Mondo

Tasse e salari troppo bassi, l’America distrutta dalle disuguaglianze

L'ex sottosegretario Usa Robert Reich denuncia l'allarmante aumento dei lavoratori poveri e dei ricchi che non hanno bisogno di lavorare, e incolpa il sistema fiscale che favorisce i milionari. Ma anche le professioni sociali, svalutate e mal retribuite

di Gabriella Meroni

Due gruppi sociali sono in preoccupante aumento negli Stati Uniti: i working poor – cioè i lavoratori che guadagnano troppo poco per uscire dalla povertà – e i non-working rich, cioè i ricchi che non hanno bisogno di lavorare perché dispongono di un patrimonio più che sufficiente per non fare nulla.
L'allarme lo ha lanciato non uno qualunque ma Robert Reich, oggi scrittore e docente a Berkley ma anche ex sottosegretario al Lavoro sotto la presidenza Clinton, che ha sottolineato come questo fenomeno stia mettendo in discussione uno dei pilatri su cui si fonda la società liberista americana: che le persone vengono retribuite in base al loro valore, e che il lavoro è retribuito in modo giusto.
Ma come si è arrivati a questo? Semplice: il salario minimo è calato ai minimi storici, soprattutto in settori come la ristorazione e il commercio al dettaglio ma anche in professioni sociali come la cura degli anziani e dei bambini e le attività meno qualificate svolte negli ospedali e nelle case di cura. Un fenomeno aggravato dall'aver legato i sussidi sociali al mantenimento del posto di lavoro: per poter ottenere aiuti economici, i poveri devono dimostrare di avere un'occupazione, quindi sono portati ad accettare qualunque salario, facendo crollare il costo del lavoro. Dall'altra parte della piramide sociale, si assiste alla fine del mito del self made man: gli uomini e le donne che hanno fatto fortuna partendo dal nulla negli anni scorsi sono invecchiati, e le loro ricchezze sono passate ormai a figli e nipoti, che si trovano patrimoni già bell'e fatti senza aver bisogno di costruire niente, e quindi di lavorare. Tanto è vero che il 60 per cento dei miliardari americani è un erede, e secondo i calcoli del Boston College Center on Wealth and Philanthropy, tra il 2007 e il 2061 i patrimoni che verranno trasmessi via testamento ammonteranno alla difficilmente immaginabile cifra di 59 miliardi di miliardi di dollari.
Il sistema fiscale americano, sempre secondo Reich, non aiuta a uscire da questa situazione: la tassazione sul capital gain – la maggior fonte di reddito per i non-working rich – è infatti passata dal 33 per cento degli anni ottanta al 20 per cento di oggi, ben al di sotto dell'aliquota media sui redditi, che negli Usa è al 36,9. Un trattamento fiscale di favore è riservato poi alla trasmissioni delle grandi eredità: grazie alla riforma decisa dal presidente George W. Bush, infatti, la estate tax (paragonabile alla nostra tassa di successione) scatta solo su patrimoni che eccedono i 10 milioni di dollari di valore con un'aliquota del 40 per cento, mentre prima si pagava già oltre i 2 milioni di dollari con un'aliquota del 55 per cento. Risultato: la estate tax grava solo sullo 0,14 per cento delle eredità.

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