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Islam-Europa: troppi dilettanti allo sbaraglio

Secondo il biblista e teologo Brunetto Salvarani, la realtà italiana è come un film di Ingmar Bergman interpretato da Alberto Sordi: troppe persone impreparate in luoghi in cui servirebbe un salto di qualità culturale.

di Martino Pillitteri

«Viviamo in un periodo che richiede consapevolezza dei ruoli e profondità di pensiero. Rivendicare che non si gioca con la religione degli altri e ribadire che ci sono dei limiti alla libertà di stampa è stata una presa di posizione forte ed adeguata ai questi momenti forti della storia» Così,  Brunetto Salvarani,  teologo-biblista docente di Teologia della Missione e del Dialogo  alla Facoltà Teologica dell'Emilia Romagna, commenta le parole del Papa espresse sul volo UL111 che lo portava nella Filippine.
«Sarano state pure parole scontate, ma a mio avviso» precisa Salvarani, «esse contribuiscono a far capire al mondo come il Papa non voglia lasciar soli i musulmani in un momento  storico dove l’equazione musulmano = terrorista è gettonata dall’opinione pubblica nonostante le grosse mobilitazioni dei musulmani che hanno rivendicato  la loro distanza dal fondamentalismo. E’ stata anche una presa di posizione strategica volta valorizzare il dialogo con i musulmani».
 
A che punto siamo con questo dialogo?
«Non è un lavoro facile. La congiuntura non aiuta. Tuttavia sono stati fatti passi in avanti. Penso al viaggio del Papa in  Turchia e all’Evangelii Gaudium. Il mondo musulmano è molto variegato. E non dimentichiamoci che l’Islam sta facendo i conti con il pluralismo religioso. Il mondo islamico in Europa non è egemone. Si deve confrontare con altre fedi, con il multiculturalismo. Noto però che le comunità si stanno organizzando, e rispetto a 20 anni fa c’è stato un ricambio generazionale. I musulmani italiani non ruotano più intorno ai due grandi newtork, quello dell’Ucoii e quello della Moschea di Roma. Oggi c’è più spazio e attivismo da parte dei giovani che a fatica, ma almeno ci provano, stanno organizzando delle relazioni con il mondo esterno, si tanno relazionando con le istituzioni, con i comuni, con altre associazioni».
 
Ci faccia un esempio.
«Mi viene in mente la Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico. A quella organizzata il 27 ottobre dell’anno scorso hanno partecipato un centinaio di associazioni e organizzazioni e sono state condivise delle buone pratiche ed esperienze nate dal baso. Ma sa cosa? Nessuno ne ha parlato. Nessun media ha valorizzato l’evento.Tutti dietro all’albero che brucia, e non alla foresta che cresce. In questa foresta ogni mese spuntano associazioni come i funghi».
 
Allora è colpa dei media?
«C’è l’incapacità del sistema politico-mediatico di fare i conti con lo scenario religioso, multiculturale. Manca anche un modello sul quale investire. La Francia e l’Inghilterra hanno i loro modelli. In quello francese, per esempio, c’è molta enfasi sull’identità nazionale, ti fanno imparare la Marsigliese.
Noi non abbiamo un modello. E non c’è neppure nessuno che ci stia pensando
».

Lei ne ha in mente uno?
«Quello  che valorizza la dimensione culturale e artistica. E’ un investimento sulla scuola. L’educazione alla bellezza, all’arte, alla cultura aiuterà il paese ad attrezzarsi per gestire i fenomeni della globalizzazione.
Ma alla fine c’è bisogno di fare un grande salto di qualità sia nella scuola, nella politica, nei media e nel mondo associativo. Troppe cose e dinamiche sono lasciate al caso e nelle mani di persone non competenti, senza formazione. Quando apro gli occhi sulle sfide e sulle dinamiche che il sistema Italia sta affrontando  sembra di vedere un film di Ingmar Bergman interpretato da Alberto Sordi»
.
 

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