Formazione
portofranco: e gli ex somari si innamorano del sapere
Nato nel 2000, questo centro di aiuto allo studio accoglie 1.200 studenti
Progetti personalizzati, dialogo costante con famiglie e insegnanti.
Ma soprattutto passione educativa e rapporto
uno a uno. Sono questi i segreti di un progetto esemplare. Che ha convinto anche il ministero
L’anno scolastico è passato, le aule sono semivuote: a Portofranco è la quiete dopo la tempesta. In giro ci sono 38 ragazzi: molti maturandi, qualcuno che già si è messo sotto per recuperare i debiti. In tutto l’edificio c’è una sola scritta sul muro. Nera, sobria, un tratto pen. Roba impensabile in qualsiasi altro luogo che, come questo, è stato frequentato per tutto l’anno, ogni settimana, da 700 ragazzi fra i 14 e i 19 anni.
Portofranco è un centro di aiuto allo studio. “Doposcuola” gli sta stretto. Un po’ perché sa di saletta d’oratorio, una manciata di ragazzini a rischio drop out e qualche volonteroso, mentre qua numeri (1.200 iscritti e 350 volontari) e organizzazione (tutti gli interventi sono registrati in un database informatico) sono degni di un dipartimento universitario; un po’ perché i ragazzi trovano molto più che qualcuno con cui fare i compiti.
Nato a Milano nel 2000, il modello ha destato tanto interesse che oggi in Italia si contano 28 centri che ne condividono i principi, pur nella libertà di mantenere nome e peculiarità. Niente franchising, qui, né copyright: altrimenti persino il tutor della riforma Moratti avrebbe dovuto pagar pegno. Ma il valore dell’esperienza il Miur lo conosce bene e ogni anno distacca qua due suoi docenti. Si chiamano “insegnanti comandati”, mantengono il loro posto nelle scuole statali e sono pagati dal ministero, ma lavorano in questa onlus, con ruoli di coordinamento.
One to one, il sogno e l’utopia di moltissimi progetti educativi, solo che spesso, poi, la quotidianità manda in deroga. Qui non l’hanno fatto, a dispetto dei numeri. Le dimensioni delle aule riflettono le richieste di intervento: matematica è la più gettonata, poi alla pari inglese e italiano (un terzo degli iscritti sono stranieri, anche se non è un problema lessicale a rendere difficile rispondere a un cinese che chiede «Ma cosa vuol dire Dio?»). Filosofia e chimica hanno i loro adepti, e naturalmente le materie tecniche: ma qui ci sono insegnanti per il 95% delle materie curriculari delle scuole superiori d’Italia.
Il sogno è creare dei veri e propri dipartimenti, dove ragionare sull’innovazione della didattica di ogni disciplina e avviare una sorta di learning community.
La parola d’ordine, a Portofranco, è responsabilità. Chi arriva, fa un colloquio che serve per individuare le sue lacune e i suoi bisogni: le materie “bestie nere”, banalmente, ma anche le sue difficoltà relazionali, cognitive, o una situazione familiare particolarmente complicata. Dopodiché è lui a prenotare, di volta in volta, il suo “pacchetto” di studio. Per esempio può scegliere di studiare sempre con quella persona. I casi più complessi vengono affidati a un tutor: di solito sono gli ex docenti, che non fanno lezione ma accompagnano il percorso del ragazzo, parlano con i suoi prof, hanno rapporti regolari con i suoi genitori.
La sera la scheda di ogni ragazzo viene aggiornata: che materia ha studiato, con chi, per quante ore. La voce più preziosa è quella relativa alle “note”: sono quelle che vanno a tracciare, un giorno dopo l’altro, il cammino di maturazione di ogni ex naufrago, ormai marinaio.
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