Non profit

Mentalità ultras, ma violenza zero

Le scuole di tifo nate con la campagna «Stand Up, Speak Up»

di Redazione

Treviso, Brescia, Cesena e Perugia, gemellate con quattro cooperative sociali, quest’anno hanno ospitato sugli spalti supporter mai visti prima. Ecco com’è andata Non avranno vinto la Champions league (anzi qualcuna è perfino retrocessa), ma è stata comunque festa grande per tutto l’anno. Il “miracolo” si è compiuto sugli spalti di Treviso (che quest’anno ha detto addio alla B), Brescia, Cesena e Perugia. Le quattro società, uniche in Italia, che in partnership con altrettante cooperative sociali (nell’ordine: Comunica, Il Calabrone, Spazi Mediani e Babele) hanno aderito alla rete dei «Draghi del tifo». Una vera e propria scuola per supporter finanziata dalla campagna europea «Stand Up, Speak Up» promossa da Nike. Nelle parole di Cecilia Zuppini, responsabile dal 2007 di «Tifiamo insieme: I Draghi. Scuola di tifo corretto, scatenato e creativo», la strada per arrivare a costituire un vero ultras a violenza zero. «Il percorso dei Draghi si articola in tre diversi momenti», spiega, «un primo incontro nelle scuole medie ed elementari per riflettere insieme sulla figura del tifoso, poi un incontro con gli attori della partita, dai giocatori agli arbitri, alle forze dell’ordine». Poi il vero e proprio ingresso in campo. Ancora Zuppini: «Li portiamo allo stadio dove, grazie alla collaborazione con le società sportive, realizziamo i laboratori di tifo direttamente sugli spalti, inventando striscioni, cori e coreografie purché tutti scatenati, corretti e creativi».
Ogni cooperativa aderente alla rete ha declinato il messaggio dei Draghi nel proprio territorio, a Brescia i Draghi sono diventati i Leoni Biancoblu: «Per i ragazzi è stata un’occasione per essere protagonisti in positivo attraverso il tifo. Qualche volta è stato faticoso avere attorno uno stadio che fischiava e insultava ma in altre occasioni abbiamo perfino contagiato il pubblico intorno a noi», racconta Cristina Marmaglio, educatore al Calabrone. La scuola del tifo, di fatto, ha costituito il secondo step del progetto. La prima fase di «Speak Up Stand Up» si è infatti chiusa nel 2008. Dopo di che l’Italia si è aggiudicata un ulteriore finanziamento da parte della Fondazione King Baudouin. «Durante la prima fase avevamo raccolto molte ragguardevoli esperienze nella lotta al razzismo nello sport ed in particolare nel calcio, e l’idea è stata quella di analizzare i progetti con più chance di essere replicati e di diventare un modello di successo da esportare su tutto il territorio nazionale», spiega il direttore di Vita Consulting, Giuseppe Ambrosio.
Il futuro? La sfida più grande oggi è quella di allargare la rete che fa capo all’Associazione Vita Giving Europe, che ha gestito il finanziamento di «Stand Up Speak Up», per coinvolgere altre città italiane nella lotta al razzismo e alla violenza negli stadi. I segnali postivi non mancano. «Il progetto di scuola di tifo ci ha entusiasmato e siamo disponibili a proseguire anche per la prossima stagione. Ci ha infatti dato modo di entrare in contatto con le nuove generazioni di tifosi, allo scopo di trasmettere una cultura sportiva che si basa sul rispetto delle regole e dell’avversario», anticipa il presidente del Cesena, Igor Campedelli.
Lo scorso giugno, intanto, il coordinatore europeo della campagna «Stand Up Speak Up» per la Fondazione King Baudouin di Bruxelles ha convocato all’Old Trafford di Manchester un meeting per tracciare un primo bilancio dell’inziativa. «La campagna», ha esordito Ann De Mol, «ha evidenziato come sia necessario un alto livello di advocacy per mantenere il tema del razzismo nelle agende europee e che il calcio, e lo sport inteso come strumento per il cambiamento sociale, è una delle strade per accrescere la consapevolezza e promuovere l’integrazione».

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