Cultura

Cacciari: il nuovo Papa dovrà sfidare l’Anticristo

Per il filosofo «Ratzinger si è dimesso perché non riusciva più a contenere le potenze anticristiche, all’interno della stessa Chiesa». Ora la palla passa al suo sucessore

di Marco Dotti

Alla vigilia del Conclave Vita.it ha interrogato Il professor Massimo Cacciari (autore del recente "Il potere che frena", Adelphi, 212 pagine, 13 euro) sulle sfide a cui sarà chiamata il nuovo Pontefice. Prima fra tutte «quella di contrastare la vera essenza dell'anticristo».

Professor Cacciari, le pongo una domanda secca e un po' brutale. La Chiesa "ce la fa"?  Ce la fa a "tenere ancora"?
La forza simbolica della decisione di Ratzinger ci interroga seriamente su questo punto. La Chiesa si è sempre caratterizzata anche per la sua capacità di "tenere a freno", di arrestare – come si legge in San Paolo – l'avanzata delle forze anticristiche. Bisogna quindi chiedersi se la decisione di Ratzinger non sia una lucida dichiarazione di impotenza a reggere una funzione di "potere che frena"  Ratzinger dice: continuerò a essere sulla croce, facendo salva la dimensione religiosa rimane. Ma la dimensione del potere che frena dove va a finire? Simbolo della Chiesa è, assieme, Croce e katéchon ( la figura ben presente nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo: potere che frena l'avanzata dell'Anticristo, ndr). Il segno di queste dimissioni, a saperlo vedere in tutta la sua prospettiva è dunque davvero grandioso.

La Chiesa non trattiene più i nemici della Chiesa, così come lo Stato ha dissolto, oramai, le basi stesse della statualità delegando funzioni sovrane a apparati tecnocratici dislocati in un altrove mai ben definito?
 Potremmo ipotizzare che Ratzinger si dimette perché non riesce più a contenere le potenze anticristiche, all’interno della stessa Chiesa. Come diceva Agostino, gli anticristi sono in noi. Questa è una chiave per la decisione di Ratzinger, se vogliamo leggerla in tutta la sua serietà. La sua decisione fa tutt’uno con la crisi del politico, del potere che frena.
 
 Un indizio di questa rottura si ha anche nella tendenza semplificante delle nuove tecnologie. Si parla, con un poco di ingenuità, di “cyberteologia” e di “twitter teologia”… Eppure, non possiamo liquidare banalmente nemmeno le ingenuità di questo tipo, quanto meno per il portato simbolico di cui si fanno involontariamente carico…

Certa “ingenuità” è un segno della più generale tendenza a assecondare le potenze liquido-aeree, aprendo al dominio dell’immateriale. C’è da chiedersi se ci si renda davvero conto della potenza simbolica di questi termini. L’irrompere della modernità nella sua forma liquida ha rappresentato senz’altro uno shock. Ricordiamoci che il fluido è la dimensione anticristica per eccellenza. La figura dell’Anticristo, anche nell’Apocalisse, è imprendibile, è incatturabile. Nell’Apocalisse si dice, a un certo punto, che nella Gerusalemme celeste non ci sarà più il mare. La dimensione teologica dell’Anticristico è ben presente nella figura simbolica del mare, elemento fluido per eccellenza. Non a caso, il Leviatano è un mostro marino. Le potenze anticristiche hanno a che fare con la dimensione fluida e aerea, marina e area. Pensiamo alle grandi potenze, prima marine, poi aeree. Marine e aeree, quindi non catturabili. Le potenze anticristiche vincono il "bastione" – che è terreno, è territorio – perché gli sfuggono.

In che senso?
Oggi, la spersonalizzazione delle figure politiche e, al contempo, l’accresciuta potenza delle figure marino-aeree come l’informazione, la finanza, la smaterializzazione dello stesso capitalismo… Sono potenti immagini anticristiche – in quanto tali, teologicamente – e possono essere comprese soltanto in questa chiave epocale. La Chiesa si trova di fronte, per la prima volta, alla vera essenza dell’anticristo. Prima si era trovata di fronte a degli antagonisti, ovvero a potenze che cercavano di sostituire la Chiesa nella propria funzione anche di potere che frena. Credo che la tragedia della Chiesa sia, in questo momento, proprio questa. Pensiamo all’anno della fede, alla tragedia dell’anno della fede. Che cosa significa? Cosa significa se non c’è più speranza? Se non c’è speranza per il mondo, non c’è speranza per la Chiesa stessa. Il katéchon derivava anche dalla fede. Ma se vien meno la fede, viene meno anche la speranza sulla Chiesa stessa. Era l’unico modo attraverso il quale la Chiesa poteva pensare il potere politico, ma anche se stessa come katéchon. L’unica legittimità della potenza catecontica derivava dal fatto di dare e darci il tempo per la conversione. Ma questa, a sua volta, è una speranza. E la speranza, a sua volta, non può fondarsi che sulla fede, per la Chiesa. E se viene meno la speranza in generale, come può esserci quella speranza che era fondata sulla fede? La Chiesa vive nel mondo, ma se nel mondo viene meno tout court la speranza, se non abbiamo più “speranza nel futuro”, nel suo senso più volgare e brutale? Sono queste le domande che ci si presentano oggi, all'apertura del Conclave. Domande epocali, me ne rendo conto. Ma proprio per questo, come dicevo prima, il gesto di Ratzinger va considerato nella sua grandiosa complessità teologico-politica.

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