Mondo
Gaza sempre più abbandonata dalla comunità internazionale
Secondo il report dell’Association of International Development Agencies, i paesi donatori hanno stanziato solo il 26,8 per cento dei 3,5 miliardi di dollari promessi per la ricostruzione di Gaza dopo la guerra del 2014 con Israele.
di Redazione
Tante promesse e pochissimi impegni presi; una costante quando si tratta del destino di Gaza. Solo un quarto dei 3,5 miliardi di dollari in aiuti promessi dalla comunità internazionale per la ricostruzione di Gaza a seguito della devastante guerra con Israele della scorsa estate, è arrivato a destinazione. Lo rileva un rapporto diffuso oggi “Tracciare una nuova rotta, come superare lo stallo a Gaza" ( vedi allegato) secondo cui a sei mesi di distanza dalla Conferenza dei paesi donatori sulla ricostruzione nella Striscia avvenuta al Cairo, gli impegni assunti per lo stanziamento di 3,5 miliardi di dollari sono lontani dall’essere mantenuti.
Secondo la fotografia fatta dal rapporto prodotto dall’Association of International Development Agencies (AIDA) e redatto da 46 agenzie umanitarie tra cui Care International, Oxfam, Save the Children, le condizioni di vita di moltissimi abitanti continuano a peggiorare, mentre ancora nessuna delle 19.000 case distrutte durante la guerra è stata ricostruita; 100.000 persone sono senza un tetto e molte altre famiglie vivono in scuole o ricoveri di fortuna. Mancano i fondi per la riparazione di più di 81 strutture mediche e ospedali danneggiati, e le poche strutture per le quali sono stati reperiti i fondi non hanno i materiali da costruzione necessari.
«I discorsi promettenti alla conferenza dei donatori si sono trasformati in parole vuote»,ha detto Winnie Byanyima, direttore esecutivo di Oxfam. «Mentre la ricostruzione stenta a ripartire, non è ancora stato raggiunto nessun accordo per un cessate il fuoco a lungo termine e non vi è ancora un vero piano per la revoca del blocco su Gaza. Nonostante la comunità internazionale abbia definito imperativo un cambio di rotta, mantenendo lo status quo, non sta di fatto facendo nulla per evitare il riaccendersi del conflitto. Il rischio è che diventi nuovamente osservatore impotente di fronte allo scoppio di un nuovo conflitto che invece potrebbe essere evitato».
Coma fa notare i report, nemmeno i lavori di ricostruzione già finanziati sono ancora iniziati per via delle restrizioni imposte dal blocco israeliano, che impedisce l’ingresso ai materiali essenziali per la ricostruzione della Striscia.
«Chiediamo che Israele ponga fine al blocco e alla politica di separazione di Gaza dalla Cisgiordania, e chiediamo la riconciliazione dei diversi soggetti politici palestinesi. Tutto questo per dare priorità alla ricostruzione» dice Riccardo Sansone, responsabile emergenze umanitarie di Oxfam Italia. «L’Egitto deve al più presto riaprire il confine con Gaza rendendo possibile l’ingresso nella Striscia degli aiuti umanitari. Chiediamo infine che anche l’Italia giochi la sua parte attivandosi con la massima urgenza presso le parti in conflitto e la comunità internazionale e facendo in modo che tali richieste trovino presto attuazione».
Il rapporto presenta anche specifiche richieste e raccomandazioni alla comunità internazionale, necessarie a spezzare la spirale della violenza e distruzione in corso, tra cui:
· Procedere immediatamente con la ricostruzione, erogando i fondi promessi e favorendo l’ingresso del materiale edile in accordo con il diritto internazionale.
· Assicurarsi che ci sia assunzione di responsabilità di tutte le parti per violazioni del diritto internazionale, inclusi gli obblighi previsti nel Trattato sul Commercio delle Armi (TCA) relativamente all’uso di armi usate contro i civili in maniera indiscriminata e la richiesta di compensazione per la demolizione di progetti finanziati da donatori.
· Mettere fine al blocco e riabilitare l’economia devastata di Gaza. Il blocco israeliano ha determinato nella Striscia una situazione di totale dipendenza: l’80% della popolazione riceve aiuti internazionali e il 63% dei giovani non ha lavoro. Il volume delle esportazioni da Gaza è meno del 2% del livello registrato prima del blocco: il movimento di persone e beni tra Gaza e la Cisgiordania è di fatto inesistente.
· Sostenere lo sviluppo di un governo palestinese unito. Nella fase di ricostruzione la leadership palestinese è apparsa a volte inefficace, non coordinata e ulteriormente ostacolata dalle restrizioni israeliane al libero movimento per i rappresentanti del governo. La separazione di Gaza dalla Cisgiordania ha aggravato la già problematica divisione tra Fatah e Hamas, con un enorme impatto negativo sulla fornitura di aiuti e servizi a Gaza.
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