Welfare
Badanti, in Lombardia una legge ad hoc
L'assistenza familiare viene riconosciuta a tutti gli effetti fra gli interventi e servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario e nel testo si trova una definizione di lavoro di assistenza e cura e di assistente familiare
Chi in questi ultimi venti anni, a vario titolo si è occupato di politiche per le persone anziane non autosufficienti e conseguentemente del fenomeno del “lavoro privato di cura” svolto dalle (impropriamente) dette, “badanti”, con soddisfazione, ha assistito a due eventi che parlano di un cambiamento importante nel settore: la presentazione del Primo rapporto sul lavoro privato di cura in Lombardia curato da Sergio Pasquinelli dell'Istituto di Ricerca Sociale di Milano, il 21 maggio e quasi contestualmente (19 maggio) l’approvazione della legge regionale: “Interventi a sostegno del lavoro di assistenza e cura svolto dagli assistenti familiari” (in allegato il testo). Questo provvedimento approvato all’unanimità dal Consiglio regionale lombardo, pone il fenomeno del “badantato”, che Cristiano Gori bene descriveva nei primi anni del 2000 nel suo testo il “Welfare nascosto”, in una posizione del tutto nuova. L'assistenza familiare viene riconosciuta a tutti gli effetti fra gli interventi e servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario e nel testo si trova una definizione di lavoro di assistenza e cura e di assistente familiare. Tra i compiti della Regione: formare e qualificare il lavoro di cura; promuovere attraverso le Asl e in collaborazione con i medici di medicina generale, campagne di comunicazione sociale per la valorizzazione del lavoro di cura svolto dalle assistenti familiari. Dispositivi principali sono gli Sportelli assistenza familiare (Saf), che anche in collaborazione con il terzo settore, hanno il compito di analizzare il bisogno delle famiglie, orientarle; tenere i registri territoriali delle assistenti familiari; assisterle per la ricerca e la selezione di un’assistente familiare; indirizzarle verso i soggetti che possano dare assistenza per le procedure di assunzione e dare loro informazioni sull’accesso agli interventi di sostegno economico. La possibilità per le assistenti familiari di iscriversi ai registri sussiste se esse sono alternativamente in possesso di titoli di: studio o formazione in ambito socio assistenziale o sociosanitario (riconosciuti in UE); attestati di competenza rilasciati a seguito della frequenza ai percorsi formativi che la stessa Regione si impegnerà a promuovere e infine almeno 12 mesi di esperienza lavorativa certificata da regolare contratto di lavoro. Per le persone straniere si aggiunge il superamento del test di lingua italiana livello A2.
La legge si riserva di favorire l'emersione del lavoro nero programmando annualmente forme di sostegno economico per le famiglie (già da ora è previsto un piccolo stanziamento per sostenere le famiglie che assumono regolarmente le assistenti familiari, 700.000 euro).
La speranza è che con questa legge e i dispositivi di attuazione, il lavoro di cura svolto dalle assistenti familiari entri a tutti gli effetti nella rete dei servizi alla persona non autosufficiente. Registri di assistenti familiari, lavoro condiviso (in avvio a Milano alcune sperimentazioni di zona della badante di quartiere, di condominio), formazione di famiglie e assistenti familiari, misure di sostegno economico e sportelli di assistenza familiare potranno diventare dispositivi di sostegno e aiuto concreto se presenti nell’accompagnare lungo tutto il percorso di cura i tre soggetti (che fino ad ora si sono mossi secondo una logica one to one che si è rivelata inefficace e inefficiente): le famiglie (spendono ogni anno 1,6 miliardi per il lavoro di cura), le persone non autosufficienti (in Lombardia si stima che nel 2015 saranno 600 mila) e le assistenti familiari (156.000 lavorano in Lombardia, due terzi nel mercato sommerso).
*Elisabetta Ferrari è la Coordinatrice Aiuti Familiari di Spazio Aperto Servizi – Cooperativa sociale
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.