Mondo
Brasile: Il vero prezzo dei Mondiali
Un documentario d'inchiesta girato dal danese Mikke Keldorf, racconta l’impatto devastante che la Coppa del Mondo ha avuto sulle popolazioni locali, le vittime più fragili i meninos de rua
E’ l’anima nera dei Mondiali, ignorata dalla FIFA e nascosta ai riflettori, quella raccontata da The Price of the World Cup, Il prezzo della coppa del mondo, appunto, il documentario/reportage girato da Mikkel Keldorf, giornalista sportivo danese, prestato all’inchiesta per investigare l’impatto che la preparazione della Coppa del Mondo ha avuto sulle popolazioni locali. Nella terra del football, in cui a pallone giocano tutti, dai ragazzi delle scuole private ai meninos de rua, rendendo la palla una delle cose più democratiche, del Paese, il “piano di sviluppo” per prepararsi al più grande torneo di calcio del mondo ha avuto un impatto devastante su centinaia di migliaia di persone, costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. A pagare il prezzo più caro i bambini di strada.
Fortaleza, dove si giocheranno sei partite, è la città col più alto tasso di criminalità in cui si siano mai giocati i Mondiali. 1 omicidio ogni 73 mila abitanti. Nel tuo documentario viene denunciata l’emergenza diritti umani e l’escalation di violenza da parte della polizia nei confronti delle persone che vivono per strada, adulti e bambini. Come se la Polizia volesse sventare il pericolo criminalità, eliminando fisicamente i meninos de rua e i senza tetto. Come hanno reagito il governo brasiliano e la FIFA a queste accuse gravissime?
In nessun modo. Durante il documentario avevo provato ad avere un contraddittorio ma nessuno ha accettato di intervenire né dalla FIFA, né dal governo brasiliano. L’unica risposta che ho ottenuto è un’e-mail della polizia di Fortaleza che, infatti, ho ripreso. La polizia dichiara che non sono state registrate vittime tra i bambini di strada negli interventi armati. Il che però è smentito dai dati che mi ha fornito il registro anagrafico dei bambini di strada realizzato da sei ONG locali. Da quando il Brasile ha vinto l’appalto per i Mondiali la polizia ha ucciso 885 persone all’anno. Dall’inizio dell’anno, solo a Fortaleza, sono stati uccisi 121 bambini di strada.
Credi che avere gli occhi del mondo puntati addosso possa spingere il governo ad un cambio di marcia e in qualche modo promuovere il rispetto dei diritti umani nel Paese?
E’ difficile da dire. Credo possa essere possibile per un breve momento. Dopo che il mio documentario è uscito, so che il Ministero degli Interni ha inviato al Sindaco di Fortaleza una serie di raccomandazioni sul comportamento che la polizia e l’amministrazione locale deve tenere con i bambini di strada e con i senza tetto. Questo è un segno positivo ma non credo che sul lungo periodo i Mondiali potranno avere un impatto positivo sul miglioramento delle condizioni di vita delle persone più vulnerabili.
The Price of the World Cup denuncia l’impatto drammatico, a volte addirittura tragico, che la Coppa del Mondo ha avuto sulle popolazione locali. Ci sono stati casi però, in cui i Mondiali, catalizzando l’attenzione sul Brasile, hanno in qualche modo aiutato a promuovere il lavoro delle ONG nel Paese?
Personalmente credo che sia frutto di una percezione distorta pensare che i mondiali abbiano contribuito a porre l’attenzione sui temi sociali del Paese. Si tratta di problemi molto complessi, profondamente radicati e non sono state portate avanti politiche sociali per promuoverne la risoluzione. In realtà credo sia avvenuto il contrario. Credo che la Coppa del Mondo abbia contribuito a peggiorare la situazione. 200 mila persone hanno perso la propria abitazione per lasciare spazio alle nuove infrastrutture. A Rio, dove 150 famiglie sono state costrette a lasciare le proprie case per la costruzione della teleferica, gli abitanti rimasti fanno ancora più fatica ad arrivare alla fine del mese, perché i prezzi, in vista dei Mondiali, sono schizzati. Sicuramente l’attenzione del mondo c’è, ma le condizioni di vita, già difficili, di centinaia di migliaia di persone, sono state peggiorate dall’impatto della Coppa del Mondo. E’ come se si fosse fatto un passo avanti e due passi indietro, un po’ come dire: “è positivo il fatto che, grazie ai Mondiali, abbiamo l’attenzione del mondo, così adesso tutti possono vedere quando la Coppa del Mondo abbia peggiorato la nostra situazione”. Per me non ha alcun senso.
Qual è stata l’esperienza più scioccante per te, mentre giravi il documentario?
Sicuramente il viaggio a Fortaleza. Lì ho assistito alle disuguaglianze sociali più stridenti. Ho bevuto un bicchiere di vino a casa di un miliardario e cinque minuti dopo ho parlato con bambini di strada che fumavano crack ma non avevano soldi per comprarsi da mangiare o da bere. Mi ha colpito moltissimo vedere la percezione che gli altri abitanti della città hanno di questi bambini. Sono visti come delle piccole minacce, colpevoli di rendere la città pericolosa, non sono neanche più percepiti come esseri umani. Credo che il Brasile debba davvero iniziare ad occuparsi di questi problemi alla radice, invece di pianificare soluzioni a breve termine che finiscono solo per beneficiare poche persone. Se non si cambia approccio, non credo sarà possibile eradicare la violenza, specialmente nel Nord Est del Paese.
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