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Sapelli: Ratzinger, il Papa che ha guardato oltre il capitalismo
Intervista all’economista dell’Università Statale di Milano sul pontefice dimissionario che ha sempre parlato «di un'economia al servizio della persona e contro la finanza fine a se stessa»
di Redazione
Grande teologo, ma non solo. Joseph Raztinger, che oggi ha annunciato l'intenzione di abbandonare il pontificato a fine mese, è stato anche l'uomo che ha portato la Chiesa cattolica a guardare oltre il capitalismo. «Una rivoluzione», secondo Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia economica all'Università degli Studi di Milano e intellettuale d'ispirazione cattolica.
Professore, qual è stato il contributo di Ratzinger all'evoluzione del pensiero economico nel mondo cattolico?
Ratzinger è stato il Papa della Caritas in veritate, un'enciclica che ha la stessa importanza della Rerum Novarum di Leone XIII. Anzi, direi che è ancora più importante, perché con quel testo la Chiesa per la prima volta ha ammesso nel modo più chiaro possibile la “poligamia delle forme di scambio”, la necessità che esistano diverse forme di proprietà: non solo quella capitalistica, ma anche quella cooperativa e quella del no profit, in vista di un'economia che sia davvero al servizio della persona. La Caritas in veritate indica che ci può essere una formazione economico-sociale oltre al capitalismo, che mi sembra non abbia dato buone prove di sé in questi ultimi decenni. Credo che questa enciclica avrà un'importanza straordinaria non solo sul piano teologico, ma anche su quello della riflessione economica: ha denunciato la finanza fine a se stessa, la speculazione, la disoccupazione. La Caritas in veritate è animata da un vero e proprio atto d'accusa contro l'accumulazione capitalistica e il profitto fine a se stesso.
Come valuta le dimissioni del Pontefice?
Le considero una tragedia. Ratzinger ha detto di voler lasciare «per il bene della Chiesa», io credo che sia stato piagato dall'infinita serie di prove a cui nostro Signore lo ha sottoposto: la corruzione, la pedofilia, lo scandalo delle finanze vaticane, lo Ior… La sua è davvero una figura emblematica delle grandi sfide che la Chiesa Cattolica ha dovuto affrontare, comprese le polemiche contro il celibato, che è l'aspetto più sacro della vocazione sacerdotale.
È stata davvero una una sorpresa per tutti?
In realtà no. Da tempo si discuteva nei circoli teologici più informati e avveduti di questa possibilità delle dimissioni del Santo Padre. Non è un fulmine a ciel sereno: in Nord America e in Germania si dibatteva da tempo di questo. D'altra parte, ammettere questo principio non vuol dire mettere in discussione la presenza di Cristo sulla terra, rappresentata dal pontefice, ma il principio di obbligazione spirituale, che è l'essenza stessa della Chiesa cattolica apostolica romana. In tutta la sua vita, dagli anni Sessanta in poi, Ratzinger ha polemizzato con Hans Küng, grande teologo cattolico che però è stato sospeso a divinis dalla Chiesa, e la discussione era proprio sul principio di autorità. Pare che adesso abbia vinto Hans Küng.
Che opinione ha di Ratzinger e del suo pontificato?
Benedetto XVI sarà ricordato nei secoli per l'innovazione teologica proprio su questa questione, che è il cuore della differenza della teologia cattolica da tutte le altre, soprattutto dal protestantesimo, ovvero il principio di autorità pontificale. Per questo dico che la sua scelta è stata particolarmente drammatica. Ma Ratzinger è stato anche il Papa che ha fatto santo Rosmini, autore dell'opera “Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa”. La sua riflessione si è concentrata anche sulla cristologia, sulla presenza di Cristo nella storia, ricollegandosi ai grandi interpreti di quella che è la vocazione più intima e profonda, riuscendo anche a guardare, come diceva Rosmini, nelle piaghe della Chiesa. Ratzinger, sulla scia di Romano Guardini, grande teologo tedesco, anche se era nato in Italia, continua la riflessione teologica fino agli ultimi giorni della sua vita. Ha anche dialogato con il più grande intellettuale dell'occidente, che è Jürgen Habermas. Insomma, io sono sempre stato un seguace e un sostenitore di Ratzinger. La decisione di oggi è stata una tragedia.
Da Fist online a cura di Carlo Musilli
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