Welfare
Il bilancio degli scontri
La cronaca dei giorni della rivolta e le prese di posizione
di Redazione
Centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti e rovesciati sull’asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. E’ il bilancio di un pomeriggio di guerriglia urbana a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, per la protesta di alcune centinaia di extracomunitari, lavoratori dell’agricoltura, accampati in condizioni disumane in una vecchia fabbrica in disuso e in un’altra struttura abbandonata. Risale a maggio dello scorso anno l’arresto di tre imprenditori, sempre a Rosarno, per “riduzione in schiavitù” di alcuni immigrati. A dicembre del 2008, invece, un episodio simile a quello di oggi: due giovani a bordo di un’auto spararono alcuni colpi di pistola contro due ragazzi africani di ritorno dai campi. Anche in qual caso gli extracomunitari reagirono con una violenta protesta.
Cosa è successo
A fare scoppiare la rivolta è stato il ferimento con un’arma ad aria compressa, da parte di un gruppo di sconosciuti, di alcuni cittadini extracomunitari lo scorso giovedì. I feriti – tra i quali c’è anche un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno – non destano particolari preoccupazione, ma la volontà di reagire che covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati nella struttura in condizioni ai limiti del sopportabile (e di altri nelle stesse condizioni a Gioia Tauro in locali dell’Ex Opera Sila) non ci ha messo molto ad esplodere.
Armati di spranghe e bastoni, gli extracomunitari in larga parte provenienti dall’Africa hanno invaso la strada statale che attraversa Rosarno mettendo a ferro e fuoco alcune delle vie principali: dalle auto – in qualche caso anche con persone a bordo – alle abitazioni, ai cassonetti dell’immondizia. È un paesaggio in cui sono evidenti i segni della guerriglia urbana e dei danneggiamenti compiuti quello che si presenta lungo la strada che dal centro di Rosarno conduce al centro ricovero ospitato nell’ex Esac.
L’ultimo bilancio
L’ultimo bilancio degli incidenti a Rosarno, fornito poco fa dal prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, è gravissimo, I feriti sono 66: 30 extracomunitari, 17 abitanti del posto e 19 appartenenti alle forze di polizia. Cinque immigrati sono ancora ricoverati in ospedali per lesioni più gravi. Uno è stato gambizzato con colpi sparati da un fucile.
Nella notte era stato effettuato un primo trasferimento di circa 300 persone dalla ex cartiera «La Rognetta» di Rosarno verso i centri d’accoglienza di Crotone e Siderno. Il trasferimento è scattato alle 23 di venerdì tra gli applausi dei cittadini residenti nella zona interessata. Dei 300 stranieri, un centinaio andranno nel Centro di prima accoglienza di Crotone mentre altri 200 saranno portati in quello di Bari. Una volta avviato il trasferimento di questo nucleo di immigrati ne rimangono ancora circa 600 ospitati sia nell’ex Opera Sila, sia in un’altra struttura abbandonata in località Le Colline, a Rizziconi, sempre nell’area compresa tra Rosarno e Gioia Tauro. Con loro è in atto una mediazione affinchè si riesca, nel più breve tempo possibile, a trasferirli tutti.
Gli investigatori
C’e’ la mano della criminalita’ organizzata dietro alla guerriglia urbana di Rosarno? Gli investigatori di carabinieri e polizia dicono che, ”allo stato attuale delle indagini, questo collegamento non emerge”. A loro avviso si tratta di ”un problema soprattutto di ordine pubblico”, che nasce da una situazione sociale ”esplosiva” in cui trovano spazio ”intolleranza e razzismo”. Gli accertamenti sulla ”matrice” del gesto che ha innescato la rivolta – e cioe’ il ferimento di alcuni extracomunitari con un fucile ad aria compressa – sono appena cominciate: secondo la polizia tutto sarebbe nato da un litigio per ”motivi banali’ tra un abitante del paese con qualcuno degli stranieri. Ma probabilmente la spiegazione a quello che e’ successo dopo non e’ cosi’ semplice e non si puo’ escludere che la criminalita’ organizzata – sempre piu’ attiva anche nello sfruttamento del lavoro nero – c’entri, eccome.
Cosa dice la Chiesa
”C’e’ l’assenza totale del Governo centrale, della Regione e delle amministrazioni locali; prendono la scusa che sono clandestini e che non esistono per legge, ma li’ ci sono tremila persone, che esistono!”. E’ questa la denuncia sulla situazione nella quale si trovano gli immigrati che vivono e lavorano come stagionali a Rosarno compiuta dal vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi, mons. Pino Demasi, ai microfoni della Radio Vaticana. In merito alle loro condizioni di vita, aggiunge: ”Vivono accampati, per esempio, nell’ex Opera Sila, che e’ una fabbrica dismessa. Vivono accampati su cartoni, con pochissima acqua: in condizioni veramente disumane”. ”Il problema dell’immigrazione in Calabria va inquadrato nel grande problema della liberazione dall’oppressione mafiosa – spiega Demasi – Da una parte c’e’ infatti la ‘ndrangheta, che cerca di sopraffare questi cittadini, sfruttandoli al massimo, costringendoli ad abitare in quei luoghi, sottopagandoli e sottoponendoli a minacce, dicendo loro: ‘chiamiamo i Carabinieri’, sapendo che la gran parte di loro sono clandestini; c’e’ poi l’altra faccia della Calabria, quella della gente buona, che fa a gara per creare una rete di solidarieta’ attorno a loro”.
Arci: clandestino è lo Stato
”Noi pensiamo che il clandestino in quella regione sia lo Stato, che ha consegnato li’, come in tante altre parti d’Italia, il territorio alle mafie, lasciando sole le comunita’ locali”. Con queste parole Paolo Beni e Filippo Miraglia, rispettivamente presidente nazionale e responsabile immigrazione dell’Arci, intervengono su quanto sta accadendo a Rosarno. ”Le mafie – e’ detto in una nota – impongono cosi’ le loro regole, lucrando sulla pelle dei lavoratori che le scelte di questo governo hanno privato dei piu’ elementari diritti umani e civili”.
Un libro
Le drammatiche condizioni di vita dei braccianti stranieri di Rosarno sono state descritte in un libro uscito lo scorso settembre, ”Servi” – edito da Feltrinelli – che e’ un viaggio attraverso l’Italia degli immigrati clandestini che lavorano in nero. L’autore, Marco Rovelli, si e’ mischiato per mesi tra gli irregolari di tutta Italia, dalle campagne siciliane e del foggiano ai cantieri edilizi agli ortomercati del nord. Un intero capitolo, e’ dedicato alla situazione di Rosarno, dove, racconta Rovelli, lo sport di molti ragazzi del posto e’ la ‘caccia al nero’. ”La rivolta di ieri sta nell’ordine naturale delle cose: e’ un’esplosione di rabbia accumulata per anni e anni in virtu’ delle condizioni di sfruttamento e dell’accanimento nei confronti di queste persone” spiega Rovelli in un’intervista rilasciata oggi sul sito della Feltrinelli, in cui ricorda i racconti dei clandestini che vivono nell’ex cartiera di via Spinoza, piu’ volte aggrediti a sassate da ragazzi in motorino. ”Una situazione che ha fatto scattare una reazione sacrosanta di persone che non ci stanno a lavorare per l’economia della zona e che, per la maggior parte clandestini, sono tollerati perche’ nessuno accetterebbe di lavorare a 20 euro al giorno per 14 ore di lavoro” spiega Rovelli, secondo cui ”molto spesso gli autori degli attacchi contro i clandestini sono i figli dei piccoli agricoltori che si servono di questa manodopera senza diritti”. A parere di Rovelli, quella di Rosarno e’ una ”situazione di degrado nota, che richiederebbe un tipo di ragionamento diverso da quello fatto dal ministro Maroni”.
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