Non profit

I tycoons tecnologici dominano la filantropia

I ricchi americani sempre più generosi. A far la parte dei leoni nella Philantropy 50 list, sono gli imprenditori tecnologici under 40

di Martino Pillitteri

I 50 donatori più generosi d'America non hanno tradito la loro indole filantropica. L’anno scorso, secondo i dati riportati da The Chronicle of Philanthropy, i Rockfeller della generosità hanno aumentato le loro donazioni del 27,5%  rispetto a quelle fatte nel 2013.  Un incremento sorprendente rispetto al 2012, quando l’aumento era stato solo del 4%.

E a far la parte dei leoni  nella Philantropy 50 list, sono gli imprenditori tecnologici under 40, tre dei quali hanno donato più di 500 milioni di dollari: Jan koum, 38 anni,  fondatore di whatsapp ha donato 556 milioni alla Silicon Valley Community Foundation. Seguono Sean Parker, 35 anni, ex presidente di Facebook e fondatore di Napster con 550 milioni e Nicholas Woodman, fondatore di GoPro, con 500 milioni. Qui, la lista Philanthropy 50,  con tutti i nomi e le somme donate.

Trend

La quantità di donazioni da parte dei benefattori dell’industria tecnologia rappresenta il 47% dei  9,8 miliardi di dollari elargiti dai 50 donatori più generosi d’America.

Più del 60% del totale donato, 5,8 miliardi, è stato versato a 17 fondazioni; 25 collegi e atenei hanno ricevuto 1.5 miliardi di dollari.

Se il ruolo del settore tech nella filantropia continua a crescere al ritmo attuale, si arriverà a ribaltare il predominio del settore finanziario in modo permanente. Sono undici i donatori sulla lista Philanthropy 50 che hanno fatto la loro ricchezza grazie ai mercati finanziari; l’anno scorso erano 14.
L’anno scorso, i donatori nella finanza hanno donato poco più di 1 miliardo, solo un quarto dei dei colleghi tecnologici.

Nella foto di copertina il fondatore di whatsapp, Jan Koum. Fonte: Getty Images

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.