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La psicosi è il peggior contagio

Paolo Gulisano, medico epidemiologo e studioso di storia della medicina: «Non è il caso di fasciarsi la testa: occorrerà vedere l'evoluzione nelle prossime settimane, quando i dati saranno disponibili. L'unico vero rischio è la paura incontrollata».

di Antonietta Nembri

Tre anni fa Paolo Gulisano, medico epidemiologo e studioso di storia della medicina, pubblicò un libretto intitolato “Pandemie. Dalla peste all’aviaria: storia, letteratura, medicina”. Un capitolo era dedicato all’influenza suina “Il grande bluff”. Si racconta del caso scoppiato negli Usa nel 1976: una recluta, un giovane sano quindi, si ammalò e morì nel giro di tre giorni e il caso fu sottoposto al Cdc, il Center for Disease control che stabilì che si trattava dell’influenza suina. La memoria della famigerata influenza spagnola del 1918 era ancora viva e a metà degli anni ’70 si mise in piedi una macchina organizzatrice micidiale nell’ipotesi di un’imminente pandemia, attesa per l’autunno. 40 milioni di americani si vaccinarono (il vaccino fu realizzato nel giro di pochi mesi), ma dopo il caso della recluta non ve ne furono altri, i riflettori si spensero e l’unico vantaggio scientifico fu «che si riconobbe la relazione in termini di causa-effetto tra la vaccinazione e la comparsa della sindrome Guillain – Barré». Una storia – chiosava Paolo Gulisano nel suo libro –  che a trent’anni di distanza era stata completamente dimenticata e rimossa.

Ora, però, di influenza suina si torna a parlare, l’Oms (organizzazione mondiale della sanità) ha alzato il livello di attenzione da tre a 4, anche se il direttore generale nel suo comunicato precisa che la pandemia non è inevitabile. «Non è il caso di fasciarsi la testa» commenta oggi Paolo Gulisano «Occorrerà vedere l’evoluzione nelle prossime settimane, quando i dati saranno disponibili, perché al momento l’Oms definisce ammissibile ma non definitiva l’identificazione del ceppo virale con l’A/H1N1 che è stato isolato negli anni 30 del secolo scorso. Forse è anche per questo che colpisce soprattutto i giovani, gli anziani hanno probabilmente degli anticorpi, mentre le influenze stagionali colpiscono di più le persone anziane».

Quattro aziende farmaceutiche stanno già lavorando a un vaccino contro l’influenza suina: Novartis, Sanofi Aventis, Roche e Gsk, ma secondo Sergio Dompè, presidente di Farmindustria occorreranno circa tre mesi per arrivare alle prime dosi di vaccino. Una storia già letta? «Temo di sì. Ci sono delle incongruenze che mi fanno sospettare un film già visto» risponde Gulisano. «La stessa Oms raccomanda di non chiudere le frontiere o ridurre i viaggi se non per le persone che sono già malate».

In Messico però si parla di oltre 152 morti, di cui però solo venti già accertati. «Non voglio apparire cinico, ma nella sola Città del Messico vivono milioni di persone, occorrerebbe sapere qualcosa di più, certo lo strano è che muoiano così tante persone» osserva. Da notare poi che l’Oms, ha detto che i casi di influenza certificati da test in laboratorio sono 79 e che “solo” 7 hanno avuto esito letale: tutti in Messico.

Nulla da temere in Italia? «Al momento credo non ci sia alcun rischio Il problema è che si innestano delle psicosi incontrollabili. Che potrebbe spingere a saccheggiare e spingere all’acquisto di antivirali inutili. All’Asl hanno telefonato persone per sapere se era sicuro mangiare prosciutto. Un assurdo. L’influenza non si prende mangiando», conclude Gulisano che non nasconde il sospetto che aveva già palesato nel libro di tre anni fa e che cioè nel mondo, dopo la cosiddetta influenza spagnola del 1918 «che non era uno dei virus influenzali che conosciamo» la psicosi della grande pandemia influenzale continua a diffondersi.

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