Mondo
Ungheria: continuano le minacce alla società civile
Mentre il governo Orbàn continua la campagna contro le organizzazioni che si occupano di partecipazione civica, diritti umani e democrazia attiva, a Bruxelles lo European Foundation Centre organizza un incontro per prendere misure concrete a sostegno delle ONG ungheresi e della democrazia
Un incontro politico per portare l’attenzione dell’Europa sulle minacce subìte dalla società civile ungherese, perché Bruxelles non può più restare a guardare. E’ stato promosso dallo European Foundation Centre, in collaborazione con le organizzazioni CIVICUS, European Alternatives e European Civic Forum, l’incontro che si terrà il 6 novembre, presso la Philanthropy House di Bruxelles e che avrà come obiettivo la discussione e lo sviluppo di una strategia condivisa a livello europeo per riuscire a garantire alla società civile ungherese libertà e indipendenza di azione ed espressione.
E’ stato infatti un autunno caldissimo per la società civile ungherese e in particolare per le onp del Paese, che si occupano di partecipazione civica e diritti umani e civili, costrette a subire gli ultimi affondi di una campagna di diffamazione e repressione avviata dal governo più di un anno fa. Nell’agosto del 2013 infatti, un giornale molto vicino alle posizioni della maggioranza, aveva accusato il consorzio ungherese AI, responsabile della gestione e dell’erogazione dei fondi esteri per la promozione della partecipazione civica e della democrazia attiva, derivati dal Norway Fund e dalla Open Society Foundation, di utilizzare i finanziamenti per fini politici (nello specifico “sabotaggio” della maggioranza di governo e sostegno dell’opposizione). Inizialmente alle accuse era seguita una prima indagine civile che non aveva fatto emergere nulla di irregolare. Questo però non aveva fermato il governo Orbán che, lo scorso settembre ha avviato un’indagine penale, con l’accusa di appropriazione indebita nei confronti del consorzio AI, coinvolgendo in un’ulteriore indagine anche le 58 ONG beneficiarie dei fondi stranieri.
La campagna del governo aveva inoltre scatenato un caso diplomatico con la Norvegia che, dopo aver rifiutato la richiesta di Budapest di interrompere l’erogazione dei fondi, era stata accusata di voler interferire con la politica interna ungherese.
Il fatto che i fondi in questione fossero destinati a organizzazioni, spesso molto critiche nei confronti delle azioni di governo e impegnate nella difesa dei diritti umani e nella promozione della cittadinanza attiva e dei diritti civili, è stato letto dall’opinione pubblica internazionale come una chiara minaccia ai principi democratici.
Lo scorso settembre, il mondo del non-profit europeo si era mobilitato firmando un appello a cui hanno aderito 977 organizzazioni, indirizzato al Presidente della Commissione Europea, a supporto dell’indipendenza della società civile in Ungheria.
Anche grazie alla mobilitazione internazionale, il Parlamento Europeo aveva bocciato la candidatura di Tibor Navracsics, ministro degli esteri ungherese, alla nomina di commissario con delega all’educazione, cultura, gioventù e cittadinanza. (Navracsics è però poi di fatto stato nominato, mantenendo “solo” la delega a educazione, cultura, gioventù e sport, mentre la delega alla cittadinanza è poi passata al greco Dimitris Avramopoulos). La società civile ungherese però rimane nel limbo, oltre ad essere sotto indagine, infatti, il consorzio che gestisce i fondi incriminati, si è visto bloccare il codice fiscale e non può quindi né ricevere, né erogare fondi, una situazione che potrebbe innescare un effetto a catena, coinvolgendo le ong ungheresi che proprio di quei fondi, dovrebbero beneficiare.
L’incontro del 6 novembre a Bruxelles, sarà un’occasione per tenere accesa l’attenzione sulla situazione ungherese e per discuterne insieme a membri della società civile internazionale e parlamentari europei, tra cui Marta Pardavi, dell’Hungarian Helsinki Committee (HHC), Peter Kreko (Political Capital), Benedek Jàvor (Parlamentare Europeo) e Oli Henman (Civicus).
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.