è un documento redatto in un contesto anni luce distante dalle periferie del mondo. Dunque ignora totalmente la necessità di sostenere la piccola agricoltura familiare quale misura indispensabile per lottare contro inedia e pandemie. Dulcis in fundo, questo documento, fortemente voluto dal nostro governo, ignora le grandi partite negoziali che si giocheranno quest’anno a livello internazionale: ad Addis Abeba (Etiopia), in riferimento alla finanza per lo sviluppo; a New York (Usa), in merito ai nuovi obiettivi dello sviluppo sostenibile post 2015; e a Parigi (Francia), in riferimento ai cambiamenti climatici. Insomma, politicamente parlando, non mi pare assolutamente che la Carta di Milano serva davvero a qualcosa. Peccato!!!

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